Anno LVI, 2014, Numero 1-2, Pagina 65
Il “Progetto Spinelli” e la sua eredità
MEHEMET CEVAT YILDIRIM
Introduzione
Il 14 febbraio 1984, il Parlamento europeo ha approvato il Progetto di Trattato sull’Unione europea (TUE), noto come “Progetto Spinelli”. L’originalità di tale Progetto risiede sia nel processo che ha portato alla sua elaborazione, sia nell’ampia portata del suo contenuto. Sebbene non sia stato ratificato, molte delle riforme istituzionali da esso previste sono state attuate nei successivi trattati modificativi. Il suo successo, in effetti, è strettamente legato alla natura eminentemente politica della decisione da cui è scaturito.
Il Trattato sull’Unione europea è il primo esempio di trattato elaborato al di fuori di una cornice diplomatica. Il lancio dell’iniziativa ed il suo proseguimento sono rimasti saldamente nelle mani dei parlamentari europei, nonostante la forte concorrenza dell’approccio intergovernativo. Altiero Spinelli, uno degli autori del Manifesto di Ventotene (1941), era conosciuto soprattutto come leader dei federalisti europei, oltre ad essere stato eletto al Parlamento europeo nelle liste del Partito comunista italiano (PCI), ma, durante l’elaborazione del Trattato, anziché assumere prospettive esclusivamente federaliste o di sinistra, scelse di seguire una via che includesse un ampio spettro di posizioni politiche. Si è trattato di una scelta responsabile, perché, per essere approvato, il Trattato avrebbe dovuto essere votato in seduta plenaria. La natura partecipativa e deliberativa del dibattito sul Trattato ha fatto sì che si desse vita a un vero processo costituente; il lavoro del primo Parlamento europeo eletto è stato così una delle più notevoli sfide del metodo costituente europeo nei confronti del metodo intergovernativo.
Il lavoro del Parlamento europeo è stato molto produttivo in termini di nuove idee sul sistema politico e sul funzionamento dell’Unione europea: mentre alcune di esse precorrevano i tempi, altre avrebbero potuto essere attuate immediatamente. Nei primi anni successivi al voto del Parlamento, i governi degli Stati membri non hanno visto la necessità di dar vita ad una “Unione europea”. Col passare gli anni, le modifiche proposte nel Progetto sono state tuttavia realizzate una per una. Guardando al passato possiamo dunque trovare le tracce del Progetto Spinelli nei successivi trattati e proposte di trattato.
Questo scritto si articola in due parti. La prima si occupa del processo di elaborazione del Progetto di Trattato tra iniziative concorrenti ed opposte. La seconda riguarda il contenuto del Progetto di Trattato sull’Unione europea e la sua influenza sui successivi trattati e proposte di riforma.
1. L’elaborazione del TUE
All’inizio degli anni Ottanta, le Comunità europee risentivano già di problemi strutturali: nel dicembre del 1979, il Parlamento aveva deciso di far uso del potere di bocciare il bilancio annuale adottato nel Consiglio dei ministri. Tuttavia, la bocciatura del Parlamento non aveva impedito alla Comunità di ricorrere per le proprie spese alla gestione per dodicesimi, facilitando così il Consiglio nella preparazione di un nuovo bilancio al sicuro dall’intervento del Parlamento. Di conseguenza, nel maggio del 1980, con un ritardo di sei mesi, fu adottato un bilancio “peggiore di quello che era stato rifiutato dal Parlamento europeo nel dicembre del 1979”.[1]
Al fine di prevenire nuove crisi di bilancio dello stesso tipo, il Consiglio diede mandato alla Commissione di riesaminare il processo di approvazione del bilancio e di proporre modifiche. Juliet Lodge osserva che l’interpretazione molto ampia data dalla Commissione a tale mandato è stato uno dei fattori che hanno incoraggiato l’“audacia” del Parlamento europeo nel proporre il suo trattato di riforma.[2]
Secondo Spinelli, discutere di qualsiasi tipo di problema strutturale era un dovere del Parlamento per la sua caratteristica di essere la sola istituzione della Comunità europea legittimata democraticamente. Il 25 giugno 1980 egli spedì a tutti i parlamentari europei una lettera aperta in cui, analizzando la situazione di crisi, osservava che “con le istituzioni attuali e con le loro attuali procedure e competenze la Comunità è condannata a passare di crisi in crisi”.[3]
1.1 Il Club del Coccodrillo.
Quasi due settimane dopo la prima lettera di Spinelli ai parlamentari europei, la prima riunione dei “riformisti” ebbe luogo il 9 luglio 1980 al ristornate “Chez Crocodile” di Strasburgo con la partecipazione di soli nove parlamentari. Sebbene alla chiamata di Spinelli avesse risposto solo un piccolo gruppo, in questo nucleo erano rappresentate quasi tutte le famiglie politiche. A parte lo stesso Spinelli, parteciparono alla riunione: Richard Balfe (laburista inglese), Paola Gaiotti de Biase (democristiana italiana), Brian M. Key (laburista inglese), Silvio Leonardi (comunista italiano), Hans August Lücker (democristiano tedesco), Stanley Johnson (conservatore inglese), Bruno Visentini (repubblicano italiano) e Karl von Wogau (democristiano tedesco). Spinelli volle soprattutto che la denominazione del gruppo fosse tale per cui qualsiasi parlamentare di qualsiasi nazionalità e di qualsiasi affiliazione politica potesse parteciparvi. Alla fine, i riformisti decisero di darsi un nome derivato dal ristorante dove si erano incontrati: il “Club del Coccodrillo”.
L’iniziale assenza dei socialisti è stata rimediata dalla partecipazione di Willy Brandt, che portò con sé Rudi Arndt, Bruno Friedrich (Vice-presidente del Parlamento) e Horst Seefeld del gruppo socialista tedesco. Anche socialisti di altre nazionalità si unirono al club: Mario Didò, Carlo Ripa di Meana e Giorgio Ruffolo dall’Italia; Lucien Radoux, Karel Van Miert e Anne Marie Lizin dal Belgio e Derek Enright dalla Gran Bretagna. La partecipazione democristiana si è ampliata con Maria Luisa Cassanmagnago Cerretti e Alfredo Diana, entrambi italiani. Mentre Susanna Agnelli (italiana) e Hans Nord (olandese) rinforzarono la presenza liberale nel club, la partecipazione dei conservatori fu ampliata con Derk Prag e Cristofer Jackson (britannici).[4] In tal modo, alla fine del primo mese di vita, il numero dei partecipanti al Club del Coccodrillo raggiunse quasi i 30.
Nell’ottobre del 1980, Altiero Spinelli, Felice Ippolito e l’assistente di Spinelli, Pier Virgilio Dastoli, diedero vita ad una pubblicazione periodica con il nome di “Crocodile Letter to the Members of the European Parliament”. Questa rivista fu pubblicata fino al giugno 1983 e rappresentò il principale strumento di informazione sulle discussioni dei “riformisti”. Il 19 novembre, quasi cento membri del Club del Coccodrillo rivolsero al Parlamento europeo una petizione che richiedeva l’elaborazione di un trattato di riforma. Quando Simone Weil, Presidente del Parlamento, firmò questa petizione, il 10 febbraio 1981, già 170 parlamentari l’avevano sottoscritta.
