IL FEDERALISTA

rivista di politica

 

Anno LXVI, 2024, Numero 2-3, Pagina 105

AZIONE FEDERALISTA E COINVOLGIMENTO DELLA SOCIETA’: UN APPROCCIO TERRITORIALE
PER LA REALIZZAZIONE DELLA FEDERAZIONE*

Il tema trattato in questo contributo riguarda il ruolo culturale del federalismo organizzato nella società. Prima di arrivare al cuore della questione sono necessarie alcune premesse. Il processo di integrazione europea procede — nonostante evidenti limiti e contraddizioni — e il federalismo organizzato non appare più come la grande forza capace di indirizzare autonomamente il processo di integrazione verso un assetto federale come in passato. Occorre comunque distinguere tra processo di integrazione e processo federativo: si tratta di due questioni distinte. Il primo non porta necessariamente al raggiungimento di un assetto federale; il secondo, invece, riconosce l’imperativo e l’urgenza del raggiungimento di questa organizzazione istituzionale. Inoltre, da un lato il processo di integrazione ha certamente avvicinato lo stato delle cose all’ideale degli Stati Uniti d’Europa, depotenziando la percezione di necessità delle istanze poste dai federalisti; dall’altro lato, il processo di integrazione è tuttora gravemente incompleto e lascia irrisolte innumerevoli questioni sociali, economiche, democratiche e territoriali. In questo contesto, lo scarso senso d’urgenza e la ridotta attenzione verso le istanze del federalismo organizzato a livello europeo, pongono il serio rischio di un arresto del processo federativo, quando non di una sua retrocessione. Conseguentemente, la forza federalista è chiamata a ricoprire il ruolo di baluardo fondamentale in termini di avanguardia teorica e di proposta politica per un “salto” federale dell’Unione attuale. Questa propensione è da custodire e, affinché ciò possa accadere, occorrono non solo momenti di dibattito e riflessione congiunta, ma anche una certa apertura mentale e una predisposizione al dialogo che deve manifestarsi chiaramente nella vita interna al Movimento. Più idee ci sono, più queste vengono discusse ed elaborate collettivamente, maggiore è la possibilità di continuare a essere avanguardia.

Inoltre, c’è un altro aspetto nevralgico: la necessità di sviluppare una rinnovata capacità all’interno del Movimento di osservare e comprendere la realtà odierna con lenti anche differenti da quelle usate fino alla fine del secolo scorso e all’inizio del secolo corrente. Il mondo continua a cambiare, le sfide si differenziano e moltiplicano, le relazioni sociali e politiche si ampliano e si intrecciano più che in passato. Tutto ciò deve essere tema di riflessione per il Movimento, perché il federalismo rimane l’unica cornice di senso e la sola prospettiva istituzionale percorribile attraverso la quale ipotizzare la gestione democratica di questa complessità. La riflessione qui proposta è, in effetti, limitata al vecchio continente, anche se con questa prospettiva eurocentrica si rischia di alimentare una forma di autoreclusione del pensiero del Movimento che ritengo potenzialmente dannosa e ingannevole. Come del resto lo è anche il fatto di credere che, istituita l’Europa federale, si possa successivamente costruire la Federazione mondiale sulla scia del successo ottenuto in Europa. Questo potrebbe accadere solo nel caso in cui, mentre si costruiscono gli Stati Uniti di Europa, ci si occupasse al contempo di conoscere a fondo le dinamiche del resto del mondo e le questioni che, volenti o nolenti, sono sfide globali. Se non vi è la propensione a considerare e lavorare anche a livello globale, la realizzazione di un assetto federale in Europa sarà sempre parziale, posizione del resto più volte sostenuta nei loro scritti da Albertini e altri federalisti italiani.

Ritornando al tema principale, è potenzialmente interessante capire se sia altrettanto dannoso e ingannevole credere che “fatta” la Federazione europea saranno “fatti” anche i cittadini federali. Per cittadini federali intendo cittadini che si riconoscano e abbraccino i principi costitutivi del federalismo. Un popolo europeo che assuma comportamenti federalistici[1] credo sia una legittima aspirazione per il nostro movimento. Forse le parole di Albertini a questo proposito rendono il quadro più chiaro: “se vogliamo evitare di elaborare teorie imprecise, che parlano dello Stato, della società, della libertà, della giustizia e così via senza riferirsi veramente alla realtà, dobbiamo far riferimento a modi di agire, a comportamenti umani. Se al contrario questa operazione non riesce, la teoria rimane vaga proprio per quanto riguarda i suoi rapporti con la realtà, ossia con l’azione umana nei suoi agenti, nel suo carattere e nei suoi fini, che risultano interpretabili a piacere nei più diversi modi.”[2]

