IL FEDERALISTA

rivista di politica

 

Anno XXXIV, 1992, Numero 3 - Pagina 239

 

 

Verso il superamento della sovranità nazionale assoluta

 

GUY MARCHAND

 

 

In meno di dieci anni, secondo gli esperti, l’inquinamento mondiale avrà raggiunto il suo punto di non ritorno.

Per evitare ciò, il solo nemico da sconfiggere è la sovranità nazionale assoluta, un’invenzione della rivoluzione francese.

Ho letto con molto interesse il rapporto dei federalisti italiani del 6 luglio 1991, che analizza perfettamente questo problema. Mi sarà così difficile apportarvi idee nuove. Comunque tenterò.

Sul programma, accanto al mio nome, c’è scritto «Comitato permanente mondialista», di cui sono effettivamente uno dei segretari generali. Questo Comitato raggruppa una ventina di associazioni il cui scopo è quello di diffondere le tesi mondialiste, che riguardano il trasferimento di una parte della sovranità di ogni Stato ad un governo federale mondiale. E pongo l’accento su questo aggettivo «federale», perché il mondialismo vuole un’organizzazione federale del mondo, che garantisca la possibilità di prendere decisioni al livello più basso: il semplice cittadino deve essere responsabile. Il mondialismo vuole che i rapporti tra i gruppi umani, ora sottoposti al diritto internazionale, basato sulla coordinazione tra gli Stati sovrani, siano sottoposti al diritto mondiale, basato sulla subordinazione degli Stati, al fine di applicare le restrizioni indispensabili per far rispettare la legge. Dal 1899, data della prima Conferenza per la pace, le idee mondialiste, aventi come scopo la prevalenza del diritto sulla forza, sono state proposte da Bertha von Suttner, David Lubin, o da premi Nobel come La Fontaine, Léon Bourgeois o Albert Einstein durante tutta la prima metà del nostro secolo, finché sono scesi in campo i mondialisti dopo la seconda guerra mondiale: nel 1947 si sono costituiti i Federalisti mondiali e nel 1949 i Cittadini del mondo.

Ognuna di queste due associazioni ha avuto l’adesione di centinaia di migliaia di membri; ora, anche se il numero dei loro membri è cambiato, le loro idee sono sempre più utili per la sopravvivenza dell’umanità. Infatti, senza l’Autorità mondiale per l’ambiente, di cui vi ha parlato Jerry Bourgeois, la specie umana scomparirà a causa di una biosfera totalmente inquinata. Grazie ai trasferimenti di sovranità, che bisogna realizzare il più rapidamente possibile, si creerà così questa struttura giuridica al di sopra degli Stati sovrani, indispensabile per disporre di mezzi coercitivi contro le azioni intraprese ai danni della biosfera.

Ma ritorniamo alle origini del mondialismo, che è nato per evitare una terza guerra mondiale gettando le basi di un controllo sovrannazionale del disarmo (nell’ottobre 1987, Reagan e Gorbaciov, con il trattato di Washington, non hanno fatto altro che applicare queste tesi).

Molto presto, però, verso il 1950, i mondialisti si accorsero che anche il problema dello sviluppo dei paesi del Terzo mondo era un problema mondiale. Lord Byron Orr, premio Nobel per la pace, e l’Abbé Pierre sostenevano, a ragione, che in futuro il vero problema sarebbe stato il rapporto fra Nord e Sud del mondo, e non fra Est e Ovest. Ma dato che le tesi mondialiste non sono state applicate, la povertà mondiale non fa che progredire, nonostante le 5-6000 associazioni che se ne occupano.

Il terzo problema che richiede una soluzione di carattere mondiale è l’ambiente, e dal 1955 i mondialisti hanno cominciato ad interessarsi ad esso, a livello mondiale, lanciando il progetto Nettuno, presentato dal gruppo parlamentare mondialista britannico comprendente 107 Lords e deputati. E ora possiamo dire che il problema monetario, la sovrappopolazione, l’energia, necessitano anch’essi di soluzioni sovrannazionali mondiali.

Se queste due associazioni, Federalisti mondiali e Cittadini del mondo, hanno adottato per un certo periodo di tempo metodi di approccio diversi per giungere allo stesso obiettivo, oggi possiamo dire che le loro azioni sono identiche. Entrambe reclamano una riforma della Carta dell’ONU con l’aggiunta di una seconda Camera, quella del popolo mondiale, al fine di creare un vero e proprio potere legislativo mondiale. Inoltre, riferendosi a Montesquieu, i mondialisti vogliono un vero potere esecutivo mondiale, un potere coercitivo mondiale, e un potere giudiziario mondiale indipendente dagli altri due e soprattutto dagli Stati sovrani.