Passare in rassegna gli obiettivi generali e le motivazioni del Trattato sull’Unione europea può rendere più facile immaginare il dibattito tra gruppi opposti nel Parlamento. Le ragioni per cui il Club del Coccodrillo prese l’iniziativa sono espresse dallo stesso Spinelli nei suoi discorsi e nei suoi scritti, così come da molti funzionari della Comunità che condividevano le stesse preoccupazioni. L’obiettivo complessivo dell’iniziativa non era affatto nuovo: la volontà di stipulare un trattato che istituisse un’Unione europea basata sulle Comunità europee è sempre stata dichiarata dai governi degli Stati membri fin dal vertice di Parigi del 1972. Da allora, sono state avanzate molte proposte di riforma (tra le altre, il Rapporto Tindemans), che non sono però state in grado di suscitare un vero dibattito politico. Eppure, i problemi che la Comunità europea doveva fronteggiare erano tutti urgenti e al di sopra della capacità d’azione delle sue istituzioni. L’impatto della crisi petrolifera si faceva sentire ancora sui mercati della Comunità, vulnerabili perché non completamente integrati. I dazi doganali tra gli Stati membri erano stati eliminati, ma erano ancora presenti molte barriere agli scambi, come i controlli alle frontiere, i costi delle transazioni di cambio, le barriere giuridiche alla libera circolazione dei servizi, ecc.. La Comunità aveva bisogno di una più efficace politica estera, che avrebbe potuto essere ottenuta nel quadro della Cooperazione politica europea (CPE), soprattutto in un periodo in cui la tensione tra i due blocchi stava nuovamente aumentando. In quasi tutti i suoi discorsi, Spinelli sottolineava la responsabilità dell’Europa nel confronti dei paesi in via di sviluppo. Tutte queste erano necessità urgenti e tutte richiedevano serie riforme istituzionali.
Il Club del Coccodrillo era convinto che sarebbe stato possibile affrontare i problemi solo con una revisione della struttura istituzionale delle Comunità che comportasse un cambiamento della sua natura intergovernativa. Al suo posto, i membri del Club chiedevano un’unione politica, basata sull’equilibrio tra le istituzioni nel quadro di un sistema costituzionale.
Mentre i membri del Club del Coccodrillo raccoglievano le firme dei parlamentari per l’iniziativa della riforma dei trattati, la prima proposta concorrente veniva dal partito popolare europeo (PPE), democristiano. Dastoli considera il tentativo dei parlamentari tedeschi del PPE come un segno di riluttanza verso gli ambiziosi progetti dei riformisti. Diversamente, Lodge osserva che il sentimento prevalente tra i democristiani tedeschi, che avevano anch’essi aspirazioni federaliste, era proprio una forte invidia nei confronti di questa iniziativa guidata da un “comunista”.[5]
Comunque, le resistenze esistenti sia nel PPE, sia negli Stati membri furono fonte di proposte alternative. Burgess considera il progetto di Costituzione preparato dei membri del PPE Rudolf Ruster e Gero Pfennig come un progetto rivale[6] (sebbene gli estensori lo neghino). Analogamente, Dastoli e Pierucci considerano il piano Genscher-Colombo come un’alternativa al Trattato sull’Unione europea. Le motivazioni di tali resistenze erano differenti: mentre alcuni consideravano l’iniziativa del Coccodrillo troppo ambiziosa, alcuni altri erano a favore di un approccio gradualistico agli stessi obiettivi.
Sebbene i membri tedeschi del PPE volessero anch’essi istituire un’Unione europea, essi avevano una diversa visione circa il modo corretto di farlo: non erano convinti che il Parlamento europeo, per quanto eletto direttamente, avesse il mandato di elaborare un trattato internazionale. Al contrario, pensavano che questo compito spettasse ai governi, analogamente ai Trattati di Parigi e di Roma, ma in modo graduale. I membri tedeschi del PPE (che non parteciparono al Club del Coccodrillo o che lo lasciarono nel corso del primo mese) hanno concentrato il loro impegno nella sottocommissione sui problemi istituzionali della Commissione per gli affari politici del Parlamento europeo. Questa sottocommissione era molto più riluttante ad attribuire al Parlamento europeo il ruolo di assemblea costituente ed era favorevole all’approccio di integrazione graduale del PPE. Tale riluttanza è criticata in una lettera inviata da Altiero Spinelli, Felice Ippolito e Pier Virgilio Dastoli ai parlamentari europei nell’aprile del 1981, nella quale si chiedeva loro di agire immediatamente: “Le proposte legate alla politica dei piccoli passi, all’esame della Commissione politica del Parlamento europeo, non toccano e non potevano toccare il problema centrale della crisi costituzionale della Comunità, che si può riassumere in questo modo: la Comunità ha bisogno di essere governata e non ha un vero governo; ha bisogno di avere leggi e non ha potere legislativo vero e proprio; ha bisogno di partecipazione popolare intorno alla sue iniziative e non ha meccanismi politici che le permettano di sviluppare con continuità le sue iniziative.”[7]
Spinelli ed i suoi colleghi ricordavano nella stessa lettera che né nei Trattati di Parigi e di Roma, né altrove si trovava alcunché che rendesse necessario che il Trattato sull’Unione europea fosse elaborato da un conferenza intergovernativa (CIG). Negli Stati federali, come la Germania, gli USA e la Svizzera, le costituzioni federali sono state scritte e votate dal Parlamento. Perciò la sede giusta per elaborare il Trattato sull’Unione europea avrebbe dovuto essere il Parlamento europeo direttamente eletto. Tuttavia, dato che la redazione del Trattato da parte di una qualsiasi delle commissioni esistenti nel Parlamento europeo sarebbe stata troppo lunga, il Club del Coccodrillo chiedeva che fosse istituita una nuova commissione incaricata di questo solo compito. Durante la prima metà del 1981, la battaglia del Club mirò all’approvazione da parte del Parlamento di una mozione che istituisse una Commissione per gli affari istituzionali.
I riformisti ottennero questo risultato il 9 luglio 1981, quando il Parlamento approvò in sessione plenaria la risoluzione sulla Commissione per gli affari istituzionali.[8] La battaglia del Club del Coccodrillo ha avuto influenza anche sulle iniziative rivali. Le risoluzioni sulle relazioni inter-istituzionali della sottocommissione guidata dal PPE sono state infatti votate lo stesso giorno.[9]
