Anno XLI, 1999, Numero 1, Pagina 26
LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA E INTERNET
La rivoluzione scientifica e tecnologica sta producendo delle straordinarie trasformazioni nel modo di produrre e nella vita di ogni individuo. Tra le innumerevoli vie attraverso le quali questo fenomeno si sta manifestando in tutti i campi dell’attività umana, un aspetto in particolare, quello del successo di Internet (la rete delle reti), è diventato il simbolo della società globale. Le problematiche e le potenzialità connesse a questo sviluppo delle tecnologie dell’informazione sono entrate nel dibattito corrente attraverso due immagini simboliche, quella delle autostrade elettroniche (o informatiche) e quella della creazione di un servizio universale. Queste immagini hanno avuto il merito di mettere in evidenza la vera natura della sfida di fronte alla quale è posta l’umanità nella nuova fase della rivoluzione tecnologica aperta da Internet: la possibilità di realizzare finalmente il disegno, solo abbozzato dagli enciclopedisti nell’epoca dell’Illuminismo, di offrire ad ogni individuo l’opportunità e la possibilità di conoscere in qualsiasi momento e in qualunque luogo che cosa l’umanità sa e che cosa è in grado di fare. Le origini di Internet (fine anni Cinquanta) sono state accompagnate da un’elaborazione teorica che si poneva l’obiettivo di creare una galactic network, grazie alla quale sarebbe stato possibile condividere in tempo reale qualsiasi tipo di informazione su scala planetaria.
Non è questa la sede per approfondire le considerazioni sulle analogie fra le aspirazioni dell’epoca dei lumi e quelle dell’era della comunicazione globale. E’ però opportuno sottolineare che queste aspirazioni sono nate e cresciute, si sono propagate e concretizzate, in epoche contraddistinte dall’emergere del ruolo dello Stato — in particolare di quello francese su scala nazionale tra il XVIII ed il XIX secolo e di quello americano su scala continentale soprattutto dalla seconda metà del XX secolo — nelle politiche di promozione della scienza e della tecnica. Questo ruolo è ben testimoniato nei rapporti sullo stato della scienza e della tecnica commissionati da Napoleone all’inizio dell’Ottocento e dai discorsi sullo stato dell’Unione dei Presidenti USA dalla fine della seconda guerra mondiale, dai quali emerge non solo l’orgoglio nazionale di giocare un ruolo guida nello sviluppo del progresso, ma anche la consapevolezza di poter accrescere il benessere degli uomini.
Oggi c’è un accordo generale sul fatto che l’innovazione può essere il frutto, oltre che dell’azione spontanea e casuale degli individui, anche delle politiche degli Stati. Ma nel caso di Internet si tende a sottovalutare questa interazione fra potere ed innovazione e a mettere l’accento soprattutto sulla sua natura spontanea piuttosto che sugli aspetti del suo governo. Resta comunque il dato, sul quale soprattutto gli Europei (ma non solo, anche i Russi per esempio) dovrebbero riflettere, che la storia del successo di Internet è inscindibile dal ruolo giocato dal governo USA, e segna un grave insuccesso di quegli Stati che, a causa della loro dimensione puramente nazionale — i paesi dell’Unione europea — o del ritardo tecnologico accumulato —l’ex-URSS ed i suoi satelliti —, pur avendo investito enormi risorse nello sviluppo della società dell’informazione e/o nelle tecnologie della comunicazione, si sono dovuti arrendere alla rete delle reti.
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Prima di approfondire questo aspetto è però opportuno chiarire: 1) in che senso Internet è parte della rivoluzione scientifica e 2) chi governa Internet.