Ecco che si arriva al primo punto decisivo di questo contributo: capire se sia un interesse, o meno, del nostro Movimento contribuire alla formazione culturale della società che vivrà quella che noi tutti ci auspichiamo presto diventi la Federazione europea. Personalmente credo debba essere, in questo momento storico, una priorità del movimento, tanto quanto lo è la battaglia per la riforma dei trattati UE. In altre parole: cosa ce ne facciamo di tutto il pensiero federalista, anzi del sistema di pensiero politico federalista — per non dire dell’ideologia in termini albertiniani — quando limitiamo l’azione e, in parte il pensiero, del Movimento alla costituzione di un assetto federale a livello continentale?

Sia chiaro, la realizzazione di un vero assetto federale europeo rimane una priorità assoluta. Tuttavia, si tratta di una condizione necessaria, ma non sufficiente anche solo al mantenimento della pace o alla realizzazione del progresso sociale in Europa. Non vi è alcuna garanzia che l’istituzionalizzazione di un reale assetto federale europeo porti spontaneamente alla realizzazione di una società federale europea. Proprio per questo, credo che riprendere i tre aspetti costituenti del pensiero federalista secondo Albertini sia fondamentale: (1) un aspetto di valore, cioè la pace universale; (2) un aspetto di struttura, cioè la teoria dello Stato federale; (3) un aspetto storico-sociale, vale a dire lo stadio di sviluppo corrispondente ad una società pluralistica e aperta all’interdipendenza.

L’aspetto storico-sociale, in particolare, sembra sottolineare il fatto che non vi sia automaticità tra realizzazione dell’assetto federale (aspetto di struttura) e costruzione di una società coerente con l’istituzione creatasi. Mi pare dunque interessante chiedersi: Cosa farsene, allora, di tutto il corredo di analisi teorica e valoriale del federalismo se, mentre ci battiamo per la costituzione di una vera federazione in Europa, non cogliamo la necessità della contemporanea maturazione di una cultura federalista tra i futuri cittadini di questa federazione?

Questo quesito apre al dibattito in merito al consenso rispetto alla realizzazione di un assetto federale, ma soprattutto ci spinge a chiederci quale debba essere il ruolo dei federalisti nella costruzione di questo consenso nella società. Non è sicuramente una questione semplice da affrontare, anzi. Permane, tuttavia, la necessità di non tralasciare l’imperativo di un processo federativo che sia radicalmente democratico e non si tratti di un’imposizione — più o meno marcata — proveniente dall’alto. In effetti, il principio di partecipazione democratica è fondativo e imprescindibile della cultura politica e militante dei federalisti, ne deriva che non ci si possa esimere dalla costruzione, non tanto del consenso in senso stretto, quanto di una cultura condivisa a livello continentale capace di sostenere politicamente la realizzazione di un effettivo assetto federale. A questo proposito, credo che sia importante fare riferimento alle posizioni in questo ambito di studiosi del federalismo tra i più qualificati.

Albertini in una sua riflessione in merito al terzo aspetto costitutivo del federalismo dice: “Si tratta di un aspetto essenziale perché ogni comportamento umano che dà luogo a una certa organizzazione dei rapporti politici non può manifestarsi senza che ci sia nella società e in una certa fase storica una base che permetta la sua diffusione e il suo consolidamento.”[3]

Altrettanto interessante è la posizione in merito al ruolo culturale del federalismo di Spinelli: “Applicare il federalismo come principio è semplicissimo. Interpretare il federalismo come un elemento di spiegazione del processo culturale, ecc. è difficilissimo, e questa è la cosa da fare. Quando ci saranno i federalisti si farà la Federazione europea e poi quella mondiale.”[4]

Infine, proprio in merito al ruolo dei federalisti Albertini, nel 1980, si esprime così: “…i federalisti possono modificare la situazione di potere — e costituire una forza politica di iniziativa anche se non di esecuzione — solo facendo delle loro sezioni, in ogni città e comunità, dei centri di elaborazione culturale, di dialogo e di agitazione di idee, intervenendo così negli ambienti sociali di base nei quali si formano gli orientamenti politici.”[5] Poco dopo aggiunge: “È del tutto naturale che ci siano resistenze di fronte a questo impegno politico-culturale. Ma quando si giunge a credere che bisogna separare la teoria dalla pratica bisogna sia chiedersi se ciò è possibile quando si tratta di costruire un mondo nuovo, sia tener presente che in passato tutte le forme nuove di pensiero politico (…) riuscirono a rinnovare la politica solo rinnovando la cultura. È solo con l’unità di teoria e pratica che si possono risolvere problemi nuovi. Per questa ragione bisogna allargare lo sguardo, e chiedersi anche se questa unità non è proprio ciò che tutti gli uomini devono cercare di acquisire visto che la situazione impone al genere umano di sviluppare la capacità di decidere della sua sopravvivenza e del suo destino. È vero che un gran numero di uomini è ancora molto lontano da questa possibilità culturale. Ma si tratta di stabilire se non sia necessario proporsi sin da ora questo obiettivo, per difficile e lontano che sia.”[6]