1.2 La Commissione per gli affari istituzionali.
La preoccupazione immediata di Spinelli dopo la risoluzione del 9 luglio non riguardava il contenuto del trattato. Sulla base della sua lunga esperienza degli affari della Comunità (della cui Commissione aveva fatto parte per sei anni), egli mirava piuttosto ad assicurarne l’approvazione e la ratifica. Dalla sua precedente esperienza sapeva che un tentativo strettamente federalista non aveva alcuna probabilità di successo. Spinelli aveva svolto un ruolo cruciale dapprima nella campagna per affidare un ruolo costituente all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa alla fine degli ’40 e successivamente nel progetto di Comunità politica europea a metà degli anni ’50.[10] Entrambi i progetti erano falliti ed avevano dimostrato che la natura intergovernativa delle relazioni tra gli Stati europei sarebbe stata difficile da superare. Sebbene esistesse un consenso sull’idea di creare una “Unione” europea, che evidentemente avrebbe significato qualcosa di più delle “Comunità” intergovernative, per realizzarla bisognava che il suo trattato istitutivo fosse ratificato dai governi degli Stati membri. Al fine di prevenire il fallimento del Progetto del Trattato sull’Unione europea, il lavoro della Commissione per gli affari istituzionali avrebbe dovuto essere aperto a tutte le posizioni di tutti i partiti e di tutte le nazionalità. Solo così, secondo Spinelli, la partecipazione al voto nel Parlamento europeo sarebbe stata sufficientemente alta da permettere l’approvazione della proposta. Dopo il voto in plenaria, il Trattato avrebbe dovuto essere sottoposto alla ratifica di ciascuno degli Stati membri, ma per aggirare l’opposizione dei governi, avrebbe dovuto essere inviato direttamente ai Parlamenti nazionali. Una volta ratificato dalla maggioranza degli Stati membri, il Trattato sarebbe entrato in vigore senza attendere la ratifica di tutti i membri. Soprattutto questo suggerimento di Spinelli suscitò le reazioni del PPE. Così, l’elaborazione del Trattato sull’Unione europea divenne una battaglia tra approccio costituzionale del Parlamento europeo e approccio intergovernativo.
Da una parte, il mandato di assemblea costituente auto-assegnatosi dal Parlamento europeo era molto controverso ed aveva sollevato forti obiezioni; dall’altra, altre iniziative di natura intergovernativa erano rimaste senza frutto. Il parlamentare liberale tedesco Martin Bangemann (dello stesso partito di Hans-Dietrich Genscher) propose di non mettere ai voti il trattato nel Parlamento europeo, bensì in un’assemblea parlamentare ad hoc, composta da parlamentari europei e parlamentari nazionali degli Stati membri; poi sostenne che il trattato dovesse essere ratificato da tutti gli Stati membri per poter entrare in vigore.[11] Entrambe le proposte miravano a dare un carattere intergovernativo al trattato.
Nel novembre del 1981, il Ministro degli esteri tedesco, Hans-Dietrich Genscher, inviò una lettera agli Stati membri e alla Commissione della Comunità europea. Il Ministro degli esteri italiano, Emilio Colombo, si associò all’iniziativa ed i due ministri redassero una serie di principi noti come Piano Genscher-Colombo. Il 19 novembre il Piano fu presentato sia ai governi degli Stati membri, sia al Parlamento europeo in plenaria. Tuttavia per due anni non furono fatti ulteriori passi. Non deve sorprendere che il Piano Genscher-Colombo definisse una Unione europea fondata su un approccio intergovernativo.
La Commissione per gli affari istituzionali iniziò i suoi lavori nel febbraio del 1982 e riuscì a raggiungere un accordo sui principi sui quali si sarebbe dovuto fondare il trattato ed anche sul metodo della sua redazione. Secondo la risoluzione approvata il 6 luglio 1982,[12] l’Unione europea avrebbe dovuto essere basata sulle istituzioni esistenti della Comunità ed avrebbe dovuto funzionare secondo i seguenti principi: sussidiarietà, (...) separazione dei poteri, legittimità, responsabilità democratica, partecipazione degli Stati membri, e miglioramento della capacità decisionale e del funzionamento della Comunità.[13]
I lavori erano suddivisi tra sei gruppi di lavoro tematici, Spinelli venne nominato coordinatore e il socialdemocratico italiano Mauro Ferri presidente. Nel loro insieme, i rapporti dei sei gruppi di lavoro avrebbero costituito la base del Trattato sull’Unione europea. I temi oggetto dei lavori e i relatori di tali gruppi erano: “Struttura giuridica dell’Unione” (socialista francese Jacques Moreau), “Politiche e società” (democristiano tedesco Gero Pfennig), “Relazioni internazionali” (conservatore inglese Derek Prag), “Finanze dell’Unione” (gollista francese Michel Junot fino al 1° gennaio 1983, poi il socialdemocratico tedesco Hans Joachim Seeler) e “Istituzioni dell’Unione” (democristiano italiano Ortensio Zecchino).
Il lavoro di quest’ultimo gruppo fu particolarmente lungo perché riguardava le principali modifiche da apportare per far emergere l’Unione europea dalle ceneri della Comunità. Gli argomenti oggetto di lavoro toccavano gli equilibri istituzionali: designazione della Commissione, voto di investitura e di censura, ruolo del Consiglio nel processo legislativo, ruolo del Parlamento europeo nelle questioni di bilancio, procedure legislative, ecc. Sembra tuttavia che il relatore di questo gruppo non abbia reso il lavoro più semplice: “Ortensio Zecchino, il relatore democristiano sugli aspetti istituzionali del Trattato sull’Unione europea nella Commissione affari istituzionali, era particolarmente fastidioso nella sua eccentrica insistenza nell’avanzare nuove proposte e nell’utilizzare una retorica apertamente federalista che si rivelava troppo ambiziosa e generava divisioni. Questo avvocato e professore universitario riuscì perfino ad esasperare Spinelli che considerò la sua temporanea assenza dalla commissione durante il voto finale sulle istituzioni come un 'intervento divino' a loro favore.”[14]
In realtà Zecchino non era il solo ad avere ambizioni più federaliste. Andrea Chiti-Batelli, del Movimento federalista italiano, era fin dall’inizio fortemente critico nei confronti del Progetto di Trattato sull’Unione europea sulla base del fatto che esso non aveva una base popolare. Secondo Chiti-Batelli, l’iniziativa del Coccodrillo non era altro che “mettere il carro davanti ai buoi”[15] e Spinelli stava tentando di fare la rivoluzione senza i rivoluzionari, come aveva tentato in precedenza.
Dopo che i gruppi di lavoro ebbero completato il loro lavoro e che la bozza del testo fu approvata dalla Commissione affari istituzionali il 5 luglio 1983, ci vollero due mesi e mezzo perché la proposta arrivasse alla plenaria del Parlamento europeo. Nel frattempo furono discusse più di 250 proposte di emendamento e “furono accolti alcuni emendamenti di dettaglio, non sostanziali”.[16] Nel suo discorso del 13 settembre, il Presidente della Commissione europea, Gaston Thorn, definì il lavoro della Commissione come “una lezione di dinamismo che chiamerei vero realismo politico…”[17] Thorn sostenne con forza la bozza di Trattato perché aveva in comune con precedenti proposte della Commissione diversi principi, come “il principio di sussidiarietà, la distinzione tra le varie tipologie di competenze (esclusive, concorrenti e potenziali), poteri legislativi condivisi tra Parlamento e Consiglio, il potere di iniziativa legislativa della Commissione ed il suo ruolo esecutivo.”[18]
La bozza del Trattato fu approvata dal Parlamento in plenaria il 16 settembre 1983 con un’ampia partecipazione, proprio come aveva voluto Spinelli: 201 voti a favore, 37 contrari, e 72 astensioni, in particolare di conservatori, dei danesi e di socialisti francesi, con l’eccezione di Jacques Moreau e Pierre Bernard.[19]
Al fine di assicurare la correttezza dal punto di vista giuridico del testo del Trattato, venne nominato un comitato di quattro esperti (tra cui Paul Jacqué, allora Rettore dell’Università di Strasburgo). Questo gruppo completò il suo lavoro molto rapidamente e il Progetto di Trattato venne messo ai voti nella Commissione il 9 dicembre.