Numerose possono essere le vie per arrivare a questa organizzazione della democrazia mondiale, basata sui progetto di una seconda Camera presso l’ONU. A questo scopo per vent’anni mi sono occupato del progetto «Congresso dei popoli», vale a dire di far votare per corrispondenza, in otto elezioni, 80.000 elettori distribuiti in 110 paesi diversi, per eleggere i delegati a questo Congresso. Se il voto è reale e viene organizzato esattamente come nei paesi democratici, questa Camera del popolo è evidentemente simbolica. Se è vero che una ventina di paesi membri delle Nazioni Unite possiedono corpi elettorali inferiori agli 80.000 elettori, le Nazioni Unite devono riconoscere che il meccanismo impiegato dal Congresso dei popoli è valido e potrebbe servire come base per l’organizzazione di elezioni mondiali fondate sul principio «un uomo, un voto».

So bene che l’attivazione di un vero e proprio corpo legislativo mondiale richiederà tempo e che gli anni per costituire un’Autorità mondiale per 1’ambiente sono contati. Ma abbiamo la possibilità di presentare diverse proposte con effetti più immediati: 1) sostituire le istituzioni esistenti, come per esempio il Programma ambientale delle Nazioni Unite; 2) creare un’Agenzia specializzata identica all’Unione postale universale; 3) creare un’Agenzia specializzata come l’Agenzia per l’energia atomica di Vienna; 4) creare un Tribunale arbitrale, una vera e propria Camera per dirimere le controversie, come autorizzato dall’articolo 29, paragrafo 2, dello statuto della Corte internazionale di giustizia; 5) creare un’istituzione sovrannazionale mondiale; 6) utilizzare gli articoli 22, 29, 109, ecc. della Carta delle Nazioni Unite. Personalmente suggerirei anche che i 180 paesi membri introducano una frase nelle loro costituzioni: con riserva di reciprocità, si accettano limitazioni di sovranità. Così un giorno i responsabili dei 180 Stati si riuniranno e faranno valere contemporaneamente questo principio di reciprocità al fine di creare, con alcuni trasferimenti di sovranità, questa Autorità mondiale per l’ambiente.

Sono certo che, se le autorità politiche sono pronte a studiare questo problema, i giuristi non troveranno solo queste sette soluzioni, ma decine di soluzioni. Sarà sufficiente sceglierne una, applicarla e salvare così la biosfera mondiale, ossia la specie umana nel suo complesso.

Ma veniamo a Rio. Questa volontà politica di sovrannazionalità si affermerà a Rio? Io non lo credo, innanzitutto perché questa Conferenza si basa sulla sovranità di ogni Stato, un principio non solo immutabile, ma sacro, a detta di Maurice Strong, organizzatore di Rio, come fu organizzatore, vent’anni orsono, di Stoccolma. Ora, egli sa che Stoccolma fu un fallimento perché l’inquinamento non ha fatto che progredire. E conosce la ragione di questo fallimento: la sovranità nazionale assoluta. L’esperienza non è servita a nulla a Maurice Strong, e mi spiace che non sia qui perché lo metterei davanti alle sue responsabilità.

A Rio, inoltre, si affronteranno congiuntamente i problemi dell’ambiente e dello sviluppo. So bene che questi due problemi sono legati fra di loro, ma sono anche legati a quelli del disarmo, della sovrappopolazione, della moneta mondiale e dell’energia. Ora, o si studiano questi cinque o sei problemi mondiali insieme, o si studiano separatamente. E’ quello che era stato fatto a Stoccolma ed è quello che si sarebbe dovuto fare a Rio. Unendo questi due problemi (ambiente e sviluppo), è sempre possibile trovare un argomento sul quale non si è d’accordo, tanto più che oltre che di sviluppo bisognerebbe trattare di disarmo, stabilizzazione del commercio delle materie prime, controllo delle società multinazionali, debito e moneta, sovrappopolazione, federalismo regionale, autosufficienza alimentare.

E’ per questo che il progetto di un’Autorità mondiale per l’ambiente, proposto da François Mitterrand a Parigi davanti a 852 organizzazioni non governative, è stato rifiutato. Ed è per questo che si è potuto leggere su Le Monde: «Fallimento della Conferenza preparatoria del Vertice della Terra», ossia della Conferenza dell’ultima chance, quella di New York, in cui dovevano essere elaborati i testi definitivi di Rio.

Senza voler essere indovino, ho scritto nella mia Lettera mondialista del febbraio scorso che, come Stoccolma, Rio avrebbe fallito.

L’appello dell’Aja dell’11 marzo 1989 firmato da 43 paesi in favore del trasferimento della sovranità nazionale ad un’Autorità mondiale per l’ambiente aveva suscitato molte speranze. Qualche mese dopo, avevo potuto avvicinare François Mitterrand per fornirgli dei supplementi d’informazione mondialista sull’argomento. Ma il Vertice dei sette Grandi del 14 luglio 1989 è stato un fallimento, così come la riunione di Parigi del 17 dicembre 1991, e quella di New York che è appena terminata.

Quale speranza resta? Quella di far accettare le tesi dei federalisti mondiali.

 

 

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