IL FEDERALISTA

rivista di politica

 

Anno LXVI, 2024, Numero 2-3, Pagina 81

LA RIPARTIZIONE DELLE COMPETENZE
IN UN’UNIONE FEDERALE*

I principi stabiliti dai Trattati in vigore

La ripartizione delle competenze tra i diversi livelli di governo è un problema classico di diritto costituzionale in ogni sistema federale poiché occorre conoscere con precisione quali competenze possono essere esercitate dalla Federazione e quali devono essere riservate — e quindi esercitate — dagli Stati membri di una Federazione. L’attuale Unione europea, pur non essendo una Federazione compiuta, fonda sugli stessi principi la ripartizione delle competenze tra lei e i suoi Stati membri, con la sola differenza che le competenze dell’Unione le sono attribuite dagli Stati membri in quanto essi si considerano (e così hanno stabilito) i “padroni dei Trattati”, mentre le federazioni fondano la ripartizione delle competenze su un atto autonomo della federazione ratificato dal popolo sovrano (“We the people” per la Federazione americana o “il potere costituente appartiene al popolo” della Legge Fondamentale tedesca).

Secondo l’art. 5 del Trattato di Lisbona, la delimitazione delle competenze dell’Unione è fondata sul principio di “attribuzione” da parte degli Stati membri proprio in quanto “padroni dei Trattati”. Nello stesso articolo, si precisa che i principi di sussidiarietà e di proporzionalità riguardano l’esercizio delle competenze dell’Unione (in realtà l’esercizio delle sole competenze concorrenti — che nella versione francese del Trattato vengono definite “condivise” — in quanto la nozione di competenze “esclusive” esclude a priori l’esercizio di una competenza da parte degli Stati membri, mentre l’esercizio delle competenze dette di sostegno esclude a priori un intervento legislativo di armonizzazione da parte dell’Unione europea). Quindi è solo nel campo delle competenze concorrenti — enumerate in modo non esaustivo nell’articolo 4 del TFUE — che si applicano i principi di sussidiarietà e di proporzionalità. Ciò significa che l’Unione europea deve dimostrare, nell’esercizio della competenza legislativa da parte delle sue istituzioni, che l’adozione di una “legge europea” (regolamento o direttiva) in uno dei settori enumerati nell’art. 4 TFUE è più efficace di leggi nazionali adottate individualmente dai singoli Stati (e che la “legge europea” non comporta modalità di azione eccessive rispetto a quanto sia strettamente necessario per raggiungere lo scopo perseguito).
 

Unione federale di Stati oppure Stato federale?

Contrariamente a quanto afferma la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, i federalisti non vogliono creare un super-Stato federale europeo che eserciti quelle competenze legislative o esecutive di cui dispongono oggi gli Stati nazionali che hanno, nella stragrande maggioranza dei casi, un’esistenza secolare. I federalisti, come anche personalità politiche come Luigi Einaudi, hanno riconosciuto che lo Stato nazionale che si è affermato nei secoli non è più in grado di svolgere tutte le funzioni che esercitava nell’Ottocento e di esercitare una sovranità assoluta in tutti i campi della sua attività. Per questa ragione, la soluzione più realista sarebbe quella di creare, per via di aggregazione, un’unione federale degli Stati nazionali esistenti (o di una parte di essi) sul modello praticato dagli Stati Uniti d’America nel 1789 o dalla Confederazione svizzera nel 1848. Tale soluzione corrisponde a quella preconizzata dal Prof. Sergio Fabbrini nel suo volume Which European Union? pubblicato nel 2015[1] e non si distingue da quella preconizzata da Jacques Delors quando propose, con un solo apparente ossimoro, la creazione di una federazione di Stati-nazione. In questa organizzazione federale, gli Stati nazionali continuerebbero ad esercitare le competenze di cui hanno disposto per secoli (cito per l’essenziale la politica di sicurezza interna e l’ordine pubblico, l’organizzazione della rete dei trasporti sull’insieme del territorio nazionale, i diritti sociali essenziali quali la sanità, l’istruzione e l’occupazione, la previdenza sociale ed il regime pensionistico, in breve il cosiddetto welfare state nell’accezione di protezione del cittadino dalla culla alla tomba che ha caratterizzato la politica dei paesi scandinavi dal secolo scorso).
 

