IL FEDERALISTA

rivista di politica

 

Anno LXV, 2023, Numero 2-3, Pagina 67

Una proposta di rilancio del MERCOSUR

STEFANO SPOLTORE

L’elezione di Javier Milei alla Presidenza della Repubblica Argentina ha rinnovato l’attenzione del mondo sui problemi di un paese che vanta un triste primato: il più alto numero di default nella sua storia bicentenaria[1] (nove, di cui tre dal 2000 ad oggi). Lo straordinario successo elettorale di Milei ha colto di sorpresa i media di tutto il mondo che nel corso della campagna elettorale si erano limitati a sottolineare gli aspetti folkloristici e istrionici di un candidato che si presentava ai comizi con una motosega (per sottolineare la necessità di un taglio alle spese dello Stato), oppure per talune dichiarazioni estemporanee (ad es.: l’abolizione della Banca Centrale o le accuse di comunismo rivolte a Papa Francesco e al Presidente del Brasile Lula)[2].
 

L’Argentina nel suo labirinto.

L’Argentina è dagli anni Quaranta del secolo scorso e dalla presidenza del primo governo Peron (1946-1955) che insegue il mito di un ritorno all’età dell’oro. Sono quelli gli anni in cui l’Argentina “(...) si trovava in eccellente posizione per arricchirsi dopo la tragedia mondiale: possedeva vaste riserve monetarie accumulate a Londra; possedeva carne e grano di cui tanto necessitava l’Europa”.[3] Non è questa la sede per tracciare le vicende storiche dell’Argentina, ma quella è l’epoca in cui nasce il populismo di Peron e della sua compagna Evita, che seppero guidare e trascinare al proprio fianco ampia parte della popolazione meno abbiente[4] sfruttando entrambi le proprie doti di leaders sindacali. Il mito dell’uomo o della donna del destino perseguita da allora l’Argentina, come avvenne in occasione del ritorno al potere di Peron nel 1973 dopo un lungo esilio, nella speranza di ricreare gli anni dell’Argentina felice. Anche in quella occasione Peron aveva al suo fianco una donna, Isabel Martinez, che cercava di imitare il linguaggio e i gesti della mai dimentica Evita. Il popolo argentino si illudeva di riportare con Peron stabilità e benessere al paese, ma era l’illusione di chi insegue un mito. Quello fu un governo di breve durata che finì nella tragedia di una brutale dittatura militare e naufragò con la disastrosa guerra delle Malvinas. Da allora l’Argentina è tornata alla democrazia, ma resta in perenne crisi di identità, scossa da continue crisi finanziarie e politiche. Come scrive Marcos Aguinis “si ha la sensazione che l’Argentina sia scivolata in un labirinto dove regna la penombra (…) e sull’orlo dell’agonia”.[5]

C’è un elemento che da oltre cinquanta anni caratterizza la vita degli argentini: una costante instabilità politica; una dissennata politica finanziaria ed economica che ha consentito ai governatori degli Stati membri della federazione[6] lo sperpero di denaro pubblico per assecondare il clientelismo; una politica monetaria che spinge la Banca centrale a stampare carta moneta che deprezza il valore della valuta locale; una corruzione dilagante nel settore pubblico; la fuga dei capitali; il ricorso anche dei privati cittadini verso il bene rifugio considerato più sicuro, il dollaro, che a sua volta alimenta il mercato nero; la costante richiesta di aiuti finanziari tramite il FMI; una inflazione fuori controllo.[7] Questi fattori, nel loro insieme, spingono il popolo argentino a non avere alcuna fiducia non solo verso la classe politica, ma anche verso il proprio paese. È la mancanza di fiducia che spinge gli argentini a cercare il cosiddetto uomo della provvidenza, perché in fondo non credono nel proprio paese. Eppure, l’Argentina ha grandi potenzialità grazie alle sue ingenti risorse minerarie e a una ricca produzione agricola, fattori che la rendono a pieno titolo un paese membro del G20.

