Anno LX, 2018, Numero 1, Pagina 20
Prospettive di completamento dell’Unione economica e monetaria tra proposte comunitarie e spinta franco-tedesca
LUCA LIONELLO
1. Introduzione.
Contro molti pronostici, il voto sulla Brexit non ha segnato l’inizio della fine dell’Unione europea, ma al contrario ha proiettato quest’ultima in una fase nuova del processo di integrazione, dove, scomparsi i comodi alibi offerti dal veto britannico, i governi si stanno finalmente confrontando su diversi progetti circa la creazione di una difesa comune,[1] la lotta al terrorismo, la gestione delle politiche migratorie[2] e soprattutto il completamento dell’Unione economica e monetaria (UEM). La creazione di un governo economico della zona euro è diventato sotto molto aspetti la questione cruciale su cui si sta giocando l’effettivo rilancio del processo di unificazione europea, dal momento che intorno a questo progetto si sono resi ormai necessari quei trasferimenti di sovranità che possono trasformare l’Europa in una vera unione politica. Per questo motivo, dopo il referendum sulla Brexit, si sono moltiplicate le proposte relative al completamento dell’UEM. Nel maggio 2017 il governo spagnolo ha suggerito la creazione di un bilancio della zona euro ed una riforma del Patto di Stabilità e Crescita.[3] Nel settembre 2017 il Presidente francese Emmanuel Macron ha tenuto un discorso solenne alla Sorbona dove ha affermato l’urgente necessità di creare “un Europea unita, sovrana e democratica” ed ha proposto il completamento dell’UEM attraverso la creazione di un bilancio separato della zona euro sotto controllo parlamentare.[4] Pochi mesi dopo nel dicembre 2017 la Commissione europea ha ufficializzato una serie di proposte sul rafforzamento dell’unione economica volte a creare nuovi strumenti di governance ed assorbire nel quadro comunitario le riforme intergovernative adottate nella fase più grave della crisi del debito sovrano.[5] Infine la riforma della zona euro è diventata una delle questioni principali su cui si sta negoziando la creazione di una nuova grande coalizione in Germania tra conservatori e socialdemocratici dopo le elezioni dell’autunno 2017.[6]
Considerando il dibattito politico attuale e la sua importanza per il futuro del processo di integrazione europea, il presente articolo ha lo scopo di analizzare le diverse proposte avanzate finora e verificare quali siano le principali problematiche giuridiche che si pongono in vista del completamento dell’Unione economica e monetaria.
2. L’Unione economica e monetaria oggi.
Prima di analizzare le proposte di riforma è necessario dare conto brevemente delle caratteristiche attuali dell’Unione economica e monetaria. La creazione della moneta unica è stata decisa a Maastricht nel 1992 ed è stata realizzata in seguito ad un processo di convergenza tra i Paesi partecipanti durato quasi dieci anni. Questo progetto ha segnato un significativo passo in avanti nel processo di integrazione europea dal momento che la moneta rappresenta uno degli attributi fondamentali dell’autorità statale e richiede una forte integrazione economica e politica tra gli Stati membri. La Banca centrale europea (BCE) è oggi responsabile della politica monetaria nella zona euro e la esercita in piena indipendenza perseguendo l’obbiettivo primario della stabilità dei prezzi. La condivisione della sovranità monetaria a livello europeo non è stata seguita tuttavia dalla creazione di una corrispondente capacità fiscale comune. Gli Stati membri si sono rifiutati di attribuire questa competenza alle istituzioni europee e rimangono pertanto l’unica autorità in grado di raccogliere e spendere risorse pubbliche. Non potendo godere di un potere autonomo di tassazione, né della capacità di fare debito,[7] l’Unione europea gestisce oggi un piccolo bilancio che essenzialmente si finanzia grazie ai contributi nazionali e si occupa del corretto funzionamento del mercato interno.[8] Al fine di garantire la convergenza delle politiche economiche all’interno dell’Eurozona ed una sufficiente solidità dei bilanci nazionali in caso di crisi, l’Unione economica ha adottato un “modello di sorveglianza”[9] secondo cui le politiche di bilancio restano una competenza nazionale, ma vengono coordinate a livello europeo dalla Commissione e dal Consiglio, che esercitano poteri di vigilanza e sanzione in caso di grave inadempimento. Alla luce di queste importanti differenze è possibile individuare all’interno dell’UEM una fondamentale asimmetria tra l’unione economica, basata sul coordinamento delle autorità sovrane nazionali, e l’unione monetaria, dotata invece di una sovranità europea indipendente da quella degli Stati membri.