1.3 La dichiarazione di Stoccarda e il voto del Trattato sull’Unione europea al Parlamento europeo.
Mentre la Commissione affari istituzionali lottava contro il tempo per riuscire a portare il Trattato in plenaria prima delle elezioni europee del 1984, i governi degli Stati membri stavano cercando un modo per rivitalizzare il Piano Genscher-Colombo.
A quei tempi Spinelli criticava severamente le proposte di riforma intergovernative e soprattutto il piano Genscher-Colombo. Secondo lui, la caratteristica distintiva del Trattato sull’Unione europea era il suo carattere costituzionale – cioè una caratteristica che le proposte intergovernative non avrebbero mai potuto avere.
“Di regola le costituzioni sono votate da assemblee parlamentari, perché in esse le diverse famiglie politiche cui appartengono i cittadini si confrontano liberamente, e liberamente trovano le convergenze intorno alle quali si coagula il massimo consenso possibile. Non si vede perché la costituzione dell’Unione europea non debba nascere allo stesso modo, con un analogo confronto e con analoga ricerca di convergenze e di consenso. Ciò tanto più in quanto l’Unione è la naturale maturazione e metamorfosi della Comunità, cioè di un corpo politico già distinto dagli Stati, già esistente da oltre trent’anni, e già dotato di un Parlamento direttamente eletto.(…) i nostri governi sono tutti persuasi della necessità di far avanzare l’Europa, ma non sono capaci di mettere insieme quattro idee per cominciare a farla effettivamente avanzare perché attingono tutti le loro idee dall’arsenale intellettuale delle loro diplomazie, cioè da una fonte che produce solo futili proposte di azione intergovernativa.”[20]
Il 19 giugno 1983, pochi giorni prima che i gruppi di lavoro della Commissione affari istituzionali completassero il loro lavoro, i leader degli Stati membri, in occasione del Consiglio europeo a Stoccarda, adottarono la “Dichiarazione solenne sull’Unione europea”, basata sul piano Genscher-Colombo.[21] In questa breve costituzione, il Consiglio europeo è definito come il principale consesso decisionale e non vengono previsti miglioramenti apprezzabili né nei poteri del Parlamento europeo, né in quelli della Commissione. Va tuttavia sottolineato che la Dichiarazione di Stoccarda sembra sorprendentemente preveggente a proposito dell’eventualità di una crisi economica legata a squilibri strutturali tra le economie nazionali e, nonostante la sua brevità, si propone di dotare l’Unione di strumenti di politica sociale ed economica contro le crisi. Da questo punto di vista, la Dichiarazione di Stoccarda sembra meglio equipaggiata rispetto al Progetto Spinelli.
Un’altra iniziativa a fronte del Trattato sull’Unione europea era la costituzione del Partito popolare europeo, votata il 13 settembre, lo stesso giorno del voto sul Progetto Spinelli. Questo testo era molto più avanzato in termini di diritti umani; Burgess osserva che “… è significativo che nella proposta Luster-Pfennig sopra citata ci fosse un’intera sezione dedicata all’elenco dei diritti e delle libertà fondamentali – qualcosa che mancava nel TUE.”[22] Con più di 50 firme raccolte, questo testo dimostrò che il TUE non era privo di alternative in seno al Parlamento europeo. Vale la pena di ricordare che un altro raggruppamento in seno al Parlamento era il “Gruppo Canguro”, iniziato da Basil de Ferranti (conservatore inglese), Karl von Wogau (democristiano tedesco), Kai Nyborg (progressista danese) e Dieter Rogalla (socialdemocratico tedesco). Il principale interesse di questo gruppo era di aumentare la consapevolezza del Parlamento europeo sull’importanza di completare il mercato interno.[23]
Alla fine del 1983 e all’inizio del 1984 l’iniziativa del Trattato sull’Unione europea di Spinelli non era dunque la sola proposta di trattato, né necessariamente la migliore sotto tutti gli aspetti, ma il suo significato particolare stava nell’ampio sostegno politico di cui godeva in quel periodo, che era assicurato dalla scelta strategica di Spinelli di accogliere nella redazione del trattato tutte le posizioni politiche. Questa strategia ha dato i suoi frutti nel voto in plenaria del 14 febbraio 1984: 237 voti su 311 a favore del Trattato sull’Unione europea, solo 31 contrari e 43 astensioni. Questi risultati dimostrano che la proposta è stata approvata anche con il sostegno di gruppi rivali, come il PPE.[24]
Il 14 febbraio, dopo il voto, Spinelli si rivolse ai parlamentari europei per sottolineare che il suo ruolo era stato solo quello di un intermediario. Secondo le sue parole, “se le idee contenute in questo testo non fossero già esistite nella mente della grande maggioranza di questo Parlamento, non sarebbe stato possibile inserirle in esso. Io ho solo messo in pratica, come Socrate, l’arte della maieutica. Sono stato l’ostetrica che ha aiutato a nascere questo neonato.”[25]
Il Trattato sull’Unione europea era ricco in termini di idee, ma il potere di adottarlo o rigettarlo stava nelle mani dei governi degli Stati membri, che non fecero nessuna delle due cose. Nei mesi e negli anni che seguirono, il Trattato sull’Unione europea non comparve all’ordine del giorno degli Stati membri. I governi semplicemente scelsero di ignorarlo. Tuttavia alcuni governi erano coscienti della necessità urgente di riformare le Comunità, come dimostrarono al Vertice di Fontainebleau nel giugno del 1984. Alle fine, l’Atto Unico europeo fu sottoscritto il 17 febbraio 1986 in Lussemburgo. Si tratta di un trattato fondato su proposte che erano state avanzate nella Dichiarazione di Stoccarda, nel Trattato sull’Unione europea e nel Libro bianco della Commissione sul mercato interno. Questa modesta revisione dei trattati comunitari era davvero solo un tentativo di soddisfare al livello minimo possibile le esigenze di riforma mantenendo il carattere intergovernativo delle Comunità.
Spinelli è stato eletto al Parlamento europeo per l’ultima volta nel 1984. Solo due anni dopo stava pensando ad una strategia di piccoli passi per riformare i trattati. In un discorso tenuto al Parlamento, solo pochi mesi prima della sua morte, egli annunciò nuove possibili strategie per proseguire: “Possiamo migliorare il Parlamento solo con una strategia precisa. Sembrano possibili due strategie: entro due anni, nel 1988, cioè un anno prima delle elezioni europee del 1989, probabilmente l’Atto Unico avrà dimostrato la sua inadeguatezza; nel frattempo, possiamo preparare e proporre un breve trattato minimale che comprenda le riforme necessarie per permettere alla Comunità di funzionare. Ovviamente, le riforme proposte in questo trattato non sarebbero nemmeno sufficienti, ma esso sarebbe un passo verso il nostro Trattato che istituisce l’Unione europea. Man mano che le difficoltà nei campi della tecnologia, della politica sociale, dell’ecologia e della politica estera cresceranno, la Comunità avrà il dovere di fare ulteriori passi. La seconda strategia è quella di lavorare affinché il Parlamento sia eletto nel 1989 con il mandato di completare la riforma della Comunità e la cooperazione politica e con il potere di approvare il testo elaborato con una maggioranza di 2/3.”[26]
Negli anni successivi, sono state prese diverse iniziative sulle tracce di Spinelli, secondo entrambe le strategie.