In questo contesto di generale instabilità, vi è tuttavia un elemento che ha garantito e garantisce la difesa dei principi democratici: l’appartenenza al MERCOSUR, il progetto regionale di integrazione. Non è affatto casuale che all’indomani della caduta della dittatura Videla in Argentina, in una sorta di effetto domino, siano cadute le dittature in Paraguay e Uruguay, i paesi confinanti. Nello stesso tempo con il Brasile si avviò un progetto di integrazione che prese corpo nel 1991: da allora la democrazia, seppure a volte con forme di spiccato populismo, è diventato un principio che lega e vincola i paesi membri. Non è casuale che nel Trattato istitutivo vi sia una cosiddetta clausola democratica: lo Stato membro che non rispetta i principi democratici viene sospeso dai lavori del MERCOSUR sino al ripristino della democrazia.[8] Si tratta di una clausola che nel 2012 ha portato alla sospensione temporanea del Paraguay e che dal 2019 colpisce il Venezuela, dopo le contestate elezioni che confermarono alla presidenza Maduro. Nelle vicende storiche del sud America questo è il più lungo periodo di governi democratici. Così come in Europa l’avvio del processo di integrazione ha favorito la difesa dei principi democratici, così accade nella regione del MERCOSUR.

D’altro canto, quando sul finire degli anni Ottanta del secolo scorso si avviò il dibattito tra i futuri Paesi fondatori del MERCOSUR (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay), il modello ispiratore fu l’esperienza europea. E così come è accaduto in Europa, pace e sviluppo, hanno favorito il suo allargamento nel corso degli anni. Ai quattro Paesi fondatori si sono aggiunti nel 2012 il Venezuela e, sul finire del 2023, la Bolivia, mentre il Cile risulta attualmente paese osservatore.

Tuttavia, a oltre trenta anni dalla nascita del MERCOSUR il progetto di integrazione sta vivendo una fase di stasi e, in alcuni casi, di contestazione delle sue prerogative. Alcuni governi contestano al MERCOSUR il vincolo relativo alla definizione di accordi commerciali con paesi terzi. A voler cambiare questa clausola prevista dai Trattati, ovvero che sia il MERCOSUR a discutere e siglare accordi con altri paesi è stato in passato, per esempio, il governo del Presidente brasiliano Bolsonaro, oppure il governo dell’Uruguay e più recentemente, ma solo in campagna elettorale, Milei che ha minacciato l’uscita dell’Argentina dal mercato comune. Nel corso degli ultimi anni il Consiglio dei Capi di Stato dell’area ha deciso di non dare corso all’elezione diretta del Parlamento del MERCOSUR (Parlasur con sede a Montevideo), mantenendo il principio che ai lavori del Parlamento partecipino membri eletti al Senato o alla Camera nel corso di elezioni nazionali. Negli anni ’90 del secolo scorso era passato il principio che vi fosse una elezione a suffragio universale, come accade nell’Unione europea, ma negli ultimi anni questo principio è stato prima rinviato e infine abolito.[9] Una decisione radicale che ha imposto al Paraguay di cancellare una legge elettorale approvata ad hoc per l’elezione dei propri parlamentari. Resta così un senso di incompiutezza nel progetto di integrazione come per altro è dimostrato dal permanere di barriere e dazi doganali su alcune merci importate o esportate tra i paesi membri. L’incapacità di portare poi a compimento l’accordo commerciale con la UE dopo oltre venti anni di discussioni sembra, agli occhi di molti, una fragilità politica del MERCOSUR succube della politica europea che, in realtà, ha grosse responsabilità nella mancata ratifica dell’accordo.[10]

In un contesto così difficile, con l’aumentare di tensioni e conflitti nel mondo, con la necessità di una salvaguardia dell’ambiente dinanzi alla crisi climatica che sconvolge il mondo intero, quale può essere il futuro del MERCOSUR? Il futuro non può che risiedere nella ripresa con forza del progetto di integrazione con nuove proposte per un suo rilancio, abbandonando così visioni nazionalistiche che non farebbero che far regredire le conquiste sino ad oggi conseguite dai Paesi membri.
 