Le competenze di cui dispone attualmente l’Unione europea

In base agli articoli 3 e 4 dell’attuale Trattato di Lisbona, l’Unione europea dispone di una competenza legislativa esclusiva in cinque settori di attività (l’unione doganale, la politica monetaria, le regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno, la politica commerciale comune e la conservazione delle risorse del mare), mentre dispone di una competenza legislativa condivisa o concorrente in undici settori di attività quali ad esempio il mercato interno, l’agricoltura, l’ambiente e i trasporti. In alcuni settori particolari quali la ricerca, lo sviluppo tecnologico e la cooperazione allo sviluppo, l’Unione europea può condurre delle azioni specifiche senza che tale competenza impedisca agli Stati membri di esercitare una competenza a loro volta (contrariamente alla regola generale valida per le competenze condivise o concorrenti).
 

Le competenze di cui dovrebbe disporre un’Unione federale di Stati 

1) Una Legge Fondamentale che attribuisca le competenze.

L’Unione federale dovrebbe disporre di una Legge Fondamentale votata da una maggioranza di cittadini europei, o attraverso un referendum popolare paneuropeo oppure tramite il voto favorevole di una maggioranza di Parlamenti nazionali (che vincolerebbe solo i paesi favorevoli al nuovo testo di Legge Fondamentale). Preferisco chiamare il nuovo testo “Legge Fondamentale” piuttosto che Costituzione europea poiché le Corti Costituzionali di alcuni Stati europei (in particolare quella tedesca e quella francese) hanno contestato il fatto che una Costituzione europea prevalga sulle Costituzioni nazionali. Tale Legge Fondamentale dovrebbe sopprimere il potere attuale degli Stati membri di attribuire le competenze legislative all’Unione federale (in altri termini, dovrebbe privare gli Stati del loro potere attuale di essere i “padroni dei Trattati”). La nuova Unione federale dovrebbe quindi essere autonoma nel definire le competenze dell’Unione. Le competenze legislative esclusive dell’Unione federale potrebbero essere le stesse dell’attuale Unione europea (vale a dire le cinque competenze esclusive enumerate nell’art. 3 del TFUE) mentre occorrerebbe ampliare le competenze dette concorrenti o condivise enumerate nell’art. 4 del TFUE.
 

2) Una capacità fiscale propria.

L’Unione federale dovrebbe disporre di una capacità fiscale propria, cioè della facoltà di intervenire sul piano legislativo sia per le entrate che per le spese dell’Unione. Per permettere all’Unione di adempiere ai compiti che le sono affidati dalla Legge Fondamentale, essa dovrebbe avere il diritto di percepire imposte europee dirette e indirette (oppure partecipazioni al gettito di imposte dirette o indirette nazionali), di fare prestiti, di acquistare e vendere beni mobili e immobili nel territorio degli Stati membri (senza che questo limiti il diritto analogo degli Stati membri di percepire imposte nazionali). Per questo, l’Unione dovrebbe disporre di un bilancio federale europeo che ammontasse almeno al 3% o al 4% del bilancio complessivo degli Stati membri (come fu proposto alcuni anni fa da Emma Bonino sotto la denominazione di “una Federazione leggera”[2]). Un documento del Centro Studi sul federalismo di Torino[3] ha descritto quali potrebbero essere le “risorse proprie” da attribuire al bilancio europeo (per l’essenziale una sovraimposta europea nei settori del tabacco e del gioco d’azzardo, nonché una tassa europea sulle transazioni finanziarie, che fornirebbero al bilancio europeo circa 100 miliardi di euro annuali, da aggiungere ad altre risorse proprie già proposte dalla Commissione europea per circa 50 miliardi di euro annuali, il che fornirebbe al bilancio europeo l’ammontare di circa 150 miliardi di euro ogni anno).
 

3) Una politica industriale europea.

Oggi il Trattato di Lisbona prevede solo delle misure di politica industriale che accompagnino o sostengono l’industria europea. Ma le profonde trasformazioni intervenute nell’economia mondiale impongono una revisione della politica industriale europea che incoraggi e favorisca l’efficienza energetica, la cosiddetta economia circolare, la digitalizzazione e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale in modo compatibile con l’obiettivo della piena occupazione. Occorre promuovere l’innovazione, gli investimenti e gli strumenti finanziari che consentano alle piccole e medie imprese (che rappresentano la quasi totalità delle imprese europee) di crescere. L’Unione federale deve poter contare su un sistema federale di banche pubbliche di investimento, su appalti pubblici europei e su imprese pubbliche europee che diano vita a progetti comuni come Galileo, Ariane, Airbus o come l’European Microchips Act. Occorre quindi che l’Unione federale disponga di una vera e propria competenza legislativa in materia di politica industriale.
 

4) Garantire l’autonomia strategica dell’Unione federale.