2. L’eredità del Trattato sull’Unione europea
Il primo tentativo di rispolverare il Progetto del Trattato sull’Unione europea è costituito dalla risoluzione sulle linee-guida per una bozza di costituzione per l’Europa del giugno del 1990.[27] Per ricordare il lavoro fatto dal primo Parlamento europeo eletto, la risoluzione del 1990 fa riferimento al Trattato sull’Unione europea nella prima frase del suo preambolo. Sottolinea l’intenzione del Parlamento di trasformare le Comunità in una vera Unione europea sulla base di un progetto di costituzione da redigersi da parte del Parlamento europeo; e afferma esplicitamente che questo progetto deve essere basato sulla proposta di trattato adottata dal Parlamento il 14 febbraio 1984, senza lasciare dubbi sul legame tra la costituzione in progetto e la proposta del Trattato sull’Unione europea. Il presidente del gruppo di lavoro che redasse la risoluzione del 1990 era l’ex-Presidente della Repubblica francese, Valéry Giscard d’Estaing, che continuò la battaglia per una costituzione europea anche come presidente della Convenzione europea del 2002-2003.
Insoddisfatto del Trattato di Maastricht del 1992 che emendava i trattati precedenti ed istituiva l’Unione europea, il Parlamento europeo, nella stessa legislatura, adottò il rapporto Herman.[28] Si trattava del progetto di costituzione di cui si era parlato nella risoluzione del 1990. Il Rapporto Herman (dal nome del suo relatore, il cristiano-sociale belga, Fernand H.J. Herman) afferma nel suo preambolo che il Trattato di Maastricht non possiede i requisiti della democrazia, non rende efficace l’Unione europea e non contiene una bozza di costituzione per risolvere i problemi istituzionali. Il rapporto propone di convocare una Convenzione europea composta da parlamentari europei e nazionali incaricata di redigere il progetto di costituzione prima della Conferenza intergovernativa del 1996. Non sorprende il fatto che il Rapporto Herman contenga una larga parte delle indicazioni del Progetto di Trattato sull’Unione europea. Esso tuttavia va oltre su di un punto particolare. All’articolo 20, definisce il voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio come il voto di 2/3 degli Stati che rappresentino i 2/3 della popolazione totale. Un’altra caratteristica della proposta del 1994 è costituita dal Titolo VIII, che contiene un elenco dei diritti fondamentali oggetto di tutela. Analogamente al Progetto di Trattato sull’Unione europea, sia nella risoluzione del 1990, sia in quella del 1994 si afferma poi che l’entrata in vigore della costituzione non deve richiedere la ratifica da parte di tutti gli Stati membri.
2.1 Il Trattato di Maastricht ed altri trattati di riforma.
Il Trattato di Maastricht, firmato il 7 febbraio 1992, ha rappresentato un passo avanti; si tratta tuttavia di un passo avanti modesto in confronto a quanto indicato nel progetto del Trattato sull’Unione europea. Ad esempio, il Trattato di Maastricht all’art. 1 istituisce l’Unione europea, senza darle personalità giuridica come invece previsto dall’art. 6 del Trattato sull’Unione europea. E’ ovvio che il Progetto Spinelli è stata una delle fonti di ispirazione per il Trattato di Maastricht; tuttavia non bisogna supporre che ogni somiglianza tra esso e il Trattato di Maastricht costituisca un’influenza diretta del primo sul secondo. Alcune importanti indicazioni del Progetto Spinelli erano state incluse in progetti e rapporti diversi. Ad esempio, l’idea di creare l’Unione europea è apparsa in molti progetti di riforma fin dal Rapporto Tindemans del 1975; oppure la via verso l’Unione economica e monetaria è stata descritta in maggior dettaglio nel Rapporto Delors del 1988 rispetto al Progetto di Trattato sull’Unione europea. Analogamente, il secondo pilastro, sulla Politica estera e di sicurezza comune (PESC – TEU, Titolo 5), era sostanzialmente incluso nel terzo titolo del Progetto Spinelli sulle “Relazioni internazionali” (articoli 63-69), ma l’idea era comparsa molto prima, nel Rapporto Davignon del 1970.
Di conseguenza, l’influenza diretta del Progetto Spinelli sul Trattato di Maastricht va ricercata nelle idee che sono specifiche del testo del Progetto. Il principio di sussidiarietà, la cittadinanza dell’Unione europea, la procedura di codecisione e le indicazioni sull’equilibrio istituzionale sono alcune delle caratteristiche distintive del Progetto che riappaiono in Maastricht. Queste idee poi sono rimaste e sono state sviluppate nei Trattati di Amsterdam, di Nizza e di Lisbona.
Il principio di sussidiarietà, derivato dai principi organizzativi della Chiesa cattolica, ha sempre avuto un posto importante nelle teorie federaliste. Esso è definito nell’art. 12 del Trattato sull’Unione europea: “l’Unione agisce esclusivamente per svolgere i compiti che in comune possono essere svolti più efficacemente che non dai singoli Stati membri separatamente, in particolare quelli la cui realizzazione richiede l'azione dell'Unione giacché le loro dimensioni o i loro effetti oltrepassano i confini nazionali.”[29]
Questa breve definizione presuppone almeno due livelli di governo che condividono competenze in alcuni settori (competenze concorrenti) e dà la precedenza agli Stati membri. Il Trattato di Maastricht ha incluso il principio di sussidiarietà quasi con le stesse parole, emendando l’art. 5 del Trattato della Comunità economica europea: “(…) la Comunità interviene, secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni e degli effetti dell’azione in questione, essere meglio realizzati a livello comunitario”.[30]
Sebbene desse la priorità agli Stati membri, il principio di sussidiarietà era considerato uno strumento per accrescere le competenze dell’Unione europea. All’art. 10, il Progetto di Trattato identifica due modalità d’azione: cooperazione (intergovernativa) e azione comune (sovranazionale). L’articolo successivo stabilisce che, se necessario, settori oggetto di cooperazione possono essere trasferiti all’azione comune, mentre l’inverso non può essere fatto. Di conseguenza, poiché è stato inserito nel Trattato di Maastricht, il principio di sussidiarietà funziona solo a senso unico per trasferire competenze dagli Stati all’Unione europea.