Una proposta: la nascita della Comunità economica delle acque e dell’energia (CERE).

Se alla sua nascita il MERCOSUR si è ispirato alla esperienza politica ed economica della allora Comunità europea, l’Europa può ancora ispirare un modello che favorisca il rilancio del MERCOSUR. Il processo di integrazione europeo prese avvio con la nascita della CECA, la Comunità economica del Carbone e dell’Acciaio, agli inizi degli anni Cinquanta. Per l’Europa si poneva il problema di disporre di una politica economica che favorisse la ricostruzione del continente in ginocchio dopo il secondo conflitto mondiale. La fonte energetica dell’epoca era il carbone, mentre l’acciaio rappresentava il simbolo della ricostruzione delle infrastrutture. Sei paesi (Francia, Germania, Italia e Benelux) diedero così vita al primo embrione di integrazione con la creazione di un organismo, la CECA, che coordinasse le politiche di produzione, la libera circolazione dei due beni essenziali e i loro prezzi. Nacquero così le prime istituzioni comuni che successivamente favorirono nel 1957 la creazione della Comunità economica europea e dunque del MEC (Mercato comune europeo), prima tappa di una integrazione che ha portato all’attuale Unione europea (UE). L’esempio ispiratore cui ci riferiamo per un rilancio del MERCOSUR prende spunto dalla prima esperienza europea.

Pace e sviluppo sono essenziali per la difesa dei principi democratici. Il MERCOSUR sino ad oggi ha saputo garantire democrazia e sviluppo economico. Ha ridotto la povertà e garantito ai Paesi della regione l’ingresso nel novero delle potenze mondiali: è infatti la quinta economia più grande al mondo. Due Paesi fondatori fanno parte del G20 (Brasile e Argentina) nonostante i problemi che attanagliano l’Argentina.

Dinanzi alle ipotesi di una “rottura” del MERCOSUR, o al suo ridimensionamento, va ricordato che i problemi che ne limitano lo sviluppo risiedono negli ostacoli che i singoli governi pongono ad un rafforzamento delle istituzioni comunitarie. Si tratta di un problema, in forma diversa, che conosce anche l’Unione europea: dinanzi alle grandi sfide pensare che i singoli Stati nazionali possano da soli affrontare i temi della tutela dell’ambiente, delle migrazioni o della difesa della pace è una illusione. L’incertezza genera così paure che i populisti, ovunque nel mondo, alimentano con la presunzione di voler garantire soluzioni nazionali a problemi che ormai hanno una dimensione mondiale.

I cinque Paesi membri del MERCOSUR condividono tutti una grande ricchezza da preservare, proteggere e, allo stesso tempo, sviluppare perché genera benessere. Uno dei grandi obiettivi della nostra epoca è la difesa dell’ambiente che richiede ingenti investimenti e una riconversione di molte attività produttive. Un bene essenziale per lo sviluppo e il benessere è pertanto l’acqua. Vi sono aree del mondo che ne sono prive, come in Africa. Altre, per esempio in Europa o Asia, che risentono dei cambiamenti climatici sia con lunghi periodi di siccità alternati a fenomeni di violenti nubifragi che creano alluvioni e devastazioni. L’acqua è per eccellenza un bene indispensabile e il Sud America è la regione del mondo con la più alta concentrazione di fiumi, in particolare nella regione platense (vedi cartina).