Per quanto riguarda il primo punto, in base alla definizione data da Radovan Richta alla fine degli anni Sessanta, la rete di rivoluzioni di fronte alla quale si trovava l’umanità era «un processo universale e costante di trasformazione delle forze produttive della vita umana, della loro struttura e della loro dinamica, nel quale la scienza diventa il fondamento dell’intera produzione, schiude la via alla complessa tecnicizzazione della base produttiva ed elimina l’impiego della forza-lavoro umana dalla produzione diretta, disimpegnando così le forze dell’uomo per le fasi che precedono la produzione; essa crea le condizioni nelle quali è soprattutto lo sviluppo generale dell’uomo, delle sue capacità e delle sue forze che diventa elemento decisivo del processo della civiltà».[1] Ciò che emerge dall’analisi condotta da Richta si può brevemente così riassumere. L’avanzare della rivoluzione scientifica e tecnologica avrebbe consentito: a) di estendere ed approfondire l’interdipendenza fra gli uomini; b) di liberare le attitudini creative dell’uomo; c) di far convergere i processi produttivi e quelli relativi al trasferimento dell’informazione con quelli educativi; d) di creare le premesse materiali per avviare una non ancora ben definita rivoluzione in campo politico e sociale.
La rivoluzione delle tecnologie dell’informazione, e di Internet in particolare, rappresenta il fronte più avanzato e dinamico della rete di rivoluzioni descritta da Richta. Un fronte che si è sviluppato seguendo una logica qualitativamente diversa rispetto a quella della rivoluzione industriale.[2] Le innovazioni della rivoluzione industriale avevano avuto un’importanza decisiva nel promuovere lo sviluppo di nuovi mezzi di comunicazione sul territorio (strade ferrate, linee telegrafiche) e nell’etere (radiodiffusione), di meccanizzazione e automazione della produzione, cioè nel promuovere la nascita e la crescita di reti distinte e specializzate. La rivoluzione delle tecnologie dell’informazione ha reso invece possibile qualche cosa di assolutamente nuovo: la interoperabilità delle reti, cioè la tendenza ad eliminare la specializzazione delle funzioni delle diverse infrastrutture delle comunicazioni. Internet è l’espressione più matura di questa tendenza, grazie alla quale si sono sviluppate energie tali da incominciare a modificare radicalmente, almeno in alcune parti del mondo, il modo in cui gli individui riproducono gli strumenti materiali del proprio benessere e della conservazione e trasmissione della conoscenza, e a mettere a disposizione di un numero crescente di individui risorse ed informazioni che solo fino a meno di dieci anni fa erano di esclusivo dominio di ristrette cerchie di scienziati, ricercatori e apparati statali.
Per quanto riguarda il secondo punto, bisogna osservare che, nonostante questo successo, Internet rappresenta tuttora solo l’embrione di una vera rete delle reti globale. Infatti una rete globale, per essere davvero al servizio di tutta l’umanità, dovrebbe dipendere dalla politica di un governo democratico mondiale. Invece per il momento, e per un tempo che è difficile prevedere, il suo sviluppo ed il suo governo dipenderanno dall’evoluzione degli equilibri di potere fra gli Stati, e in particolare fra USA, Europa ed Asia.
Quanto sta avvenendo in Asia meriterebbe un’analisi più ampia di quella possibile in questa nota. In quel continente il fenomeno Internet ha già innescato delle politiche di competizione tecnologica con il resto del mondo, soprattutto da parte dell’India, per guadagnare delle posizioni di leadership e quindi di controllo dei servizi che potranno essere immessi in Internet. Un discorso a parte meriterebbe anche la Cina, che da sola incomincia a costituire un problema nella gestione del registro regionale degli indirizzi Internet.
Il fatto è che il cuore dello sviluppo di Internet non si trova in questo momento né in Europa né in Asia. Per comprendere quali percorsi stia seguendo l’interazione fra potere e innovazione in questo campo, è quindi opportuno cercare di ricordare brevemente come è nata Internet.