L’Unione federale dovrebbe disporre di una vera e propria sicurezza esterna e dotarsi a tal fine di una politica estera e di difesa comune. Non si tratta, come vorrebbero alcune critiche caricaturali, di costituire un cosiddetto esercito europeo, ma di sfruttare le economie di scala derivanti dall’integrazione dei sistemi di difesa nazionali e dalla standardizzazione degli armamenti. Tutt’al più, sarà necessario creare una forza di intervento rapido in caso di crisi internazionali che dovrebbe andare ben al di là delle 5.000 unità indicate nello Strategic Compass dell’Alto Rappresentante Borrell[4] (basti ricordare che un Consiglio europeo tenuto ad Helsinki nel 1999 aveva deciso di costituire una forza di intervento rapido composta da circa 50.000 unità[5]). Una difesa europea dovrebbe essere concepita come uno strumento per consentire all’Unione federale di agire efficacemente per il mantenimento e la promozione della pace (il peace keeping e il peace building) e anche per intervenire nel quadro di un mandato dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. L’Unione federale dovrebbe attuare un controllo rigoroso sulla vendita di armamenti ed agire per una riduzione reciproca ed equilibrata delle forze militari e degli armamenti esistenti. L’essenziale per l’Unione federale sarebbe di disporre di una competenza specifica per coordinare le politiche di difesa nazionali attraverso l’adozione di regole comuni. Naturalmente, occorrerebbe innanzitutto condividere degli obiettivi di politica estera (non necessariamente all’unanimità tra gli Stati membri ma almeno tra una larga maggioranza di Stati), avere una percezione largamente condivisa delle minacce esterne, essere disponibili a mettere in comune strumenti di difesa (compresi quelli nucleari) al servizio di missioni e strategie comuni, una maggiore interoperabilità di forze armate nazionali, una base di industria pubblica comune e regole comuni sulla vendita d’armi a paesi terzi. Naturalmente, una difesa europea dovrebbe essere sottoposta al controllo di un governo federale che risponda ad un Parlamento eletto democraticamente dai cittadini europei. In un futuro non lontano, il governo federale europeo dovrebbe rappresentare l’Unione europea nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite come conseguenza logica dell’attribuzione di un seggio unico europeo nel quadro di una riforma dell’ONU. Naturalmente, l’attribuzione all’Unione federale di una competenza in materia di politica estera e di difesa comune richiede la modifica del processo decisionale (voto a maggioranza).
 

5) Lo Stato di diritto.

Grazie all’art. 7 del Trattato di Lisbona esiste già oggi una competenza dell’Unione europea per sanzionare uno Stato membro che violi le disposizioni relative allo Stato di diritto (soprattutto l’indipendenza della magistratura dal potere esecutivo e la libertà di stampa). Tuttavia, l’art. 7 TUE non permette in pratica di sanzionare uno Stato il cui governo violi lo Stato di diritto a causa dell’unanimità richiesta (salvo lo Stato inadempiente) nel Consiglio dell’Unione. Occorrerebbe di conseguenza affidare la competenza sanzionatoria alla Corte di Giustizia (come fu proposto nel progetto Spinelli votato dal PE nel Febbraio 1984) e prevedere la sospensione dello Stato inadempiente (non solo il suo diritto di voto), come è previsto in sede ONU oppure nello statuto del Consiglio d’Europa.
 

6) Rafforzare la politica sociale dell’Unione federale.

A mio parere, la creazione di un vero welfare europeo dovrebbe fondarsi essenzialmente sulle politiche nazionali di welfare (previdenza sociale e regime pensionistico) e non sulla competenza legislativa di un’Unione federale. Tuttavia, questo principio non dovrebbe impedire un rafforzamento della politica sociale in un’Unione federale rispetto alle competenze legislative di cui dispone attualmente l’Unione europea. Non dimentichiamo che la politica sociale è stata finora la “parente povera” dell’UE che ha prodotto sul piano legislativo non più di 80 o 90 “leggi” europee (sulle circa 15.000 leggi europee esistenti). Fortunatamente, l’adozione relativamente recente di un “pilastro europeo “ dei diritti sociali da parte delle Istituzioni dell’UE ha permesso alla Commissione europea di proporre un programma di attuazione di 20 principi o diritti sociali riconosciuti negli Stati membri e/o nella Carta dei Diritti fondamentali. Tale programma ha permesso all’UE di intervenire sul piano legislativo attraverso direttive europee sulle condizioni di lavoro, sulla parità di genere e financo sul salario minimo malgrado il Trattato escluda l’adozione di leggi europee sulle retribuzioni. Inoltre, il programma SURE ha permesso di accordare prestiti da parte della Commissione europea e della BCE per circa 100 miliardi di euro destinati alla conservazione dei posti di lavoro attraverso la cassa integrazione, prestiti relativi ad iniziative di formazione professionale. Anche se una politica di welfare dovrà restare, per l’essenziale, una competenza nazionale per quanto riguarda la previdenza sociale ed il regime pensionistico, occorrerebbe generalizzare la procedura legislativa ordinaria e, pertanto, il voto a maggioranza in seno al Consiglio, all’insieme delle misure di politica sociale previste dall’art. 153 del TFUE. Lo stesso dovrebbe valere per gli accordi conclusi dalle parti sociali ai sensi dell’art. 155 TFUE.
 