Lo scoppio della crisi del debito sovrano nel 2009 ha dimostrato tutte le debolezze derivanti dall’asimmetria tra unione economica e monetaria obbligando gli Stati membri e le istituzioni comunitarie ad affrontare un difficile processo di riforma.
Innanzitutto è stato creato un meccanismo di emergenza volto a garantire un’assistenza finanziaria condizionata ai paesi che soffrono gravi difficolta di finanziamento quando è a rischio la stabilità dell’eurozona nel suo complesso. Dopo l’istituzione di alcuni meccanismi provvisori nel 2010,[10] i paesi dell’area euro hanno creato nel 2012 il Meccanismo europeo di stabilità (MES) attraverso un accordo intergovernativo al di fuori dei Trattati europei. Il MES può fornire prestiti, aprire linee di credito, acquistare bond statali sul mercato primario e secondario e garantire ricapitalizzazioni dirette e indirette al sistema bancario. Tale aiuto può essere fornito su richiesta del paese interessato a condizione che quest’ultimo rispetti un programma di aggiustamento del suo sistema economico e finanziario da concordarsi con i paesi creditori in un Memorandum of Understanding. La Commissione europea gioca un ruolo importante nel negoziato e nella vigilanza sul rispetto delle condizioni del prestito.
Il secondo processo riformatore ha riguardato la supervisione sulle politiche economiche e di bilancio nazionali.[11] La vigilanza europea è stata rafforzata introducendo la possibilità di sanzioni semiautomatiche in caso di inadempimento delle regole sulla gestione della finanza pubblica. La Commissione e il Consiglio hanno poi iniziato a monitorare la solidità degli Stati considerando non solo i parametri del deficit e del debito, ma anche gli squilibri macroeconomici. Infine è stata adottata una procedura di adozione assistita dei bilanci nazionali che segue passo dopo passo il ciclo di bilancio dei Paesi membri da gennaio a dicembre, senza tuttavia dotare le istituzioni comunitarie di un vero e proprio diritto di veto. Nel quadro del rafforzamento della disciplina fiscale, 25 Stati membri dell’Unione hanno firmato il Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance (TSCG, comunemente conosciuto come Fiscal Compact) la cui principale innovazione è stata l’obbligo di introdurre nel sistema costituzionale dei Paesi partecipanti la regola del pareggio di bilancio.[12]
Il terzo processo riformatore ha infine riguardato l’istituzione dell’unione bancaria al fine di interrompere il circolo vizioso tra crisi bancaria e del debito sovrano, che stava destabilizzando la zona euro. All’interno di questo progetto sono stati già completati alcuni pilastri: nel 2013 è stato istituto un Meccanismo di supervisione unico con a capo la BCE in grado di vigilare sul rispetto delle regole prudenziali,[13] mentre nel 2014 è stato creato un Meccanismo di risoluzione unico dotato di un Fondo unico di risoluzione[14] col compito di sostenere e ristrutturare i singoli istituti in crisi.[15] Restano invece ancora incompleti gli altri pilastri dell’Unione bancaria, ovvero una garanzia comune sui depositi a livello europeo ed il sostegno fiscale di emergenza in caso di crisi bancarie sistemiche.
Parallelamente a queste riforme, la crisi ha richiesto l’intervento straordinario della BCE che grazie ad alcune misure non convenzionali è riuscita a garantire la stabilità del sistema finanziario e dell’unione monetaria. Fra queste si possono ricordare le forniture di liquidità di emergenza al sistema bancario europeo a partire dal 2009,[16] i programmi di acquisto dei bond sovrani degli Stati sotto attacco della speculazione finanziaria (Securities Market Programme e Outright Monetary Transactions)[17] che impedivano il corretto funzionamento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria ed il Quantitative Easing[18] volto a scongiurare i rischi di deflazione nella zona euro.
3. Le perduranti fragilità dell’UEM.
Le riforme della governance economica adottate finora hanno avuto l’importante merito di gestire la situazione di emergenza creatasi in seguito allo scoppio della crisi del debito sovrano, ma non sono riuscite a superare le fragilità strutturali sottostanti l’asimmetria tra l’unione economica e l’unione monetaria.
La prima difficoltà riguarda il rispetto della disciplina di bilancio. Quando gli Stati membri di un’unione monetaria mantengono una piena capacità fiscale, tendono a cedere al così detto “azzardo morale” nella gestione della loro politica di bilancio: la spesa pubblica viene aumentata oltre livelli sostenibili nella consapevolezza che i costi dell’indebitamento eccessivo saranno condivisi con gli altri Paesi. Ciò avviene in due modi.[19] Da un parte la crescita del deficit in uno Stato membro aumenta automaticamente i costi di finanziamento per gli altri. D’altra parte, se un Paese dell’unione monetaria si indebita così tanto da rischiare la bancarotta, i pericoli di contagio obbligano gli altri governi a politiche di salvataggio in extremis e la banca centrale a monetizzare in tutto o in parte il suo debito pubblico.