Dopo il successo spaziale sovietico del lancio dello Sputnik, il governo americano incominciò a finanziare dei progetti di ricerca nel tentativo di recuperare il gap tecnologico con l’URSS, che allora appariva drammatico. Venne così istituita una fondazione autonoma nell’ambito del Dipartimento della difesa incaricata di studiare tutti gli aspetti dello sviluppo delle comunicazioni. Questo lavoro produsse negli anni Sessanta i primi nodi della rete continentale nordamericana, che collegò i principali centri di ricerca militare e dei laboratori universitari specializzati situati sulle coste occidentale ed orientale degli USA. Negli anni Settanta, il governo federale americano, al pari degli altri governi dei paesi industrializzati, incominciò a finanziare le ricerche per lo sviluppo di tecnologie avanzate nelle comunicazioni digitali, puntando sul potenziamento di ARPANET, la rete dell’agenzia del Dipartimento della difesa per progetti di ricerca avanzati. Fu in quegli anni che nacque ed incominciò a svilupparsi, nel tentativo di realizzare quella galactic network sognata dai pionieri di Internet, una primordiale network of network, governata dalle relative procedure (i protocolli Internet) per rendere possibile la connessione fra più reti.
Questa innovazione veniva incontro a due bisogni che si stavano affermando nella società americana. I successi delle politiche di promozione e controllo delle comunicazioni su scala continentale varate negli anni Trenta dal Congresso (Communications Act, 1934) da un lato avevano posto, a partire dagli anni Sessanta, il problema di automatizzare le operazioni di controllo e gestione del traffico telefonico — da qui l’esigenza di creare reti intelligenti in grado di ridurre al minimo gli interventi manuali, pena l’impossibilità di trovare un numero adeguato di operatori per far funzionare la rete — e, dall’altro, avevano stimolato la nascita di reti autonome di utenti — come Usenet e Bitnet — che cercavano di coniugare la capacità di elaborazione e di archiviazione del computer con la capillarità della rete telefonica, in modo da ampliare e potenziare le possibilità di condividere e scambiare informazioni. Di questa situazione si avvantaggiarono anche le agenzie federali, non solo nel campo della difesa, ma anche dell’energia, della salute, dell’ambiente, che poterono estendere e migliorare la loro azione di coordinamento continentale. Innovazione e bisogni della società incominciarono così ad interagire negli USA e a diffondersi in altri paesi — ma solo a partire dagli anni Ottanta, come in Olanda, una delle prime teste di ponte di Internet in Europa — al seguito delle attività delle multinazionali.
Non può dunque meravigliare che il funzionamento della rete delle reti fosse, e resti, de facto, nelle mani degli USA. Esso infatti è tuttora possibile solo grazie al sistema di assegnazione centralizzato degli indirizzi dei siti (i familiari — almeno per chi utilizza Internet — Domain Name System o DNS), che costituisce la vera core technology di Internet. Secondo i pionieri di Internet il segreto della rete risiedeva proprio in questi numeri: chi custodisce questo segreto controlla Internet. Il sistema di assegnazione svolge infatti la funzione di un elenco telefonico mondiale che combina i nomi Internet (per esempio www.euraction.org) con i codici numerici assegnati dai protocolli Internet (per esempio 194.202.158.47) per il riconoscimento univoco degli indirizzi sulla rete mondiale. Questo controllo è stato finora svolto da agenzie, come per esempio la IANA (Internet Assigned Number Authority) e, dal 1992, da società come la Network Solutions, sotto il diretto controllo del governo federale statunitense. Ma come spiegare la rapida diffusione su scala mondiale di Internet?
Con la fine della guerra fredda vennero meno molte delle ragioni che avevano spinto il Congresso e l’Amministrazione USA ad esercitare una politica restrittiva nel trasferimento delle tecnologie dell’informazione. Così, grazie ad una legge del 1992, il Congresso USA, autorizzò le agenzie federali a mettere a disposizione del commercio internazionale le proprie infrastrutture di rete, aprendo la strada allo sfruttamento commerciale e privato di Internet. Questa decisione contribuì ad attrarre nuove applicazioni, inventate al di fuori degli USA, sulla rete. La prima conseguenza fu un ulteriore avanzamento nell’uso di nuovi protocolli di comunicazione fra computer, ivi compreso quello inventato al CERN in Europa (ormai noto come http), che non aveva alcuna possibilità di affermarsi sulle reti informatiche nazionali europee.
Questo nuovo sviluppo aprì le porte al trasferimento, a basso costo e con semplici operazioni, di immagini, suoni, informazioni fra decine e decine di milioni di possessori di personal computer, ponendo fine al sogno europeo di competere con gli USA sul terreno delle tecnologie dell’informazione.
