Anno LVIII, 2016, Numero 1, Pagina 74
ALTIERO SPINELLI, EROE DELLA RAGIONE*
Persino nello stile di vita, ispirato ad una semplicità esemplare, e ad un realismo che non temeva alcuna verità, per amara che fosse, Altiero Spinelli ha incarnato, in modo che si può dire perfetto, la figura dell’eroe politico così come l’ha delineata Max Weber. Ricordo che Weber conclude il suo saggio su “La politica come professione” con queste parole: “La politica consiste in un lento e tenace superamento di dure difficoltà, da compiersi con passione e discernimento al tempo stesso. È perfettamente esatto, e confermato da tutta l’esperienza storica, che il possibile non verrebbe raggiunto se nel mondo non si ritentasse sempre l’impossibile. Ma colui il quale può accingersi a quest’impresa deve essere un capo, non solo, ma anche – in un senso molto sobrio della parola – un eroe. E anche chi non sia l’uno né l’altro deve foggiarsi quella tempra d’animo tale da poter reggere anche al crollo di tutte le speranze, e fin da ora, altrimenti non sarà nemmeno in grado di portare a compimento quel poco che oggi è possibile. Solo chi è sicuro di non venir meno anche se il mondo, considerato dal suo punto di vista, è troppo stupido o volgare per ciò che egli vuol offrirgli, e di poter ancora dire di fronte a tutto ciò: ‘non importa, continuiamo!’, solo un uomo siffatto ha la vocazione per la politica”.
Non si può dire meglio, e non si può dire altrimenti per ricordare Altiero Spinelli. Si deve solo aggiungere che egli è stato un eroe della politica perché è stato un eroe della ragione. Ormai egli era riconosciuto, in tutta Europa, come uno dei “padri fondatori” accanto a Monnet, a De Gasperi, a Adenauer, a Schuman. Col tempo, che seleziona i valori, e stabilisce il significato delle imprese storiche, egli sarà certamente riconosciuto come una delle poche grandi figure politiche del nostro secolo. Certo è che nessuno come lui ha mai fondato esclusivamente sulla ragione il suo progetto politico. È un fatto che, pur essendo italiano, Spinelli non considerò affatto l’Italia come una realtà da accettare ancora prima di averla sottoposta all’esame della ragione. Ed è un fatto che, pur essendosi convertito alla democrazia dopo la esperienza leninista della primissima giovinezza, egli non considerò affatto le grandi ideologie della nostra tradizione politica (liberalismo, democrazia e socialismo) come schemi esclusivi, né come un confine mentale entro il quale limitare l’ideazione politica. È con questi riferimenti che appare chiaramente il senso del disegno europeo di Spinelli. L’intero processo politico, nonostante il carattere sempre più unitario del processo storico, resta ancora finalizzato solo ai cambiamenti da introdurre nella propria nazione, come se ciò bastasse per risolvere anche i grandi e pressanti problemi di carattere continentale e mondiale: persino la pace, in questa prospettiva, è vista come un obiettivo che sarebbe perseguibile con una pura e semplice sommatoria di politiche nazionali. Spinelli si colloca invece sul versante opposto. Essendosi liberato del condizionamento nazionale e di quello ideologico del passato, Spinelli è riuscito a progettare ex novo un’azione costituzionale supernazionale per l’obiettivo strategico del nostro tempo in Europa: l’unità, cioè la Federazione europea. È stata così intrapresa per la prima volta una azione politica che non si basa sulla lotta per la conquista e l’uso dei poteri costituiti (i poteri nazionali), ma sulla lotta per la creazione di poteri nuovi. È la sola via per ristabilire l’equilibrio tra capacità tecnologica e capacità politica, e per incamminare il mondo verso la vera civiltà: la pace organizzata.
Mario Albertini
* Editoriale apparso nel n. 1 (1986) de Il Federalista, pp. 3-4.