In quest’area si sviluppa una delle maggiori reti di navigazione interna al mondo che garantisce lo sbocco sull’Atlantico a Stati privi di porti marittimi, ma che dispongono di molti porti fluviali.[11] La complessità della rete fluviale rende indispensabile un coordinamento nella gestione delle acque che attraversano e segnano il confine delle diverse nazioni. È un controllo necessario in occasione di forti piogge così come in occasione di periodi di siccità. La riduzione della portata dei fiumi a seguito di progetti di dighe per alimentare centrali idroelettriche può significare la riduzione della disponibilità di acqua verso i Paesi a valle con gravi conseguenze per l’agricoltura o per i rifornimenti idrici alle città. Inoltre, le caratteristiche idrografiche dei fiumi sud-americani li rende navigabili per migliaia di chilometri al punto che si parla di vere autostrade che favoriscono il trasporto di merci e beni anche da paesi che non dispongono di uno sbocco al mare. Questo consente a Bolivia e Paraguay di trasportare le proprie merci lungo i fiumi Pilcomayo o il fiume Paraguay (che dà il nome al paese) e raggiungere così, una volta confluiti nel Rio de la Plata, i porti marittimi di Buenos Aires (in particolare) o di Montevideo.

La complessa rete fluviale ha posto negli anni numerosi problemi e nel 1993 è sorta anche una società per la gestione di un lungo tratto del Rio de la Plata, denominata Hidrovía Paraná-Paraguay, gestita da privati e con capitali stranieri (in particolare belgi). Una gestione che è fonte ancora oggi di discussione circa l’opportunità che la Hidrovía sia gestita da capitali privati piuttosto che da capitali statali. Tuttavia, vi è un fatto che caratterizza la regione: tutti e cinque i paesi membri del MERCOSUR per tratti più o meno lunghi utilizzano questa sorta di autostrade garantite dai propri corsi d’acqua che confluiscono nel Rio de la Plata. Tutti e cinque gli Stati godono ed utilizzano per scopi commerciali, economici ed energetici la ricchezza dei propri fiumi che, di fatto, li coinvolge e li rende responsabili della loro gestione. Questa straordinaria risorsa naturale favorisce lo sviluppo di gran parte del sub continente e non può e non deve diventare fonte di antagonismi, ma può anzi, se gestita in comune, favorire ulteriore benessere.

Se tutti gli Stati membri del MERCOSUR sono coinvolti nell’utilizzo dei corsi d’acqua, perché non rendere questa ricchezza un bene gestito in comune? Perché, sull’esempio della CECA, non creare una Comunità Economica delle Acque e dell’Energia (Comunidad Económica de Ríos y Energía - CERE)? Questo organismo potrebbe migliorare la gestione dei corsi d’acqua e nello stesso tempo avviare una nuova tappa nel processo di integrazione della regione. Vi è un altro fattore che sottolinea l’importanza di una Comunità che gestisca il patrimonio idrico dell’area. Il Centro de Estudios Estrategicos para la Defensa[12] (CEED) elaborò nel 2011 un dossier in cui si sottolineava la necessità di una difesa politica e militare a tutela delle ricchezze naturali di cui dispone il sub-continente in vista di possibili aggressioni provenienti dall’esterno, in particolare per difendere le proprie risorse idriche. Le previsioni del CEED indicavano che nell’arco di venti anni vi sarebbe stata una rincorsa alla ricerca di fonti idriche per la carenza che si sarebbe manifestata a livello mondiale.[13] Per fortuna questa previsione ad oggi non si è avverata, ma è noto come il problema di individuare e garantire le risorse idriche a parte dell’umanità che ne è priva, sia un problema quanto mai attuale.

La gestione dei corsi d’acqua per garantire la navigazione comporta costi per la manutenzione delle sponde, la pulizia dopo alluvioni, il miglioramento dei porti che vi si affacciano. Il corridoio naturale nel tratto finale, prima di sfociare nell’oceano Atlantico, ha costi elevati che ammontano a circa 20 milioni di dollari l’anno. Così il governo argentino agli inizi del 2023 ha iniziato a far pagare un pedaggio — 1,47 dollari per tonnellata trasportata — a tutte le navi in transito nel lungo tratto che attraversa il suo paese, per finanziare almeno in parte i costi del dragaggio e della segnaletica. Una decisione che ha creato forti tensioni con i paesi vicini e ha portato anche al sequestro di una chiatta «morosa». Ne è nato un contenzioso diplomatico senza precedenti, al punto che il Paraguay minaccia di tagliare le cessioni di energia elettrica all’Argentina e di avviare una causa contro Buenos Aires “(…) per mancato rispetto del Trattato di Asunción, che garantisce il libero commercio e la libera navigazione dei nostri fiumi”.[14] Non è casuale il riferimento alla possibile sospensione delle forniture di energia elettrica.