A differenza di quanto concerne il principio di sussidiarietà, il Trattato del 1992 è molto più dettagliato del Progetto Spinelli per quanto riguarda la questione della cittadinanza. All’articolo 3, il Trattato del 1984 definisce una cittadinanza complementare che si acquisisce sulla base della cittadinanza di uno Stato membro e rileva che i cittadini dell’Unione dovrebbero partecipare alla sua vita politica. Analogamente, agli articoli dal 17 al 22 il Trattato di Maastricht elenca i diritti derivanti dalla cittadinanza dell’Unione e mette in evidenza i canali a disposizione dei cittadini per raggiungere le istituzioni dell’Unione. La definizione di cittadinanza ed i diritti dei cittadini sono trattati dettagliatamente nel Trattato di Maastricht: ciò è probabilmente dovuto alla preoccupazione di compensare il carattere non democratico della struttura istituzionale da esso definita.
Un’altra caratteristica originale del Progetto di Trattato che ha influenzato il Trattato di Maastricht è la procedura di codecisione, in quanto esso, all’art. 189b, affronta la questione della “procedura da seguire per adottare un atto”. Gli estensori del Progetto di Trattato avevano delineato un equilibrio istituzionale tra il Parlamento europeo eletto democraticamente e il Consiglio dei ministri tale per cui il primo sarebbe stato la Camera bassa e il secondo la Camera alta di un legislativo bicamerale. La procedura di codecisione legislativa definita dall’art. 38 del Progetto di Trattato si basava sull’idea che un progetto di legge dovesse essere approvato da entrambe le camere. A tal fine, il Parlamento europeo esaminava ed approvava un atto, poi il Consiglio lo approvava a maggioranza assoluta, o lo respingeva all’unanimità o proponeva di emendarlo; qualora in seno al Consiglio non fossero raggiunte le maggioranze necessarie, o il Consiglio proponesse emendamenti, si apriva una procedura di conciliazione ed il Comitato di conciliazione entro tre mesi poteva adottare un testo comune o respingere il progetto di atto. Una versione semplificata della procedura di codecisione è stata adottata dall’Atto Unico sotto il nome di “procedura di cooperazione”, nella quale tuttavia l’ultima parola sul processo legislativo rimaneva nelle mani del Consiglio. Come l’intero Atto Unico, questa era una soluzione transitoria. Come osserva Paolo Ponzano, la differenza rispetto alla versione della procedura di codecisione contenuta nel Trattato di Maastricht sta nel fatto che la precedenza nella prima lettura di una proposta di legge è data al Consiglio invece che al Parlamento.[31] Nonostante questa inversione nella priorità, la procedura di codecisione costituisce il principale strumento dell’equilibrio istituzionale per bilanciare i ruoli del Parlamento e del Consiglio.
Mentre inizialmente la procedura di codecisione rappresentava solo una strada secondaria per legiferare, il suo campo di applicazione venne allargato all’area di circa 40 politiche con il Trattato di Amsterdam e di circa 100 con quello di Nizza. L’art. 294 del Trattato di Lisbona[32]qualifica la procedura di codecisione come “procedura legislativa ordinaria”. Il rafforzamento della procedura di codecisione nel quadro istituzionale dell’Unione europea dimostra chiaramente il crescente ruolo del Parlamento.
La procedura di codecisione non era intesa solo come mezzo per aumentare i poteri del Parlamento in seno all’Unione europea. Nel Trattato sull’Unione europea, erano presenti altre importanti disposizioni nello stesso senso, concernenti in particolare l’investitura e la responsabilità della Commissione. Secondo il Progetto di Trattato, il Parlamento avrebbe avuto il potere di controllo sull’investitura della Commissione (art. 25) ed avrebbe potuto adottare a maggioranza qualificata una mozione di censura (art. 29). Tra l’altro, il mandato della Commissione sarebbe stato esteso a cinque anni per adeguarlo a quello del Parlamento. Queste disposizioni sono state progressivamente inserite nel testo dei Trattati con i trattati di Maastricht, Amsterdam e Nizza. L’art. 17 del Trattato di Lisbona fa poi un ulteriore passo avanti e stabilisce che il Consiglio Europeo propone un candidato e il Parlamento lo elegge.
I poteri di controllo sulla Commissione da parte del Parlamento dovrebbero essere gli elementi chiave di una democrazia liberale, se la Commissione potesse essere considerata come un governo. Rendere la Commissione relativamente più dipendente dal Parlamento era una scelta consapevole non solo per rendere l’Unione europea più democratica, ma anche per limitare i poteri del Consiglio nell’equilibrio istituzionale. Juliet Lodge osserva che “la relazione tra superiorità legislativa e responsabilità esecutiva non è priva di importanza” e “la posizione del Parlamento di fronte al Consiglio è ulteriormente rafforzata”.[33]
Le disposizioni del Progetto di Trattato sulle relazioni tra Parlamento e Commissione servivano d’altra parte ad aumentare la legittimazione democratica della Commissione. Ciò era particolarmente importante per Spinelli, perché egli considerava la Commissione come “un nucleo reale di un governo europeo”.[34] Burgess ricorda che “la Commissione, e non il Parlamento, occupavano un ruolo centrale nella sua [cioè di Spinelli] concezione dell’Unione europea. (…) Rafforzando la Commissione, sarebbe stato rafforzato anche il Parlamento. Perciò alterando l’equilibrio istituzionale della Comunità in favore della Commissione e del Parlamento, i due principali pilastri del sopranazionalismo, la ‘elaborazione comune’ sarebbe stata libera di svilupparsi e di autodeterminarsi”.[35]
2.2 Il Trattato costituzionale.
Una delle strategie proposte da Spinelli era di preparare un “trattato minimale” che avrebbe rappresentato un passo verso il Trattato che istituiva l’Unione europea. In tal modo gli Stati membri si sarebbero trovati di fronte alla necessità di fare ulteriori riforme per rispondere a nuovi problemi. Era una strategia realistica. Naturalmente i governi degli Stati sono stati gli attori principali nel processo di revisione dei trattati in seno alle conferenze intergovernative. E’ ovvio che questo metodo ha portato ad importanti acquisizioni per l’Unione europea. Tuttavia concludere e ratificare i trattati di riforma è divenuto più difficile ad ogni tentativo. Col crescere del numero degli Stati membri e con il complicarsi dei problemi da risolvere, l’Unione è rimasta incapace di fornire risposte efficaci. Le difficoltà durante le ratifiche dei Trattati di Maastricht, Nizza ed Amsterdam e la scarsa performance delle conferenze intergovernative di Amsterdam e Nizza in termini di risposte alle sfide dell’allargamento hanno mostrato i limiti della strategia di revisione intergovernativa dei trattati.