Gli Europei avevano spiegato per primi al mondo come convivere con il calcolatore,[3] ma senza preoccuparsi di sviluppare un’industria degna di questo nome nel settore dei personal computer. Gli Europei avevano finanziato ambiziosi programmi nazionali per l’informatizzazione delle rispettive società, ma più nell’ottica di rafforzare i rispettivi monopoli e le burocrazie nazionali che non in quella di estendere le possibilità di informazione dei cittadini su scala europea. Queste scelte si rivelarono sbagliate. Il simbolo della sconfitta europea è ben riassunto dal discorso con il quale il Primo Ministro francese Jospin, dopo la sua investitura, dichiarava sostanzialmente finito l’esperimento Minitel. Un esperimento che nell’arco di venti anni aveva collegato in rete gran parte degli utenti telefonici francesi!
Le cifre del successo di Internet sono ormai note a tutti: in meno di cinque anni il volume di traffico su Internet ha eguagliato quello raggiunto dalla rete telefonica in cent’anni.
Nel giro di pochi anni Internet è diventata un importante fattore di aumento delle comunicazioni e del commercio interno ed internazionale per gli Stati, trasformandosi in un’importante leva per governare il mondo: ancora oggi è possibile, con soli tredici computer, direttamente o indirettamente controllati dal governo USA, gestire l’archivio del sistema mondiale di indirizzamento dei domini principali, cioè dei registri regionali e nazionali degli indirizzi geografici (America, Europa, Asia, .us, .uk, .de, ecc.) e di quelli per attività (.gov, .org, .com, ecc.) che vengono attribuiti agli utenti che desiderano essere presenti nella rete.
Lo stesso governo americano riconosce che questo sistema di governo di Internet è ormai inadeguato per almeno due motivi: non è sufficientemente stabile, in quanto è giunto il momento di estendere — ma di quanto? — le possibilità di richiesta di nuovi indirizzi; non è sufficientemente sicuro per il trasferimento di informazioni riservate in campo commerciale, amministrativo e militare. D’altra parte i governi e gli utenti, in primo luogo quelli europei e le società commerciali, premono per una maggiore liberalizzazione del sistema di attribuzione degli indirizzi per accrescere il proprio peso. Il governo americano a parole si è dichiarato favorevole ad una privatizzazione della gestione dei registri mondiali degli indirizzi, ma ha ribadito la necessità di mantenere un sistema centralizzato di controllo con sede negli USA.[4]
La crescita dell’uso commerciale e amministrativo di Internet pone inoltre il problema di una legislazione valida universalmente per impedire che uno Stato tragga dei vantaggi commerciali e nel campo della sicurezza militare rispetto a tutti gli altri paesi. Ma né gli Europei, né gli Asiatici sono in questo momento ancora in grado di affiancarsi efficacemente agli USA nel governo di Internet e non esistono ancora le condizioni per creare un’autorità federale mondiale di controllo. La riforma del sistema di governo di Internet resta quindi affidata ai rapporti di forza fra i vari Stati negli organismi internazionali di coordinamento delle comunicazioni.
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In questo quadro diventa chiara la ragione per cui gli USA non vogliono rinunciare alla posizione di forza che tuttora detengono, così come le ragioni per cui USA ed Europa stanno rispondendo in modo diverso alle sfide della rivoluzione delle tecnologie dell’informazione.
Il governo americano, ben determinato nel difendere la propria leadership mondiale, ha deciso da un lato di accelerare i tempi della riforma degli organismi di controllo della rete delle reti e, dall’altro, di lanciare la sfida per realizzare la Next Generation Internet.
A partire dal 1996 sono state avanzate delle proposte per ristrutturare il controllo di Internet, che prevedevano la creazione di una nuova corporation, «con sede negli USA in modo da promuovere la stabilità e da favorire il mantenimento della fiducia nell’esperienza tecnica maturata negli USA in questo settore», effettivamente avvenuta nell’ottobre 1998. Compito di questa corporation è ora quello di produrre, sotto l’egida del governo federale, una riforma generale entro il settembre dell’anno 2000.