La seconda difficoltà riguarda l’incapacità dell’UEM di assorbire shock economici che possono colpire l’economia europea nelle fasi negative del ciclo economico. Con la sola eccezione di crisi sistemiche per le quali il MES può fornire solo un aiuto condizionato di emergenza, i Paesi europei dispongono di capacità diverse per gestire periodi di depressione e di stagnazione. Allo stesso tempo, anche la capacita dei governi di modernizzare il loro sistema economico attraverso l’adozione di riforme strutturali non è la stessa. Il risultato è una zona euro divisa e disomogenea, dove gli Stati membri presentano condizioni economiche divergenti e i cittadini conoscono livelli di benessere e tutela diversi a seconda di dove vivono.
Accanto alle debolezze strutturali relative alla stabilità e alla convergenza, l’Unione economica presenta un altro deficit strutturale che riguarda invece specificatamente la legittimazione e il consenso circa le decisioni prese all’interno della governance economica. L’adozione di un modello fondato sulla sorveglianza sempre più stretta e rigida dei bilanci nazionali ha fatto sì che il controllo democratico sulla gestione delle politiche fiscali nazionali si indebolisse e che le regole europee sul coordinamento venissero percepite sempre più come imposte da organi tecnici o intergovernativi, piuttosto che da istituzioni responsabili davanti ai cittadini. La disaffezione verso le autorità europee è aumentata soprattutto nel periodo successivo alla crisi quando molti Paesi sono stati obbligati ad adottare misure di austerità per consolidare rapidamente la loro finanza pubblica e riacquistare la fiducia dei mercati e dei partner. Il così detto “dialogo inter-istituzionale” tra organi intergovernativi che decidono (il Consiglio) e organi parlamentari che devono essere informati e possono chiedere spiegazioni di merito sulle scelte politiche (Parlamento europeo e parlamenti nazionali) è chiaramente insufficiente a garantire un effettivo controllo democratico sui meccanismi della governance economica.
4. Il completamento dell’unione economica: le proposte della Commissione.
La Commissione europea ha svolto un ruolo molto importante nel processo di riforma dell’unione economica. Sin dallo scoppio della crisi del debito sovrano ha promosso diverse iniziative legislative volte al rafforzamento della governance dell’area euro e all’istituzione dell’Unione bancaria. Prova di ciò è stata la riforma del Patto di stabilità e crescita tramite l’adozione del così detto Six Pack e Two Pack, nonché l’istituzione del Meccanismo unico di vigilanza e il Meccanismo unico di risoluzione nel quadro dell’Unione bancaria. Allo stesso tempo la Commissione è stata anche promotrice di un processo di riforma più vasto e strutturale dell’Unione economica e monetaria. In una serie di documenti ufficiali la Commissione Barroso prima e quella Juncker poi hanno sviluppato un’analisi approfondita dei deficit dell’attuale UEM ed hanno identificato una serie di progetti in grado di colmare queste lacune.[20] In seguito al referendum sulla Brexit, la spinta riformatrice della Commissione ha accelerato sul fronte del completamento dell’UEM. Nel Discorso sullo Stato dell’Unione del 13 settembre 2017, il Presidente Juncker ha avanzato diverse idee sul rafforzamento della governance della zona euro che sono state poi esplicitate lo scorso dicembre in alcune proposte legislative della Commissione europea da attuarsi entro il 2025.
Una prima proposta consiste nell’incorporazione degli strumenti intergovernativi creati nella fase più critica della crisi del debito sovrano all’interno del quadro giuridico dei Trattati. Da una parte il Fondo monetario europeo (FME) dovrebbe prendere il posto del Meccanismo europeo di stabilità grazie all’attivazione della clausola di flessibilità ex art. 352 TFEU.[21] Ancorandosi al quadro giuridico comunitario il FME estenderebbe le sue competenze: oltre a fornire sostegno finanziario condizionato di ultima istanza ai Paesi euro in crisi, potrebbe garantire un sostegno (backstop) al Fondo di risoluzione unico nel quadro di un’unione bancaria più solida. D’altra parte, il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance (Fiscal Compact) dovrebbe essere recepito in una nuova direttiva europea.[22] Lo scopo è quello di semplificare il quadro giuridico del coordinamento economico e permettere un monitoraggio migliore e continuo sull’adempimento del patto nell’ambito dell’Unione europea.