Da questi estratti, pare evidente che vi sia una missione culturale che il federalismo deve abbracciare nel momento in cui si batte per la costituzione di un nuovo potere politico. Di fatto alla battaglia politica si affianca l’impegno culturale.

La riflessione in merito all’aspetto storico-sociale che caratterizza il federalismo in quanto pensiero politico attivo e quella relativa al ruolo culturale del federalismo organizzato si intrecciano indissolubilmente con l’evidente rischio di una proliferazione del nazionalismo europeo, soprattutto al di fuori del MFE, ma in alcuni casi purtroppo anche al suo interno. Per nazionalismo, in questo caso, si intende la cultura politica della divisione del genere umano, che educa all’odio dello straniero, che esalta e giustifica la violenza. Nel nazionalismo europeo, quindi, bisogna pensare a un processo che vede l’estensione di questa cultura che — dopo essersi radicata e formata a livello degli Stati-nazione — rischia di evolversi a livello sovranazionale portando all’affermazione di concetti quali “Europa fortezza” oppure “Europa nazione” riproducendo le stesse dinamiche verso cui il federalismo per natura si oppone. Questo fenomeno è tutto fuorché la realizzazione dei presupposti di emancipazione, uguaglianza e pacificazione al cuore del pensiero federalista. Si tratta di una visione distorta e pericolosa del ruolo dell’Europa ed è proprio il frutto di un mancato attecchimento del portato culturale del pensiero federalista a livello della società. Per evitare che questa attitudine proliferi, è necessario prevenire ed educare, formare al pensiero federalista — inteso nelle sue molteplici componenti — ribandirne il portato culturale, cercando di raggiunger più cittadini possibile. Questo è un altro dei compiti decisivi del federalismo organizzato, non tanto per la sua opportunità strategica di breve-medio termine, quanto per la valenza culturale di una coscienza sociale europea coerente con i principi democratici e il rispetto della diversità.

Inoltre, a mio avviso, a questo scopo ci sono due principi che occorre riscoprire, o per essere più precisi rivalutare. Si tratta del principio di sussidiarietà — che di fatto stenta a concretizzarsi in un’Europa non ancora federale come l’odierna UE — e quello di solidarietà territoriale che invece è ben lontano dal realizzarsi e che, anche in una cornice federale, non è semplicemente una questione istituzionale o amministrativa, ma un elemento valoriale decisivo. Se il federalismo militante si riconosce in questi due principi e lavora per realizzazione dei presupposti affinché questi principi siano rispettati in un nuovo assetto istituzionale europeo, allora non potrà esimersi dal coltivare anche l’impegno per una cultura federalista che sia viva nella società e nei territori affinché questi principi vengano interiorizzati come legittime e necessarie aspirazioni di una rinnovata cittadinanza europea.

Tutto questo per dire che il gioco non si gioca solo a Bruxelles, nelle capitali, nelle segreterie di partito, attraverso le liste elettorali o nei luoghi del potere amministrativo a qualsiasi livello. La partita per la Federazione europea si gioca nella società nel suo insieme, si gioca con la cittadinanza, con le associazioni e, soprattutto, sui territori con i più giovani. Dirò di più, la partita la si vince, invece, con l’astuzia del pensiero e con un ingente sforzo culturale. Riprendendo quanto detto da Roberto Castaldi in un precedente intervento durante questo Ufficio del Dibattito, l’impegno del federalismo organizzato deve avere come obiettivo quello di: “aiutare la gente a capire che è più utile prendere la strada più difficile rispetto a quella più facile”. Più gente la pensa come noi più c’è possibilità da una parte che si crei una vera federazione europea e, dall’altra, che questa regga le sfide della complessità grazie a una maggiore consapevolezza e una cultura europee fondate sui principi cardine del nostro pensiero. Non si tratta di una campagna acquisti, di un tesseramento a tappeto, quanto più di un’azione di disseminazione territoriale del nostro pensiero in tutti gli spazi che possano esserci concessi, senza alcuna valutazione di opportunità politica o valenza strategica, ma semplicemente per il valore culturale intrinseco che il nostro pensiero possiede e che non possiamo permetterci di smarrire nella complessità di un mondo sempre più instabile.