Nel frattempo il progetto Next Generation Internet dovrebbe accrescere ulteriormente il ruolo degli USA in questo settore, trasferendo la core technology della «vecchia» Internet su una rete USA capace di trasmettere entro il 2002 le informazioni ad una velocità da 100 a 1000 volte superiore all’attuale.
Questo impegno americano sul fronte di Internet si inquadra nel pluridecennale impegno del governo federale nel promuovere le politiche a sostegno dell’innovazione: è da almeno quarant’anni che negli USA il 45% delle risorse per la ricerca e lo sviluppo viene fornito dal livello federale. Questo impegno ha avuto essenzialmente uno scopo: coordinare gli sforzi su scala continentale per favorire l’osmosi fra innovazione per scopi civili ed innovazione per scopi militari. Durante la guerra fredda l’accento era posto sul primato dell’innovazione militare, oggi sul primato di quella civile, ma l’orientamento di fondo è inalterato: spetta al governo federale garantire il dual use di qualsiasi innovazione per conservare ed accrescere la leadership mondiale americana.
Niente di tutto ciò è avvenuto né può ancora avvenire in Europa. Il Piano Delors (1992) e il Rapporto Bangemann (1995-96) sono un pallido riflesso di quanto succede sull’altra sponda dell’Atlantico. Il Piano Delors, che pure aveva posto il problema degli investimenti infrastrutturali europei nel campo delle tecnologie dell’informazione, è superato sia per quanto riguarda il metodo — l’approfondimento della cooperazione fra gli Stati membri —, che per quanto riguarda i contenuti — siamo infatti già di fronte ad una nuova svolta nello sviluppo di Internet. Il Rapporto Bangemann, sebbene più recente e più specifico del Piano Delors, mette l’accento più sulla sussidiarietà come metodo di lavoro che sul ruolo centrale delle istituzioni europee, e non offre alcuno spunto per rilanciare la politica europea nel campo del sostegno all’innovazione.
Così, mentre negli USA il rapporto dialettico fra innovazione e nuovi bisogni continua a trovare nel potere federale un decisivo fattore di coordinamento delle forze produttive e di aggregazione del consenso della società sulla politica federale, in Europa l’innovazione, che pure continua a manifestarsi in vari campi, non può tradursi in potere mondiale né in applicazioni capaci di modificare i comportamenti sociali senza l’intermediazione americana. Gli Europei sembrano cioè aver imboccato una strada simile a quella percorsa secoli addietro dalla civiltà cinese, capace sì di produrre prima degli altri popoli innovazioni quali la polvere da sparo, ma inadeguata per sfruttarne tutte le implicazioni.
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In conclusione l’avvio della riforma del sistema di governo di Internet pone ancora una volta gli Europei di fronte alla scelta fra sottomettersi alle scelte americane e dotarsi degli strumenti per contribuire efficacemente e responsabilmente al controllo di uno strumento cruciale per l’ordine mondiale. E questa scelta coincide sempre di più con quella fra mantenere gli Stati nazionali sovrani e creare lo Stato federale europeo.
Franco Spoltore
[1] Radovan Richta, «La rivoluzione tecnologico-scientifica e le alternative della civiltà moderna», in Progresso tecnico e società industriale, Milano, Jaca Book, 1977, p. 72.
[2] Si veda in proposito Arati Prabhakar in Trade and Technology, Seminar Series at the University of Maryland, March 7, 1995 e in The National Information Infrastructure: A Revolution for the Millennium, Mayo Clinic, Rochester, MN, October 4, 1995.
[3] «Per migliorare la posizione della Francia in un rapporto di forza con dei concorrenti che sfuggono alla loro sovranità, i poteri pubblici devono valersi senza scrupoli delle loro prerogative ‘regali’: ordinare» («Rapporto sull’informatica al Presidente della Repubblica francese», in S. Nora e A. Minc, Convivere con il calcolatore, Milano, Bompiani, 1978, p. 26).
[4] Statement of policy concerning the management of the Internet Domain Name System - United States Department of Commerce, Management of Internet Names and Addresses (White Paper, lune 1998).