Anni XXXII, 1990, Numero 3 - Pagina 240
LA COOPERAZIONE CEE-MAGHREB
Rapporti privilegiati fra la CEE e i paesi del Maghreb esistono dalla fondazione stessa della Comunità. La storia stessa dimostra come il dialogo (o lo scontro) fra le due rive del Mediterraneo sia ineluttabile. Questi rapporti sembrano giunti ormai ad una svolta, anche sulla spinta della crisi del Golfo.
I dati fondamentali per comprendere, in prima approssimazione, la scelta in discussione e le conseguenze che da essa possono derivare possono essere schematizzati in pochi punti.
1) La formazione di un mercato interno europeo rischia di indebolire ulteriormente le economie del Nord-Africa, se queste non si legheranno più strettamente ad esso, facendo un salto di qualità.
2) Il debito dei paesi mediterranei costituisce un’ipoteca sempre più pesante per il loro sviluppo. Un piano di cooperazione organico fra Europa e Maghreb, economico-finanziario, è una condizione indispensabile per far decollare l’economia di questi paesi.
3) La collaborazione fra Est e Ovest ha modificato radicalmente gli equilibri mondiali rendendo drammaticamente urgente la necessità di creare federazioni regionali come alternativa alle crisi nazionalistiche, quali la crisi mediorientale. La crescente cooperazione fra i paesi del Maghreb può costituire in questa prospettiva un elemento di stabilizzazione di importanza strategica per tutto il Mediterraneo; è interesse generale che questo processo si consolidi.
4) Lo squilibrio crescente fra il boom demografico del Nord-Africa e l’invecchiamento dell’Europa rendono ancora più urgente l’esigenza di garantire un riequilibrio economico fra le due aree come sola alternativa di lungo periodo a flussi migratori destabilizzanti.
La rivoluzione in atto nei rapporti internazionali e la formazione di un mercato interno europeo unico sono strettamente collegati. E’ il successo dell’Europa che ha fatto definitivamente tramontare Yalta e crollare il muro di Berlino. E’ inevitabile che questa onda raggiunga il Nord-Africa,aprendo nuove prospettive.
La crescita dell’Europa ha reso sempre più debole il vecchio ordine bipolare; quest’ultimo non è ancora scomparso, ma è confinato essenzialmente al settore militare ed è efficace solo nei casi in cui il fattore militare stesso prevale. Il nuovo ordine mondiale emergente non può essere che multipolare. Ma il multipolarismo può essere cooperativo o anarchico. Sarà cooperativo solo se i paesi si integreranno in federazioni regionali, sulla base delle loro affinità storiche. In caso contrario, il mondo resterà diviso in piccoli Stati, spinti al nazionalismo e all’aggressione dall’esasperazione dei loro problemi, che in un quadro nazionale non possono trovare soluzioni. Questa è l’alternativa fondamentale di fronte a cui si trovano tutti gli Stati; essa spiega la crisi mediorientale, e può contribuire a comprendere quali scenari alternativi siano aperti ai paesi del Maghreb.
Per orientare il mondo verso il multipolarismo cooperativo non è sufficiente sviluppare la capacità dell’ONU di far rispettare il diritto internazionale. Per raggiungere questo fine, è indispensabile raggruppare a livello regionale gli Stati, attivando processi di cooperazione con la creazione graduale di poteri federali.
Di fronte a questa situazione, l’Europa è chiamata a svolgere un ruolo di importanza crescente. Non solo dando l’esempio di come sia possibile unificare popoli divisi da mille diversità; ma anche dando un concreto appoggio agli sforzi di cooperazione regionale, a cominciare dalle aree più prossime all’Europa stessa.
In questo quadro si collocano i rapporti CEE-Maghreb e si comprende l’importanza della posta in gioco, che va al di là dei problemi locali, pur rilevanti in quanto tali. In questo quadro altresì si colloca il problema di individuare le misure concrete che l’Europa può adottare per sostenere lo sviluppo del Maghreb e, più in generale, lo sviluppo e l’integrazione dei paesi mediterranei.