La seconda proposta riguarda la creazione di una linea di bilancio per la zona euro all’interno del bilancio dell’Unione europea.[23] Si tratta del progetto più significativo e dell’unica vera innovazione avanzata nel pacchetto legislativo della Commissione. Lo scopo di questa riforma è quello di rendere il bilancio dell’UE capace di una vera stabilizzazione economica, oltre che delle funzioni che già svolge a sostegno del mercato interno. La proposta identifica in particolare quattro compiti che la nuova linea di bilancio dovrebbe essere in grado di realizzare: promuovere e sostenere le riforme strutturali negli Stati membri per aumentare la resilienza delle strutture economiche e migliorare la convergenza dei risultati; aiutare gli Stati membri della zona euro a rispondere meglio alle circostanze economiche in rapida evoluzione e a stabilizzare la propria economia in caso di gravi shock asimmetrici; facilitare la convergenza degli Stati membri in vista della loro adesione all’euro; spezzare il legame tra il debito sovrano e la situazione delle banche al fine di ridurre i rischi sistemici e rafforzare la capacità di risposta collettiva a eventuali gravi dissesti bancari. La proposta rimane vaga sulla quantità di risorse effettivamente necessarie per rendere il bilancio UE davvero capace di svolgere queste nuove funzioni. Al momento non viene previsto un aumento del livello complessivo della spesa, dal momento che incrementi sostanziali delle risorse disponibili saranno possibili solo nel nuovo quadro finanziario pluriennale post-2020.
Infine, l’ultima proposta riguarda il rafforzamento del quadro istituzionale della zona euro tramite la creazione di un ministro dell’economia e delle finanze europeo che sappia svolgere un ruolo di coordinamento e di interlocuzione nelle diverse procedure di governance.[24] Il ministro diventerebbe vicepresidente della Commissione europea nell’ambito della nomina della prossima Commissione a partire dal novembre 2019. Allo stesso tempo, l’Eurogruppo potrebbe decidere a livello informale di eleggere tale figura come suo presidente per due mandati consecutivi, accettando quindi di allinearne il mandato con quello della Commissione.
5. I limiti della via comunitaria alla creazione di un’unione fiscale.
Le proposte della Commissione per il completamento dell’unione economica hanno il merito di identificare i deficit più gravi dell’attuale sistema di governance e di indicare la giusta direzione da intraprendere per tentare di colmarli. In particolare la creazione di una capacità di bilancio in grado di garantire la stabilità dell’area euro nel suo complesso e promuovere la convergenza rappresenterebbe di certo un passo in avanti decisivo per bilanciare l’asimmetria tra l’unione monetaria e l’unione economica. Anche l’individuazione di una figura responsabile per la politica economica, ove venisse investita di veri poteri e fosse in effetti responsabile davanti ai rappresentanti dei cittadini, potrebbe aiutare a colmare il deficit democratico che ha da sempre caratterizzato la governance dell’area euro. Dall’analisi delle proposte della Commissione appena descritte, tuttavia, emergono anche una serie di limiti, che potrebbero ostacolare l’effettivo completamento dell’unione economica.
Una prima difficoltà riguarda il piano delle risorse. Nessuna nelle proposte della Commissione prevede la creazione di una capacità di stabilizzazione che sia allo stesso tempo autonoma dai governi e sufficiente ad assorbire crisi economiche di dimensioni rilevanti. Da una parte il futuro Fondo monetario europeo, così come concepito nella proposta della Commissione, entrerebbe sì a far parte del quadro giuridico comunitario, ma gli Stati membri resterebbero i proprietari esclusivi delle sue risorse. Come afferma infatti l’art. 8 del progetto di Statuto del FME, “la responsabilità di ciascun membro dell’FME è in ogni caso limitata alla sua quota di capitale autorizzato al relativo prezzo di emissione. Nessun membro dell’FME può essere considerato responsabile, in virtù della sua appartenenza al Fondo, degli obblighi da questo contratti.” Prova di ciò è che le regole circa l’attivazione del FME rimarrebbero pressoché le stesse del MES, ovvero quasi sempre voto all’unanimità o a maggioranza qualificata rafforzata dell’85% dei capitali sottoscritti, il che garantirebbe a Germania, Francia e Italia un diritto di veto.