La seconda strategia proposta da Spinelli era la creazione democratica della costituzione, strategia che era fallita molte volte fin dalla fine degli anni ‘40. L’idea di Spinelli era di incaricare ancora una volta il Parlamento europeo di redigere la costituzione dell’Unione, il che avrebbe sostanzialmente significato ripetere lo stesso lavoro della Commissione affari istituzionali. Il testo prodotto con questo metodo avrebbe assolutamente avuto una natura costituzionale e non quella di una revisione dei trattati esistenti. Questa strada sarebbe stata più democratica, ma avrebbe avuto minori probabilità di successo, a meno che venisse cambiata la regola dell’unanimità per la ratifica. Tuttavia questo era quello che sarebbe venuto in mente quando il metodo intergovernativo non avesse soddisfatto il bisogno di riforme. E’ stata sopra ricordata la richiesta di convocare una Convenzione europea prima della conferenza intergovernativa del 1996 (cioè prima del Trattato di Amsterdam) avanzata nel 1994 nel Rapporto Herman. Mentre la Convenzione europea aspettava che venisse il suo momento, una prima esperienza di convenzione è stata quella convocata su richiesta del Vertice di Colonia del giugno 1999, che ha portato alla redazione della “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”.[36] L’articolo 4 del Progetto di Trattato stabilisce che entro un periodo di cinque anni “l’Unione adotterà la propria dichiarazione dei diritti fondamentali”, ma non elenca i diritti e le libertà fondamentali. La Carta dei diritti fondamentali è stata proclamata nel dicembre 2000 al Vertice di Nizza senza essere inclusa nell’omonimo trattato. Essa è divenuta vincolante nel 2009 solo dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, con il riferimento contenuto all’articolo 6 TUE.
Delusi dal fallimento dei Trattati di Amsterdam e di Nizza, incapaci di trovare soluzioni efficienti alle sfide dell’allargamento, i Capi di Stato e di governo lanciarono nel Consiglio di Leaken del 2001 un appello per una Convenzione sul futuro dell’Europa. La Convenzione ere incaricata di preparare un “Trattato che istituisce una costituzione per l’Europa”. Questo evento segna un notevole cambiamento dell’atteggiamento dei governi, perché questo è il primo caso nel quale i governi hanno adottato un metodo diverso dalle Conferenze intergovernative per riformare l’Unione. Effettivamente era diventato chiaro che il metodo intergovernativo è rischioso grazie al primo referendum danese sul Trattato di Maastricht e al referendum irlandese sul Trattato di Nizza all’inizio del 2001. In entrambi i referendum i Trattati modificativi erano stati bocciati ed era stato necessario indire un secondo referendum per ottenere il “sì” che soddisfacesse la necessità dell’unanimità. Tuttavia, nonostante il considerevole cambiamento nel metodo, la procedura di elaborazione dei trattati ha mantenuto una natura intergovernativa, anche se affievolita.
La Convenzione era formata da 102 membri (rappresentanti degli Stati, parlamentari nazionali ed europei, membri della Commissione ed altri). Presidente della Convenzione era Valéry Giscard d’Estaing, ex-Presidente francese. La Convenzione completò i suoi lavori in meno di due anni. Esattamente come il metodo della sua redazione, il risultato di questo tentativo di riforma dell’Unione era sostanzialmente diverso dai precedenti trattati. Il Trattato costituzionale era una costituzione nella sua essenza e un trattato nella sua forma giuridica. Il testo costituiva una riscrittura leggibile dei Trattati istitutivi sotto forma di costituzione. Sotto questo aspetto il Trattato costituzionale era simile al Progetto del 1984. Sebbene la somiglianza più importante tra il Progetto Spinelli ed il Trattato costituzionale fosse la forma, vi erano altri elementi comuni ai due testi. Si può notare un’influenza del Progetto sulla Costituzione per quanto riguarda la questione della personalità giuridica dell’Unione, l’utilizzo del termine “legge” per definire gli atti dell’Unione e la trasformazione del Consiglio europeo in una vera e propria istituzione.
L’articolo 6 del Progetto Spinelli attribuisce all’Unione personalità giuridica ed afferma che essa debba godere della più ampia capacità giuridica sotto il profilo del diritto nazionale ed internazionale. Il Trattato costituzionale contiene la stessa disposizione all’articolo 6 con una sola frase che stabilisce la personalità giuridica dell’Unione europea. In seguito al fallimento del Trattato costituzionale, l’Unione europea ha acquisito personalità giuridica solo dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, che contiene la stessa breve frase all’articolo 47. Poiché la Comunità europea si è fusa con l’Unione europea in forza del Trattato di Lisbona, l’Unione gode di tutta la capacità giuridica di cui godeva la Comunità.
Il Progetto Spinelli definisce le “leggi” all’articolo 34, sostituendo diverse forme di atti legislativi della Comunità europea. Gli articoli 32-38 del Trattato costituzionale definiscono gli atti legislativi dell’Unione come “leggi europee” e “leggi-quadro europee”. Per quanto in modo semplificato rispetto al sistema precedente, il Trattato di Lisbona elenca gli atti legislativi vincolanti dell’Unione come regolamenti, direttive e decisioni all’articolo 288, senza usare il termine “leggi”.
Gli articoli 31 e 32 del Progetto Spinelli riguardano la composizione e le funzioni del Consiglio europeo (Vertice dei Capi di Stato e di governo) senza apportare significativi cambiamenti alla prassi esistente. Gli articoli 20-21 del Trattato costituzionale e l’articolo 15 del Trattato di Lisbona riguardano lo stesso argomento. Definire il Consiglio europeo come una delle istituzioni dell’Unione è importante per due motivi: in primo luogo, le decisioni prese nell’ambito del Consiglio europeo sono di conseguenza atti giuridici e non solo orientamenti politici, in secondo luogo, tali decisioni sono soggette alla giurisdizione della Corte di Giustizia alla pari di qualsiasi atto di diritto derivato.
Il Trattato costituzionale fu respinto nei referendum francese e olandese del 2005 sebbene fosse stato ratificato da 16 Stati membri. Da un lato questo rigetto dimostrò una volta di più i limiti della strategia del costituzionalismo democratico per la creazione dell’Unione europea, almeno in assenza di un cambiamento della regola dell’unanimità per l’approvazione del testo; nonostante ciò è improbabile che la regola dell’unanimità venga superata a causa del comprensibile timore degli Stati membri di essere messi in minoranza. Dall’altro, dato il significativo sostegno pubblico e politico a favore della Costituzione dell’Unione manifestatosi tra il 2001 e il 2005, questo tentativo sembra una sconfitta gloriosa in nome del costituzionalismo europeo.
Due anni dopo i referendum del 2005, gli Stati membri hanno convocato un’altra Conferenza intergovernativa che avrebbe definito un nuovo trattato di riforma. Il Trattato di Lisbona, firmato nel 2007 ed entrato in vigore nel 2009 ha in parte compensato il fallimento del Tratto costituzionale. Come sopra ricordato, una certa influenza del Progetto del 1984 sul Trattato di Lisbona può essere vista nelle disposizioni sull’applicazione della procedura di codecisione, sull’investitura della Commissione, sulla personalità giuridica dell’Unione e sull’istituzionalizzazione del Consiglio europeo. Un’altra somiglianza tra il Progetto Spinelli e il Trattato di Lisbona sta nella possibilità di posporre il voto nel Consiglio quando è minacciato un interesse vitale di uno degli Stati membri. L’articolo 23 del Progetto Spinelli riconosce questa possibilità durante un periodo transitorio di dieci anni per facilitare l’adattamento degli Stati membri alle nuove regole di voto. Analogamente, la Dichiarazione n. 7 annessa all’atto finale della Conferenza intergovernativa di Lisbona stabilisce un periodo transitorio nelle regole di voto simile al “compromesso di Ioannina” degli anni ‘90.[37]
L’iniziativa più recente per rivitalizzare la natura costituzionale del Progetto Spinelli è il lavoro del “Gruppo Spinelli”, lanciato nel 2010 da un gruppo di parlamentari europei con aspirazioni federaliste.[38] Oggi, il Gruppo Spinelli gode del sostegno di più di 100 parlamentari europei, nonché di leader politici e di esperti dell’Unione europea.
