Anno XXXIV, 1992, Numero 3 - Pagina 234
La mobilitazione popolare a livello mondiale
ROBERTO PALEA
1. Nel ventesimo anniversario della Conferenza di Stoccolma si terrà prossimamente, a Rio de Janeiro, l’atteso Summit della Terra su ambiente e sviluppo, indetto dall’ONU, cui parteciperanno Capi di Stato e di governo e rappresentanti delle organizzazioni ambientaliste di tutto il mondo.
L’opinione pubblica mondiale si attende che da tale importante avvenimento derivino impegni vincolanti da parte degli Stati, in grado di invertire la rotta dello sviluppo economico mondiale per renderlo maggiormente compatibile con l’esigenza della difesa dell’ambiente.
Qualunque siano i risultati concreti che ne potranno derivare, i lavori preparatori della Conferenza di Rio, l’elevatissimo interesse da essi suscitato e le attese del mondo intero per l’avvenimento fanno ritenere fin d’ora, comunque, che da Rio uscirà accresciuta la consapevolezza che i rischi di catastrofe ecologica minacciano ormai la sopravvivenza stessa del genere umano e che i gravi fenomeni di degrado ambientale in atto – stante la loro dimensione mondiale – vanno fronteggiati a livello mondiale, con istituzioni mondiali in grado di adottare con efficacia i provvedimenti necessari.
Si farà strada la tesi dei federalisti secondo cui il governo mondiale è necessario, anche e soprattutto per ristrutturare l’economia mondiale in senso ecologico e per incamminare il mondo intero sulla via dello sviluppo sostenibile.
2. Mentre fino a ieri l’idea della creazione di una qualche forma di governo democratico del mondo sembrava un’utopia, oggi, dopo l’era Gorbaciov ed il crollo del comunismo in URSS e nell’Est europeo, essa è diventata un obiettivo politico concretamente possibile e perseguibile.
L’umanità si trova di fronte all’alternativa di unirsi o perire.
La consapevolezza della drammaticità della situazione ha già prodotto e sta producendo sempre di più la convergenza lenta ma progressiva tra le ragioni di Stato delle principali potenze del mondo, che costituisce la base di ogni avanzamento verso l’obiettivo del governo mondiale.
La fase di disarmo nucleare tra i due blocchi contrapposti attualmente in corso; la costituzione e l’attività della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (CSCE); l’accresciuto ruolo dell’ONU manifestatosi con l’attuata ingerenza nella politica interna degli Stati per la salvaguardia dei diritti umani (come nel caso dell’Ecuador, della guerra del Golfo, della Jugoslavia, ecc.) rappresentano dei fatti che hanno reso visibile questa convergenza, così come l’evidente limitazione alla sovranità assoluta degli Stati (fino a ieri impensabile) che essi hanno comportato.
3. A proposito del governo democratico del mondo, l’esperienza del processo di unificazione europea che i federalisti europei hanno vissuto, da protagonisti, negli ultimi quarant’anni, suggerisce alcune considerazioni.
a) La prima, ovvia, considerazione è che la realizzazione di un governo democratico del mondo richiederà probabilmente tempi lunghi. Ma ciò non deve scoraggiare. Non è infatti necessario che il processo di unificazione del mondo si concluda perché si rafforzi la cooperazione internazionale e si gettino le basi per un sistema di sicurezza globale comune, da subito operativo.
Il processo di unificazione dell’Europa ha dimostrato che il solo fatto che l’Europa avesse imboccato, nel dopoguerra, la strada della sua integrazione ha prodotto immediatamente, e nonostante che il processo fosse in corso e non ancora concluso, risultati di importanza storica decisiva per l’avvenire degli Europei: dopo secoli di conflitti fratricidi, la guerra tra gli Stati europei è apparsa improvvisamente come un retaggio del passato; l’integrazione dei mercati ha costituito la base di uno sviluppo economico senza precedenti; le politiche nazionali si sono, de facto, orientate in senso continentale in tutti quei settori come l’agricoltura, l’industria, la politica energetica e dei trasporti, i quali, fino a qualche decennio prima erano considerati di esclusiva competenza nazionale.