[25] Considerando invece la linea di bilancio all’interno dell’Unione europea, il limite principale riguarda la quantità di risorse a disposizione di questo progetto. La Comunicazione della Commissione rimane essenzialmente vaga a tal proposito, pur individuando una serie di nuove funzioni, tra cui convergenza, stabilizzazione e promozione delle riforme, che sicuramente richiederebbe una mobilitazione ingente di capitali. Gli unici riferimenti riguardano da una parte i 300 milioni di euro che la Commissione vorrebbe mettere subito a disposizione delle riforme strutturali per il periodo fino al 2020, dall’altra i pagamenti netti complessivi pari ad almeno l’1% del PIL UE che il prossimo quadro finanziario pluriennale dovrebbe mettere in conto per la stabilizzazione della zona euro in caso di shock. La Comunicazione della Commissione è invece molto chiara nel ribadire che la creazione di una linea di bilancio per la zona euro non metterebbe in discussione il principio del pareggio di bilancio dell’Unione europea, né tanto meno richiederebbe la creazione di titoli di debito europeo o di tasse europee essendo ancora basato su contributi nazionali o auspicabilmente su nuove risorse proprie. A queste condizioni è chiaro che il bilancio della zona euro all’interno del bilancio dell’UE avrebbe un ruolo poco più che simbolico, essendo capace di mobilitare sì alcune risorse per favorire la ripresa economica e le riforme strutturali, ma efficaci solo in un contesto di crisi limitato che riguardi singoli paesi.[26]
La seconda difficolta riguarda le modalità di attuazione della riforma. L’adozione delle proposte della Commissione per il completamento dell’Unione economica richiede infatti il consenso di tutti gli Stati membri, inclusi coloro che non fanno parte della zona euro e, fino al marzo 2019, perfino del Regno Unito. Per quanto riguarda il FME la base giuridica prevista è la clausola di flessibilità ex art. 352 TFEU, secondo cui, quando l’unione manca di un potere necessario per il perseguimento dei suoi obbiettivi, il Consiglio, su proposta della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo, può adottare le misure necessarie. Al fine di attuare questa procedura, tuttavia, è necessario che tutti i governi degli Stati rappresentati in seno al Consiglio siano d’accordo, avendo ciascuno un diritto di veto sull’attivazione della clausola. Una simile difficoltà si pone anche per la creazione della linea di bilancio per la zona euro all’interno dell’attuale bilancio dell’UE. Infatti se quest’ultimo venisse introdotto, come prevede la Commissione, nel prossimo quadro finanziario pluriennale per il periodo successivo al 2020, sarebbe necessario un voto unanime da parte del Consiglio come previsto nella procedura di cui all’art. 312 (2) TFEU. In conclusione, l’introduzione di meccanismi specifici per la zona euro nel quadro comunitario a 28 Stati membri, richiede necessariamente di passare dalle forche caudine del voto all’unanimità, il che significa dare un diritto di veto a ogni Stato membro. In questa situazione non è dunque impensabile che i Paesi ostili alla creazione di una sovranità fiscale europea, anche embrionale, ostacolino le riforme nel timore di essere un giorno anch’essi vincolati a questo processo di condivisione del potere. Ciò è tanto più plausibile per quei governi che al momento sono oggetto di una procedura di sorveglianza speciale da parte della Commissione per la violazione dei principi dello stato di diritto[27] o che si oppongono al piano di ricollocamento dei rifugiati su scala europea.[28] Evidentemente sottoporre il voto sulle riforme dell’eurozona all’unanimità degli Stati membri, garantirebbe loro un’arma di ricatto politico formidabile.
L’ultima grave lacuna riscontrabile nelle proposte della Commissione sul completamento della governance della zona euro riguarda il superamento del deficit democratico. I nuovi meccanismi di cui l’ordinamento comunitario dovrebbe dotarsi non prevedono infatti alcun ruolo di rilievo per le istituzioni rappresentative dei cittadini. Per quanto riguarda il FME è previsto un semplice dialogo inter-istituzionale con i parlamenti nazionali ed europeo, i quali restano tuttavia esclusi dal processo decisionale. Infatti, il FME deve presentare ogni anno al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione una relazione sullo svolgimento dei suoi compiti, insieme ai conti annuali e al rendiconto finanziario. Allo stesso tempo, il direttore generale può, su richiesta del Parlamento europeo o di propria iniziativa, essere ascoltato dalle commissioni competenti del Parlamento europeo in merito allo svolgimento dei compiti del FME. Specularmente, i parlamenti nazionali possono solo essere informati e richiedere maggiori delucidazioni circa l’attività del Fondo. Le vere decisioni verrebbero invece prese esclusivamente a livello intergovernativo da parte del Consiglio dei governatori, così come avviene oggi per il MES. Passando all’analisi della proposta della linea di bilancio aggiuntiva per la zona euro, è vero che il Parlamento europeo ha pieni poteri per l’adozione annuale del bilancio dell’UE insieme al Consiglio. Tuttavia, non va dimenticato che il margine d’azione entro cui gli esercizi annuali vanno approvati resta il Quadro finanzio pluriennale, dove notoriamente il Parlamento resta subordinato al Consiglio, potendo solo approvare quanto quest’ultimo ha già deciso all’unanimità. In generale, non si intravede nella riforma la volontà di coinvolgere le istituzioni rappresentative dei cittadini europei nei processi decisionali circa i nuovi strumenti di politica fiscale, di cui l’Unione dovrebbe finalmente dotarsi.