Fiumi dalla grande portata offrono la opportunità di disporre di energia idroelettrica. Gli stessi corsi d’acqua che favoriscono il trasporto delle merci hanno favorito la costruzione di imponenti centrali elettriche. La più famosa è certamente quella di Itaipú costruita in territorio brasiliano, ma nel punto in cui le acque del Paraná giungono dal Paraguay. Vi è un accordo bilaterale tra i due Paesi per cui l’energia prodotta in eccesso rispetto alle loro esigenze può essere rivenduta a terzi o addirittura tra di loro, come accade al Paraguay che rivende parte della propria quota di energia allo stesso Brasile.[15] Un’altra importante centrale idroelettrica è stata costruita al confine tra Argentina e Paraguay sempre sfruttando le acque del fiume Paraná.

La produzione e lo sfruttamento dell’energia idroelettrica è quindi un tema che può essere gestito a livello comunitario nella regione, creando una rete di distribuzione comune che si possa integrare alla energia elettrica prodotta da quelle rinnovabili dall’Uruguay. Ma mentre il governo dell’Uruguay da anni ha puntato alla costruzione di centrali che sfruttano altre energie rinnovabili, in Bolivia sono in corso di costruzione nuove centrali idroelettriche.[16] Il tema della costruzione di nuove centrali vede sorgere nuovi problemi di natura ambientale, poiché si rende necessario deviare i corsi d’acqua o allagare aree di intere foreste che impongono lo spostamento forzato delle popolazioni locali: temi di grande impatto politico e sociale.

L’utilizzo dei fiumi per scopi commerciali e per la creazione di energia indispensabile per lo sviluppo dei Paesi dell’area impone una gestione che abbia carattere regionale dando così al MERCOSUR un ruolo da svolgere con la creazione di una Comunità ad hoc. Oggi esistono solo accordi di natura bilaterale per la gestione e/o soluzione di problemi legati alla navigazione o produzione di energia. Una Comunità economica delle Acque e dell’Energia (Comunidad Económica de Ríos y Energía- CERE) avrebbe lo scopo di gestire lo “sfruttamento” dei corsi d’acqua sia a fini commerciali che industriali. La sua organizzazione all’inizio potrebbe ispirarsi all’assetto che venne creato in Europa con la CECA istituendo una Alta Autorità (con scopi consultivi per favorire i lavori del Consiglio) composto per es. da 11 membri, due per Stato cui aggiungere un ulteriore membro scelto tra i cinque paesi fondatori consentendo il voto a maggioranza; una Assemblea comune (dando così un ruolo politico all’esistente Parlasur), ove discutere l’approvazione di leggi e gli sviluppi della Comunità stessa; un Consiglio dei Ministri (uno per paese); e una Corte di Giustizia per risolvere eventuali controversie (come oggi nel caso apertosi tra Paraguay e Argentina, con il Paraguay che minaccia il ricorso ad un arbitrato internazionale). Inoltre, questa Corte colmerebbe una mancanza che oggi ha il MERCOSUR, privo di una propria Corte di Giustizia.

L’assetto organizzativo è importante, ma nella fase iniziale la questione di fondo resta politica. Quale paese, tra i cinque membri del MERCOSUR, ha il coraggio di sostenere la creazione di una Comunità che si occupi della gestione e dello sviluppo dei corsi d’acqua? Ogni singolo paese potrebbe farsi promotore, ma nel contesto attuale è l’Argentina che potrebbe e dovrebbe assumere un ruolo di leadership, uscendo così dal proprio labirinto e dandosi un ruolo di più ampio orizzonte.