Risultati d’importanza non inferiore per il futuro dell’umanità relativamente agli obiettivi della pace mondiale e della trasformazione dell’attuale distruttivo sviluppo economico in «sviluppo, sostenibile» si possono prevedere, da subito, qualora il mondo sappia imboccare con chiarezza e coerenza la strada della sua unità.
b) La seconda considerazione, anch’essa ovvia, è che la lotta per il governo democratico del mondo non sarà solo lunga ma anche molto dura e di esito incerto. Il processo non potrà svilupparsi secondo una linea continua: cadute, rallentamenti, sconfitte saranno inevitabili e già si manifestano dopo la ventata di ottimismo originata dall’era Gorbaciov (basti pensare allo sgretolamento dell’URSS, al risorgere dei nazionalismi, all’attuale posizione degli USA sulle emergenze ecologiche mondiali, ecc.).
L’importante è tuttavia che il mondo mostri nel complesso, e nonostante tutto, la volontà di fondo di procedere nel senso della sua unità attraverso il conseguimento di tappe intermedie (il compimento della Federazione europea, l’approfondimento dell’integrazione in aree regionali, ecc.) e la realizzazione di obiettivi parziali che siano coerenti e progressivi rispetto all’obiettivo finale.
c) La terza considerazione riguarda l’azione di noi tutti. E’ necessario che si formi a livello mondiale un movimento di idee e di persone che sappia assumere il punto di vista dell’interesse del genere umano nel suo complesso come criterio per giudicare i fatti ed orientare la propria azione.
I Movimenti federalisti, le Organizzazioni non governative ambientaliste, i Movimenti pacifisti sono in grado di dar vita a questo movimento coordinando le proprie forze ed operando nell’interesse del genere umano.
Sarebbe così possibile mobilitare l’opinione pubblica mondiale verso obiettivi di interesse comune, coerenti e progressivi rispetto all’obiettivo finale del governo democratico del mondo.
Questo movimento dovrebbe fin d’ora darsi un’azione politica comune nella forma più elementare possibile, quale il lancio di una petizione popolare a livello mondiale, diretta ai Capi di Stato e di governo ed all’ONU, nella quale vengano proposti alcuni obiettivi limitati ma strategici, quali l’Agenzia mondiale per l’ambiente, dotata di reali poteri e di autonomia finanziaria, la carbon tax a livello mondiale, la riforma in senso democratico dell’ONU.
d) La quarta considerazione riguarda ancora l’azione. Non è solo necessario suscitare il movimento di persone e di idee di cui ho detto, ma è anche necessario che venga individuato e perseguito con determinazione il processo di transizione verso l’obiettivo del governo democratico del mondo.
Anche qui ci sovviene l’esperienza del processo di unificazione europea caratterizzato da tre momenti di importanza decisiva:
– la creazione della CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio), che costituì la prima istituzione sovrannazionale europea la quale inaugurò una formula istituzionale ed un metodo di integrazione che si svilupparono poi con la Comunità economica europea e che ci hanno portato oggi sulla soglia della Federazione europea;
– l’elezione diretta del Parlamento europeo, che gettò il seme della democrazia nelle istituzioni europee e ci permette ora di batterci per la sua trasformazione in Assemblea costituente;
– il processo in atto per la creazione dell’Unione economico-monetaria, che sottrae competenze e potere agli Stati e fa prevedere, dopo Maastricht, l’irreversibilità del processo.
A livello mondiale il ruolo della CECA può essere svolto dall’istituzione di un’Agenzia mondiale per l’ambiente che abbia anch’essa poteri sovrannazionali, non sia bloccata nella sua azione dai diritti di veto dei paesi partecipanti, operi secondo il criterio della maggioranza e sia dotata di risorse proprie.
A quest’Agenzia andrebbe, tra l’altro, affidato il compito importantissimo di trasferire informazioni e conoscenze tecnologiche ai paesi in via di sviluppo e di finanziare la riconversione ecologica dell’economia, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.