6. Il discorso di Macron sul futuro dell’Europea.
Gli ostacoli giuridici e politici con cui le proposte della Commissione europea si dovranno confrontare sono la prova che la creazione di una vera unione fiscale all’interno della zona euro rappresenta un processo complesso ed ambizioso che non può essere risolto con riforme limitate nel quadro giuridico esistente, ma richiede l’avvio di una profonda riforma dell’ordinamento giuridico europeo e nazionale. Infatti, la competenza fiscale, ancora di più di quella monetaria, incide sul vero nucleo della sovranità statale perché determina le risorse a disposizione delle altre politiche per il raggiungimento dei loro obbiettivi. In questo senso la creazione di un’autorità fiscale a livello europeo necessariamente inciderà sulla Kompetenz-Kompetenz,[29] ovvero sulla capacità dell’Unione di decidere delle proprie competenze e quindi di auto-determinarsi, quale ente sovrano.[30] La creazione di una fiscalità comune rappresenterebbe da questo di vista un passo in avanti molto ambizioso verso la creazione di un’unione politica europea.
Alla luce di queste considerazioni le giuste ambizioni della Commissione europea di dotare la zona euro di un vero bilancio autonomo possono essere credibili e pienamente efficaci soltanto se i detentori della sovranità in ultima istanza, cioè i governi nazionali, intendono superare i limiti dell’attuale quadro comunitario. Per quanto inaspettato e sotto molto punti di vista incredibile, è quanto sembra stia avvenendo oggi nel dibattito politico tra Francia e Germania. Il Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron ha notoriamente fatto della rifondazione dell’Europa il centro della sua campagna elettorale e dopo la sua elezione ha ribadito con forza la necessità di rilanciare il progetto europeo con una serie di proposte concrete a partire dalla zona euro. Allo stesso tempo, l’attuale negoziato tra conservatori e socialdemocratici in Germania per la formazione di un nuovo governo di grande coalizione ha al centro proprio il progetto di riforma e di completamento dell’unione economica.
Un contributo molto importante al dibattito politico sulla riforma costituzionale della zona euro è stato dato dal Presidente francese in un recente discorso tenuto all’Università Sorbona il 26 settembre 2017, dove Macron ha proposto il suo progetto per la creazione un’Europa sovrana, unita e democratica.[31] La creazione di una sovranità europea dovrebbe riguardare diverse politiche, dalla sicurezza comune alla lotta contro il terrorismo e la criminalità, dalla gestione delle politiche migratorie allo sviluppo tecnologico, digitale ed ecologico. Sono queste le materie in cui la globalizzazione ha privato i singoli Stati nazionali di un’effettiva sovranità, che può essere riacquistata solo creando strumenti comuni a livello europeo. Il cuore del discorso della Sorbona di Macron ha tuttavia toccato ancora una volta il processo di unione fiscale ed in particolare la creazione di un bilancio separato per la zona euro al di là del quadro comunitario esistente. Sotto il profilo delle risorse Macron individua appunto la possibilità di creare “tasse europee”, ad esempio sulle società, sulle transazioni finanziarie, su prodotti inquinanti, quali il carbone, e sul web. Così finanziato il bilancio sarebbe secondo il Presidente francese in grado di svolgere alcune funzioni fondamentali quali garantire la stabilità della zona euro contro gli shock economici, promuovere la convergenza fra i Paesi membri e soprattutto finanziarie beni comuni europei nel campo della sicurezza, dell’immigrazione, della tecnologia digitale, dell’ecologia e dell’industria europea. Un altro importante aspetto della proposta di Macron è che il bilancio della zona euro dovrà necessariamente avere una forte guida politica nelle mani di un Ministro europeo per le finanze e dovrà essere sottoposto ad uno stretto controllo parlamentare a livello europeo. Non vengono menzionate nel discorso del Presidente francese una serie di proposte avanzate in precedenza dal governo di Parigi, come la creazione di euro bond, la condivisione del debito già esistente e l’istituzione di un Parlamento separato per la zona euro.