7) Altri rafforzamenti delle competenze concorrenti esistenti nell’attuale UE.

Oltre alle nuove competenze concorrenti di cui dovrebbe disporre l’Unione federale (vedere sopra), occorrerebbe estendere le competenze attuali dell’Unione europea in materia di politica dell’energia alla conclusione di accordi internazionali relativi alla fornitura in comune di risorse energetiche. Inoltre, in materia di politica economica, occorrerebbe modificare le disposizioni che affidano agli Stati membri il coordinamento delle loro politiche economiche (artt. 119, 120 e 121 TFUE) a profitto di una competenza legislativa attribuita all’Unione federale. Di conseguenza, le decisioni legislative sull’assistenza finanziaria ai paesi in difficoltà di cui all’art. 122 TFUE andrebbero prese secondo la procedura legislativa ordinaria.  Lo stesso varrebbe per le decisioni di cui all’art. 126 relative ai deficit eccessivi e all’art. 136 per quanto riguarda gli orientamenti di politica economica dei paesi della zona Euro. Inoltre, occorrerebbe modificare l’art. 125 TFUE al fine di permettere la creazione di strumenti finanziari analoghi al Recovery Plan/Next Generation EU che prevedano la formazione di un “debito comune” europeo finanziato da risorse proprie dell’Unione federale.
 

Brevi conclusioni

In conclusione, un’Unione federale europea non avrebbe bisogno di beneficiare di nuove competenze legislative esclusive (basterebbero le cinque dell’attuale UE) ma potrebbe realizzarsi attribuendo all’attuale UE la “competenza delle competenze” in una Legge Fondamentale votata da una maggioranza di cittadini europei o di Parlamenti nazionali ed estendendo il numero e il contenuto di nuove competenze concorrenti ad alcuni settori di attività supplementari (vedi sopra). Quindi, da un punto di vista meramente numerico, basterebbe attribuire all’Unione federale una competenza concorrente nei quattro o cinque settori di attività descritti qui sopra. Naturalmente, non va ignorato il carattere politico fondamentale di alcune decisioni altamente sensibili quali l’attribuzione all’Unione federale di un seggio unico in seno al Consiglio di Sicurezza dell’ONU oppure la messa a disposizione del governo dell’Unione federale della force de frappe nucleare francese.

Paolo Ponzano


[*] Intervento alla riunione nazionale dell’Ufficio del Dibattito del Movimento federalista europeo tenutasi a Ferrara il 13 aprile 2024 sul tema Sovranità e sussidiarietà: due anime del federalismo europeo.

[1] S. Fabbrini, Which European Union?, Cambridge, Cambridge University Press, 2015, https://doi.org/10.1017/CBO9781316218945.

[2] S. Santucci, “L’euro aveva una governance imperfetta dalla nascita. Serve una federazione europea leggera”. L’intervista ad Emma Bonino, Lab Parlamento, 30 novembre 2018, https://www.labparlamento.it/leuro-aveva-una-governance-imperfetta-dalla-nascita-con-la-tempesta-non-ha-retto-piu-serve-una-federazione-europea-leggera-lintervista-ad-emma-bonino/.

[3] O. Fontana e L. Gasbarro, Nuove risorse proprie per il bilancio europeo, Torino, Centro Studi sul Federalismo, Policy Paper n. 63, aprile 2024.

[4] J. Borrell, A Strategic Compass to Make Europe a Security Provider, EEAS strategic Communications, 24 marzo 2022, https://www.eeas.europa.eu/eeas/strategic-compass-make-europe-security-provider-foreword-hrvp-josep-borrell_en.

[5] Helsinki European Council, 10 and 11 December 1999 – Presidency Conclusions, https://www.europarl.europa.eu/summits/hel1_en.htm.

 

 

 

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