A questo fine valgono due precedenti. Nell’immediato dopoguerra, per sostenere lo sviluppo dell’Europa e la sua integrazione, gli Stati Uniti vararono il Piano Marshall, ponendo come condizione che gli aiuti fossero gestiti unitariamente da una sola istituzione e con una sola strategia europea comune.
Il secondo precedente è costituito dalla creazione della Banca dell’Est, decisa dalla Comunità per sostenere la ristrutturazione delle economie orientali verso il mercato e lo sviluppo democratico. La Banca dell’Est consentirà di razionalizzare gli aiuti dei paesi della Comunità, contribuendo a superare i limiti degli accordi bilaterali fra i singoli paesi, al tempo stesso facendo partecipare alla gestione della Banca stessa tutti i paesi coinvolti, finanziatori e finanziati.
Questi precedenti suggeriscono l’opportunità di creare una Banca europea del Mediterraneo. Essa costituirebbe uno strumento strategico per l’impegno europeo a favore dello sviluppo dell’area mediterranea e in particolare per il finanziamento dell’integrazione fra i paesi del Maghreb fra di essi, da un lato, e, dall’altro lato, fra i paesi del Maghreb e la CEE. La Banca europea del Mediterraneo concretizzerebbe, nell’ambito della regione più importante per l’Europa, l’alternativa europea alla crisi e il contributo dell’Europa alla costruzione di un nuovo ordine economico, più evolutivo.
Le motivazioni profonde che sorreggono questo progetto hanno già spinto la BEI a sviluppare la propria attività in questa direzione. Va detto peraltro che una Banca europea del Mediterraneo fruirebbe di potenzialità maggiori, potendo coinvolgere, fin dal momento della sua istituzione, su un piano paritario, le risorse tecniche e finanziarie sia dell’Europa sia dei paesi mediterranei.
La Comunità del Maghreb è destinata a svilupparsi gradualmente, con un approccio funzionalista. Il primo passo in questa direzione è probabile avvenga nel settore dell’energia; non a caso, anche il processo di integrazione europea fece il primo balzo avanti nel settore energetico, con la creazione della CECA. Un’iniziativa congiunta nel settore dell’energia pone al Maghreb problemi di ordine finanziario anche per quanto riguarda i rapporti con l’Europa; anche da questo punto di vista emerge l’importanza del ruolo che potrà essere svolto dalla Banca europea del Mediterraneo.
L’operatività della Banca europea del Mediterraneo richiede di essere sorretta da altre iniziative, che garantiscano la disponibilità dei beni e dei servizi finanziabili dalla Banca stessa. Emerge in questa prospettiva il ruolo importante che i paesi mediterranei membri della CEE possono svolgere, ponendo a disposizione di una politica europea per il Mediterraneo le proprie capacità e il proprio know-how, a propria volta traendo concrete occasioni di crescita in primo luogo per le loro regioni che si affacciano sul Mediterraneo stesso. Si tratta anche di evitare che queste regioni siano collocate in posizione marginale da una linea di sviluppo orizzontale est-ovest, cercando invece di occupare una posizione di cerniera fra nord e sud, attivando una triangolazione fra le tre aree. Ed esiste un altro motivo fondamentale che rende importante per le regioni meridionali dell’Europa stimolare una simile evoluzione. Il rafforzamento della politica europea per il Mediterraneo è in grado di rafforzare, all’interno dell’Europa, la politica regionale a favore delle aree meno sviluppate. Si tratta, in questa prospettiva, di unificare gli strumenti d’intervento per la politica regionale e per la politica mediterranea, cumulando le risorse comunitarie e nazionali, le esperienze delle maggiori imprese e degli organismi pubblici.
In questa prospettiva esiste complementarietà piena fra gli interessi del Maghreb, del Mediterraneo, delle aree meno sviluppate dell’Europa, dell’Europa nel suo insieme. Al di fuori di questa prospettiva, aumentano i rischi di conflitti economici e quindi di un processo di disgregazione.
Dario Velo