Si tratta evidentemente di un discorso coraggioso e ambizioso. Non è dato sapere ancora se il Presidente francese saprà tenere fede alle promesse e rispondere alle grandi aspettative che ha suscitato o se preferirà ripiegare su progetti meno ambiziosi per la Francia e per l’Europa. Molto dipenderà da quale governo si darà la Germania nei prossimi mesi. È importante tuttavia notare che le proposte di Macron sono state accompagnate dall’abbattimento del tabù della riforma dei Trattati,[32] che la Francia aveva ritenuto intoccabile per lungo tempo, e da un nuovo impegno ad adottare un serio piano di riforme strutturali a livello nazionale. Il merito maggiore del discorso della Sorbona resta comunque l’aver messo a fuoco la vera posta in gioco nel processo di completamento dell’UEM, ovvero la creazione di un nucleo di sovranità europea.
7. Conclusioni.
I limiti posti dalla base giuridica esistente fanno pertanto sì che la creazione di un’autorità fiscale della zona euro responsabile davanti ai cittadini possa avere successo solo nel quadro di una riforma molto ampia dei Trattati esistenti. Tale progetto dovrebbe adottare il modello di integrazione differenziata su due centri concentrici, con al cuore la zona euro ormai dotata di una vera unione fiscale. In questa prospettiva è molto importante che Stati membri e istituzioni comunitarie sappiano trovare un progetto comune con cui rilanciare il processo di integrazione in vista delle prossime elezioni del Parlamento europeo nella primavera del 2019.
[1] L’11 dicembre 2017 il Consiglio ha adottato per esempio la cooperazione strutturata permanente nel settore della politica di sicurezza e di difesa (PESCO). Cfr a questo indirizzo.
[2] Parlamento e Consiglio stanno discutendo la riforma del Regolamento di Dublino sulla gestione delle domande di richiesta d’asilo. Cfr. Progetto di risoluzione legislativa del Parlamento europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (rifusione) [COM(2016)0270 – C8-0173/2016 – 2016/0133(COD)].
[3] Cfr. T. Buck, Spain urges sweeping reforms on eurozone to correct flaws, Financial Times, 14 giugno 2017.
[4] Initiative pour l’Europe - Discours d’Emmanuel Macron pour une Europe souveraine, unie, démocratiqu, Parigi, 26 settembre 2017. Testo disponibile.
[5] Commissione europea, comunicato stampa, La Commissione definisce una tabella di marcia per l’approfondimento dell’Unione economica e monetaria dell’Europa, Bruxelles, 6 dicembre 2017.
[6] Union und SPD wollen Verhandlungen bis 4. Februar abschließen, Suddeutsche Zeitung, 26 gennaio 2018.
[7] L’art. 310 TFEU stabilisce che entrate e spese del bilancio UE devono risultare in pareggio.
[8] Il bilancio annuale dell’UE ammonta a circa l’1% del PIL generato dagli Stati membri. Viene regolato dal quadro finanziario pluriennale che stabilisce gli importi massimi annui che l’UE può spendere. Le entrate consistono in risorse proprie tradizionali (dazi doganali e prelievi agricoli), un’aliquota uniforme pari allo 0,3% sulla base armonizzata dell’IVA di ogni Stato e per la maggior parte da contributi nazionali proporzionali al reddito nazionale lordo (RNL) di ciascun Paese. Le maggiori voci di spesa sono la politica agricola comune e la politica di coesione.
[9] A. Hinarejos, Fiscal Federalism in the European Union: Evolution and Future Choices for EMU, Common Market Law Review, 50 (2013), p. 1621.
[10] Il Fondo europeo di stabilità finanziaria era una società a responsabilità limitata di diritto lussemburghese tra i paesi euro creata in forza di una decisione assunta all’Eurogruppo il 7 giugno 2010. Ha avuto una durata triennale ed una dotazione di 440 miliardi di euro. Il Meccanismo europeo di stabilità finanziaria era invece un fondo garantito dal bilancio europeo, creato con il Regolamento del Consiglio 407/2010 sulla base dell’art. 122 (2) TFUE. Ha avuto una dotazione di 60 miliardi di euro.
[11] Il processo di riforma è avvenuto in due fasi. Nel novembre 2011 è stato adottato il così detto Six Pack composto da: Regolamento n. 1173/11 sull’effettiva applicazione della sorveglianza di bilancio nell’area euro; Regolamento (UE) n. 1174/11 sulle misure per la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi nell’area dell’euro; Regolamento (UE) n. 1175/11 sulla riforma del Regolamento (CE) n. 1466/97; Regolamento n. 1176/2011 (UE) sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici; Regolamento n. 1177/11 (UE) sulla riforma del Regolamento (CE) n. 1467/11; Direttiva (UE) 2011/85 relativa ai requisiti per i quadri di bilancio. La riforma è stata completata dal così detto Two Pack approvato nel maggio 2013 e composto da: Regolamento (UE) n. 472/11 sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria; Regolamento (UE) n. 473/13 sulle disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli stati membri della zona euro.