Colgo l’occasione per ricordare l’intervento sempre durante questo Ufficio del Dibattito di Alberto Majocchi che nelle sue conclusioni ha affermato la necessità di “creare un movimento d’opinione” con le nostre attività. Non possiamo più credere di essere nel mondo di ieri e che il nostro ruolo di élite intellettuale di minoranza possa sostenere da solo tutto il peso della trasformazione che la creazione degli Stati di Uniti di Europa presuppone; abbiamo bisogno di alleati forti che sappiano creare consenso e scuotere le coscienze. Alcune delle lotte di questi potenziali alleati non sono lotte a noi estranee, sono lotte che senza la nostra visione istituzionale perdono di senso e rimangono pura utopia, ne cito alcune: la lotta ambientalista, quella per l’abolizione degli armamenti atomici, quella per la tassa sui miliardari e molte altre ancora. L’impegno in questo senso è gravoso e non semplice, ma potrebbe rilevarsi una strategia funzionale al perseguimento dei nostri obiettivi in Europa, nel mondo e soprattutto con i cittadini nei territori.

Ne consegue che l’attività del federalismo organizzato non può che continuare a essere duplice: da una parte la lotta per la costituzione di un nuovo potere (la Federazione europea/mondiale); dall’altra, l’impegno culturale per l’emancipazione del pensiero federalista e l’affermazione dei suoi elementi valoriali fondativi nel tessuto sociale della futura cittadinanza federale. La propensione avanguardistica e culturale federalista deve necessariamente fare i conti con la realtà sociale. Ciò può avvenire solo con un parallelo processo di sviluppo del consenso attorno alle proposte dei federalisti. La creazione, o per meglio dire l’emergere, del consenso nella cittadinanza europea rispetto a quanto proposto dai federalisti è la grande sfida odierna. Non vi può essere realizzazione completa del disegno istituzionale e sociale federalista in assenza di una consapevolezza condivisa rispetto agli aspetti di valore federalisti (pace, cosmopolitismo e comunitarismo), ai principi democratici e al primato del diritto come mezzo per dirimere le controversie a ogni livello dall’individuo al mondo. Ciò che è fondamentale sottolineare, ancora una volta, è che non vi è alcuna concorrenza tra l’azione per la costruzione di un potere politico nuovo (federazione europea e, in prospettiva, mondiale) e l’azione per lo sviluppo di una società federalistica, sono processi gemelli e paralleli. L’uno necessità dell’altro sia per la propria piena realizzazione, sia per la propria sopravvivenza. Non riconoscere la sincronicità di questi processi condanna il federalismo come pensiero politico e i federalisti come soggetto militante all’insignificanza in termini di rivendicazione politico-istituzionale e all’incoerenza rispetto alle fasi dei processi storico-sociali in atto.

Concludo con un auspicio: quello di ritornare a leggere e attualizzare il pensiero di chi ci ha preceduti senza la presunzione di sapere come questi debbano essere letti o interpretati, ma più semplicemente con il desiderio di trovarci qualcosa di utile a comprendere meglio il nostro di tempo — nonostante le differenze e i cambiamenti — e a immaginare il futuro.

Gabriele Casano


 
Riferimenti generali:

D. Moro, Federalismo e comportamenti federalistici, Il Politico, 87 n. 1 (2022).

M. Albertini, S. Pistone, Il federalismo, la ragion di stato e la pace, Quaderni di Ventotene, n.4 (2001).

F. Rossolillo, Federalismo ed emancipazione umana. Il Federalista, 32 n. 2 (1990), pp. 113 ss., consultabile anche in: G. Vigo (a cura di) Francesco Rossolillo, Senso della storia e azione politica, vol. I Il senso della storia, Bologna, Il Mulino, 2009, pp. 659 ss., http://www.fondazionealbertini.org/sito/index.php?option=com_content&view=article&id=136:il-senso-della-storia&catid=12:francesco-rossolillo.

M. Albertini (1988), L’organizzazione e il nuovo modo di fare politica, in N. Mosconi (A cura di), Mario Albertini, tutti gli scritti, IX 1985-1995, Il Mulino, 2001, pp. 321 ss., http://www.fondazionealbertini.org/sito/index.php?option=com_content&view=article&id=118:tutti-gli-scritti-1985-1995-anno-1988&catid=10:mario-albertini.