Conclusione
Il Progetto di Trattato sull’Unione europea è stato il risultato concreto della battaglia per costruire un’Europa unita e democratica che Altiero Spinelli ha combattuto durante tutta la sua vita. Tale Progetto non è stato né il primo né il solo, ma deve essere inquadrato tra altri progetti concorrenti. Il carattere che lo distingue sta nel modo con cui è stato redatto: solo il Progetto Spinelli è stato prodotto dal Parlamento direttamente eletto con la partecipazione democratica di tutte le posizioni politiche e attraverso una deliberazione genuinamente politica. L’adozione del Progetto di Trattato sull’Unione europea il 14 febbraio 1984 è stata una vittoria del costituzionalismo parlamentare sul metodo intergovernativo. Ciò non ne fa necessariamente il miglior progetto sotto tutti gli aspetti, ma lo rende il più legittimato dal punto di vista democratico e quello che ha goduto del più ampio sostegno.
Il testo del Progetto Spinelli costituisce una sorta di ricapitolazione delle idee di riforma fino ad allora emerse e conseguentemente il suo contenuto era particolarmente ricco. Sebbene sia stato ignorato dei governi degli Stati membri, i successivi trattati e proposte di riforma contengono importanti disposizioni derivate da esso. Tuttavia, il processo di riforma dell’Unione europea non è stato facile. Solo pochi mesi prima della sua morte, Altiero Spinelli identificò due possibili strategie per realizzare riforme in seno all’Unione. La prima era quella di redigere un trattato e di rivederlo quando divenisse necessario; la seconda era quella di tentare di nuovo la stesura democratica della costituzione.
Dopo trent’anni dal Progetto Spinelli, possiamo osservare che, nonostante le difficoltà, entrambe le strategie sono state utilizzate. Da un lato, i Trattati di Maastricht, Nizza e Lisbona hanno dato forma al sistema politico dell’Unione europea. Dall’altra, il Progetto Spinelli, le risoluzioni del Parlamento europeo ed il fallito Trattato costituzionale hanno chiarito la via per il processo di riforma grazie alla caratteristica di essere risultati da un dibattito politico rivelatosi fruttuoso in termini di nuove idee.
Resta da vedere se queste strategie serviranno anche per le future riforme.
[1] P. V. Dastoli, L'azione del Club del Coccodrillo in I Movimenti per l'unità europea 1970-1986., (ed.) A. Landuyt e D. Preda, Tomo I, Bologna, Il Mulino, 2000, p. 562.
[2] J. Lodge, European Union and the First elected Parliament: the Spinelli Initiative, Journal of Common Market Studies, Vol. XXII, no. 4 (1984), p. 378.
[3] P. V. Dastoli, A. Pierucci, Verso uno Costituzione democratica per l'Europa, Alessandria, Marietti, 1984, p. 38.
[4] P. V. Dastoli, A. Pierucci, op. cit., p. 39.
[5] J. Lodge, op. cit., p. 379.
[6] M. Burgess, Federalism and European Union: The Building of Europe, 1950-2000, London , Routledge, 2000, p. 142.
[7] P. V. Dastoli, A. Pierucci, op. cit., p. 44.
[8]Risoluzione del Parlamento europeo che costituisce una commissione per i problemi istituzionali, GUCE C 234, del 14.9.1981, p. 48.
[9] J. Lodge, op.cit., p.379.
[10] S. Pistone, The Union of European Federalists, Milano, Giuffré, 2008.
[11] P. V. Dastoli, A. Pierucci, op. cit..
[12] Risoluzione sugli orientamenti del Parlamento europeo per quanto concerne la riforma dei Trattati e la realizzazione dell’Unione europea, in G.U.C.E. C 238 del 13.9.1982, p. 25.
[13] P. V. Dastoli, A. Pierucci, op. cit., p. 52.
[14] M. Burgess, op. cit., p. 142.
[15] A. Chiti-Batelli, Il Tramonto del “Coccodrillo” e la fine di una strategia federalista. Martinafranca, Pamphlets Lacaita, 1985.
[16] J. Lodge, op. cit., p. 380.
[17] G. Thorn, Address given by Gaston Thorn (13 September 1983).
[18] G. Thorn, ibid., p. 2.
[19] P. V. Dastoli, A. Pierucci, op. cit., p. 61.
[20] A. Spinelli, Verso l’Unione europea, testo della conferenza tenuta il 13 giugno 1983, nell’ambito delle «Letture Jean Monnet», organizzate ogni anno dall’Istituto universitario europeo di Firenze, sotto la presidenza del professor Maihofer, pubblicato su Il Federalista, 47 (2006), p. 134.
[21] R. A. Cangelosi, Dal Progetto di Trattato Spinelli all'Atto Unico Europeo, Cronaca di uno riforma mancata, Milano, Franco Angeli, 1987, pp. 35-45.
[22] M. Burgess, op. cit., p. 142.
[23] www.kangaroogroup.eu, 02.11.2012.
[24] J. Lodge, op. cit., p. 396, la quale fornisce dati dettagliati sul voto.
[25] G. Montani, Verso la Costituzione europea, conferenza tenuta all’Università di Roma “La Sapienza” il 6 dicembre 2006.
[26] A. Spinelli, La nuova strategia del Parlamento europeo per realizzare l'Unione europea, discorso tenuto al Parlamento europeo il 4 febbraio 1986, in Una Strategia per gli Stati Uniti d'Europa, S. Pistone (ed.), Bologna, Il Mulino, 1986, p. 253.
[27] Risoluzione del Parlamento europeo sugli orientamenti del Parlamento europeo relativi a un progetto di costituzione per l’Unione europea, GUCE C 231 del 17.9.1990, p. 91.
[28] Risoluzione del Parlamento europeo sulla costituzione dell’Unione europea, in GUCE C 61 del 28.2.1994, p. 155.
[29] Draft Treaty Establishing the European Union (EUT), www.spinellisfootsteps.info, 10.11.2012, art. 12.
[30] Trattato sull’Unione europea (Trattato di Maastricht), GUCE C 191 del 29.7.1992, p. 1.
[31] P. Ponzano, The 'Spinelli' Treaty of February 1984, The Federalist Debate, n. 3 (Novembre 2007), pp. 43-47.
[32]Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull’Unione europea e il Trattato che istituisce la Comunità europea, in GUUE C 306 del 17.12.2007, p. 1.
[33] J. Lodge, op. cit., pp. 390-91.
[34] M. Burgess, op. cit., p. 145.
[35] M. Burgess, op. cit., p. 145.
[36] Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, GUCE C 364 del 18.2.2000, p. 1.
[37]Dichiarazione relativa all’articolo 9C, paragrafo 4, del trattato sull’Unione europea e all’articolo 205, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in GUUE C 306 del 17.12.2007, p. 250.
[38] https://www.spinelligroup.eu/about-us, 27.02.2014.