Per realizzare i propri compiti l’Agenzia dovrebbe possedere reali poteri autonomi e quindi una forte autonomia finanziaria.
Detta autonomia finanziaria dovrebbe basarsi principalmente sull’introduzione della carbon tax, estesa ai paesi industrializzati ed a quelli cosiddetti della «periferia industriale», i quali si propongono un rapido sviluppo in tempi brevi (Brasile, Cina, India, Indonesia, Corea del Sud). La carbon tax, capace di produrre un gettito molto elevato, servirebbe anche a disincentivare l’uso dei carburanti fossili e a rilanciare l’impiego di tecnologie di risparmio energetico, un uso razionale dell’energia e di fonti di energia alternative ai carburanti fossili.
Ma l’autonomia finanziaria dovrebbe pure basarsi su «entrate automatiche» costituite dall’applicazione di royalties sull’utilizzo dei beni comuni internazionali quali la pesca negli oceani, l’estrazione dai fondali marini, l’uso di satelliti, nonché di royalties sull’estrazione dalla terra delle risorse naturali (quali il petrolio, i minerali, ecc.).
Ed infine dovrebbe basarsi su contributi degli Stati finalizzati a programmi di riequilibrio ambientale.
Per motivi di insopprimibile equità detti contributi dovrebbero tener conto nella loro ripartizione del principio della riparazione ecologica, e cioè della misura in cui ciascuno Stato è responsabile dell’inquinamento. Essa va commisurata sia alle quantità di sostanze inquinanti che attualmente ciascuno Stato immette nell’atmosfera o negli oceani, sia a quelle immesse nell’ultimo secolo e che hanno innescato i processi di degrado ambientale di cui soffrono non solo i paesi industrializzati, ma anche quelli che non hanno potuto approfittare in egual misura dello sviluppo economico e del saccheggio secolare delle risorse del pianeta.
Il seme della democrazia nelle istituzioni mondiali può essere introdotto attraverso la riforma in senso democratico dell’ONU. Essa dovrà riguardare la composizione del Consiglio di Sicurezza e l’elezione diretta di una Seconda Camera, eletta a suffragio universale dai popoli della Terra, che affianchi l’Assemblea generale, in un primo momento con compiti consultivi.
Il Consiglio di Sicurezza deve avere una maggiore rappresentatività della Comunità mondiale rispetto all’attuale. Occorre puntare ad una rappresentanza che non si basi sulla qualità di Stati vincitori dell’ultima guerra mondiale, ma su criteri di rappresentanza delle differenti aree regionali del mondo: la CEE in luogo dei suoi Stati membri, l’India, il Giappone, qualche rappresentanza unitaria degli Africani devono essere compresi tra i membri permanenti. Dovrà essere riesaminata la regola delle decisioni all’unanimità e del diritto di veto da parte dei suoi membri permanenti.
La Seconda Camera, eletta a suffragio universale, sul modello del Parlamento europeo, si rende necessaria per esercitare un minimo di controllo democratico sulle istituzioni mondiali, per rispettare uno dei principi fondamentali della democrazia che vuole «no taxation without representation», per consentire l’avvio di una seconda e più avanzata fase nella lotta per il governo democratico del mondo, basata sulla rivendicazione di equilibri più democratici nella bilancia del potere delle istituzioni mondiali attraverso un progressivo e continuo rafforzamento delle competenze e delle funzioni della Camera elettiva.
Infine la carbon tax a livello mondiale e l’Agenzia mondiale per l’ambiente rappresenterebbero l’inizio di un lento ma concreto processo di trasferimento della sovranità economica degli Stati a favore di istituzioni mondiali simile a quello che si è prodotto nella Comunità europea. La comunità internazionale, inoltre, disporrebbe degli indispensabili strumenti (anche finanziari) per adottare i primi urgenti interventi per porre il mondo sulla strada dello sviluppo sostenibile e della sicurezza globale comune.
Queste sono le sfide che dobbiamo raccogliere se veramente crediamo nostro dovere il bene di tutto il mondo, perché non c’è un’attività superiore al fare il bene del mondo intero.