È il paese ove convergono tutte le acque dei grandi fiumi nel Rio de la Plata ed ha la maggiore responsabilità del traffico fluviale nel tratto finale. Sul piano politico la nuova Presidenza argentina, che in più occasioni ha criticato il MERCOSUR, potrebbe imporre una svolta ai progetti di integrazione dando un proprio imprimatur al nuovo organismo comunitario che, di riflesso, implicherebbe un ripensamento al ruolo e alle funzioni dell’intero MERCOSUR, un tema sottolineato da tutti i Presidenti degli Stati membri. I problemi della regione non si risolvono con soluzioni di tipo nazionale o con semplici accordi bilaterali, ma solo attraverso la condivisione di politiche comuni che rendono necessaria una maggiore integrazione. Non vi è nulla di nuovo nel proporre una integrazione per tappe che porti alla unione politica di quest’area del mondo. Era questo il sogno dei Libertadores Bolívar e San Martín che per primi, nel guidare la lotta per l’indipendenza dalla Spagna scrivevano della necessità di una federazione dell’intero mondo latino-americano.


[1] L’Argentina è indipendente dal 1816.

[2] A proposito della figura del neopresidente si veda: A. Iglesias, Il fenomeno Milei, L’Unità Europea, n.6, (2023).

[3] H. Herring, Storia dell’America Latina, Milano, Rizzoli, 1972, p. 1067. Lo stesso destino di relativo benessere nell’immediato dopo guerra favorì le economie di Uruguay e Brasile.

[4] I cosiddetti descamisados.

[5] M. Aguinis, L’atroce incanto di essere argentini, in M. Chierici (a cura di), Non piangere Argentina: tornano i peronisti, , Roma, L’Unità, maggio 2003.

[6] L’Argentina è una Repubblica presidenziale federale.

[7] A titolo di esempio, nel gennaio 2022 l’inflazione dichiarata era al 38%, nello stesso mese del 2023 era già al 70% e a fine anno al 150%.

[8] Protocolo de Usuhuaia sobre compromiso democrático, 24 luglio 1998 e successive modifiche.

[9] Per un approfondimento della crisi del Mercosur e dello scarso peso politico del Parlasur si veda: S. Spoltore, L’incerto futuro del Mercosur, Il Federalista, 62 n.1-2 (2020).

[10] Negoziati UE/Mercosur rinviati a fine 2024, Ultimahora.com , 21 febbraio 2024. Oppure Boletin Parlasur, 21 febbraio 2024. Il tema dell’ennesimo rinvio della firma dell’Accordo risente anche delle manifestazioni del mondo agricolo europeo in generale contrario all’intesa. A questo proposito si veda: S. Spoltore, L’Accordo UE-Mercosur tra ipocrisie e rilancio, L’Unità Europea, n. 4 (2023).

[11] Lungo il fiume Paraguay vi sono circa quaranta porti fluviali che garantiscono allo Stato omonimo di disporre di una vera flotta navale, così come alla Bolivia che vede concentrato il proprio naviglio in particolare nel porto Busch lungo il fiume Paraguay prima che questi entri nel territorio paraguayano.

[12] Il Centro de Estudios è stato istituito nel 2011 come centro di ricerca indipendente voluto dall’UNASUR (Unione degli Stati del Sud America). Ha sede a Buenos Aires.

[13] Si veda: S. Spoltore, Brasile e Argentina al bivio nel Mercosur, Il Federalista, 54 n. 3 (2012).

[14] Si veda: NewsletterCorriere/mondo-capovolto, 14 settembre 2023.

[15] Per un approfondimento delle quote di energia prodotta e il loro costo si veda: Boletin Parlasur, Buenos Aires, Telam, 15 gennaio 2024.

[16] Bolivia, progetto idroelettrico tra Bala Gorge tra natura e indios, Il Caffè Geopolitico, 3 marzo 2017.

 

 

 

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