M. Albertini, Il nostro lavoro per il federalismo, Il Federalista, 29 n. 1 (1987), pp. 3 ss., https://www.thefederalist.eu/site/index.php/it/editoriali/347-il-nostro-lavoro-per-il-federalismo; consultabile anche in: N. Mosconi (a cura di), Mario Albertini, tutti gli scritti, IX 1985-1995, Bologna, Il Mulino, 2001, pp. 267 ss., http://www.fondazionealbertini.org/sito/index.php?option=com_content&view=article&id=117:tutti-gli-scritti-1985-1995-anno-1987&catid=10:mario-albertini.

M. Albertini, Due poli per la politica culturale del MFE, Il Dibattito Federalista, 3 n.1 (1987) pp. 1 ss., consultabile anche in N. Mosconi (A cura di), Mario Albertini, tutti gli scritti, IX 1985-1995, Bologna, Il Mulino, 2001, pp. 207 ss., http://www.fondazionealbertini.org/sito/index.php?option=com_content&view=article&id=117:tutti-gli-scritti-1985-1995-anno-1987&catid=10:mario-albertini.

M. Albertini, Politica dei quadri e linea politica generale, Il Dibattito Federalista, 3 n. 3 (1987), pp. 64 ss., consultabile anche in: N. Mosconi (A cura di), Mario Albertini, tutti gli scritti, IX 1985-1995, Bologna, Il Mulino, 2001, pp. 223 ss., http://www.fondazionealbertini.org/sito/index.php?option=com_content&view=article&id=117:tutti-gli-scritti-1985-1995-anno-1987&catid=10:mario-albertini.

M. Albertini, Messaggio ai giovani partecipanti al Seminario di Ventotene, L’Unità Europea, n. 103-104 (1982), consultabile in: N. Mosconi (a cura di), Mario Albertini, Tutti gli scritti, VIII 1989-1974, Bologna, Il Mulino, pp. 621 ss., http://www.fondazionealbertini.org/sito/index.php?option=com_content&view=article&id=106&catid=10.

M. Albertini, Politica e cultura nella prospettiva federalista, Il Federalista, 22 n. 3 (1980), pp. 156 ss., https://www.thefederalist.eu/site/index.php/it/saggi/723-politica-e-cultura-nella-prospettiva-del-federalismo; consultabile anche in: N. Mosconi (a cura di), Mario Albertini, Tutti gli scritti, VIII 1979-1984, Bologna, Il Mulino, 2009, pp. 311 ss., http://www.fondazionealbertini.org/sito/index.php?option=com_content&view=article&id=103&catid=10.


[*] Rielaborazione dell’intervento alla riunione nazionale dell’Ufficio del Dibattito del Movimento federalista europeo tenutasi a Cagliari il 19-20 ottobre 2024 sul tema Unione europea: un laboratorio per realizzare l’unità nella diversità.

[1] Interessante è l’analisi di D. Moro, Federalismo e comportamenti federalistici, Il Politico, 87 n. 1 (2022), pp. 71 ss..

[2] M. Albertini, Il federalismo, Il Federalista, 42 n. 2 (2000), pp. 89 ss., https://www.thefederalist.eu/site/index.php/it/saggi/593-il-federalismo; consultabile anche in: N. Mosconi (a cura di), Mario Albertini, Tutti gli scritti, IV 1962-1964, Bologna, Il Mulino, 2007, pp. 231 ss., in particolare, pp. 233-34, http://www.fondazionealbertini.org/sito/index.php?option=com_content&view=article&id=59&catid=10.

[3] Ibid., pp. 253-254.

[4] Citato da: M. Albertini, Politica dei quadri e linea politica generale, Il Dibattito Federalista, 3 n.3 (1987), pp. 64 ss; consultabile anche in N. Mosconi (a cura di), Mario Albertini, Tutti gli scritti, IX 1985-1995, Bologna, Il Mulino, pp. 224 ss., in particolare a p. 234, http://www.fondazionealbertini.org/sito/index.php?option=com_content&view=article&id=117:tutti-gli-scritti-1985-1995-anno-1987&catid=10:mario-albertini.

[5] M. Albertini, Politica e cultura nella prospettiva federalista, Il Federalista, 22 n. 3 (1980), pp. 156 ss., https://www.thefederalist.eu/site/index.php/it/saggi/723-politica-e-cultura-nella-prospettiva-del-federalismo; consultabile anche in: N. Mosconi (a cura di), Mario Albertini, Tutti gli scritti, VIII 1979-1984, Bologna, Il Mulino, 2009, pp. 311 ss., in particolare a p. 321, http://www.fondazionealbertini.org/sito/index.php?option=com_content&view=article&id=103&catid=10.

[6] Ibid., p. 323.

 

 

 

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