[12] L’art. 3 del Trattato prevede che “la posizione di bilancio della pubblica amministrazione di una parte contraente sia in pareggio o in avanzo”.
[13] Regolamento (UE) n. 1024/2013 che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi.
[14] Regolamento (UE) n. 806/2014 che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del Fondo di risoluzione unico e che modifica il Regolamento (UE) n. 1093/2010.
[15] Il Fondo di risoluzione unico viene utilizzato per la risoluzione delle banche in dissesto quando sono esaurite le altre opzioni. Le sue risorse (€ 55 miliardi) provengono dai contributi del settore bancario.
[16] Cfr. The ECB’s enhanced credit support, Keynote address by Jean-Claude Trichet, President of the ECB, Università di Monaco, 13 luglio 2009.
[17] Il Securities Market Programme è stato istituito con la decisione della Banca centrale europea del 14 maggio 2010 che istituisce un programma per il mercato dei titoli finanziari. (BCE/2010/5). Le Outright Monetary Transactions sono state invece istituite con la decisione del Consiglio direttivo della BCE del 6 settembre 2012 in materia di caratteristiche tecniche delle operazioni definitive monetarie.
[18] La BCE ha lanciato il programma di Quantitative Easing il 22 gennaio 2015. Cfr. Comunicato stampa della Banca centrale europea: La BCE annuncia un programma ampliato di acquisto di attività.
[19] Cfr. P. De Grauwe, Economics of Monetary Union, Oxford, Oxford University Press, 2016, p. 225.
[20] Nel novembre del 2012 è stato pubblicato un Blue Print sull’UEM dove viene proposta una serie di riforme a corto, medio e lungo termine che dovrebbero garantire la stabilità del progetto tramite l’istituzione di una serie di nuove unioni accanto a quella monetaria, in particolare l’unione bancaria, l’unione fiscale e l’unione politica. Nel giugno 2015 il Presidente Juncker ha pubblicato in cooperazione con i Presidenti delle altre istituzioni europee un Report sul completamento dell’Unione economica e monetaria.
[21] Proposta di Regolamento del Consiglio sull’istituzione del Fondo monetario europeo, COM (2017) 827 final.
[22] Proposta di Direttiva del Consiglio che stabilisce disposizioni per rafforzare la responsabilità di bilancio e l’orientamento di bilancio a medio termine negli Stati membri, COM (2017) 824 final.
[23] Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio e alla Banca centrale europea - Nuovi strumenti di bilancio per una zona euro stabile nel quadro dell’unione, COM (2017) 822 final.
[24] Comunicazione della Commissione su un Ministro europeo dell’economia e delle finanze, COM (2017) 823 final.
[25] Cfr. art. 5 del Progetto di Statuto del FME nell’allegato alla proposta di regolamento del Consiglio sull’istituzione del Fondo monetario europeo, COM (2017) 827 final.
[26] Gli economisti dibattono sulle dimensioni ideali di una funzione stabilizzatrice per la zona euro. Il Rapporto Mac Dougall del 1977 notoriamente identificava un aumento costante del bilancio, in particolare fino al 2,0% - 2.5% del PIL in una fase pre-federale, dal 5% - 7% del PIL in una fase intermedia e fino al 25% nel caso in si fosse istituita una vera unione politica. Cfr. Report of the Study Group on the Role of Public Finance in European Integration, Commission of the European Communities (1977).
[27] Cfr. B. Romano, UE: in Polonia Stato di diritto a rischio, sì a procedura di sanzioni, Il Sole 24 Ore, 20 dicembre 2017.
[28] L’opposizione alle proposte della Commissione circa la riforma dei meccanismi di Dublino per la distribuzione dei rifugiati in tutti gli Stati membri è osteggiata in particolare dai quattro Paesi del così detto “Gruppo di Visegrad”: Polonia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca e Ungheria.
[29] A. Hinarejos, The Euro Area crisis and constitutional limits to fiscal integration, Cambridge Yearbook of European Legal Studies, 14 (2012), p. 262.
[30] Non è dunque un caso che la creazione di una fiscalità europea sia stata in linea teorica esclusa dalle Corti costituzionali nazionali essendo stata qualificata parte del “dominio riservato” dell’identità nazionale. Cfr. Corte costituzionale federale tedesca, Sentenza del 20 giugno 2009, [2 BvE 2/08] para 252.
[31] Initiative pour l’Europe, op. cit.
[32] L. Pasha-Robinson, Emmanuel Macron and Angela Merkel agree changing EU treaties ‘no longer a taboo’, The Independent, 15 maggio 2017.