IL FEDERALISTA

rivista di politica

 

Anno XVII, 1975, Numero 1, Pagina 55

 

 

L’AZIONE EUROPEA
DOPO LE PROPOSTE DELLA FRANCIA*
 
 
Nessuno tra i gravi problemi politici, economici e sociali, ivi compreso quello dell’adeguamento dello Stato alla nuova realtà storico-sociale, è risolubile in modo positivo senza gradi sempre più avanzati di unità europea. Ma l’unità europea ristagna, e, cosa ancora più grave, non c’è esame del«che fare?» per l’Europa, né esame di ciò che è stato già fatto e del metodo impiegato per conseguirlo. Non c’è nemmeno esame dell’aspetto europeo dei problemi, pur universalmente ammesso. In Italia la bilancia dei pagamenti ha assunto ormai il carattere di un freno permanente allo sviluppo economico. Ma mentre vanno di moda le prediche per esortare i lavoratori ai sacrifici (da parte di chi non è costretto a farne), nessuno, letteralmente nessuno, ha messo in evidenza la contraddizione tra integrazione economica europea e monete nazionali, ha criticato i governi per il mancato rispetto degli impegni presi in tema di unione monetaria, e ha indicato nella moneta europea, cioè nella soppressione delle bilance nazionali dei pagamenti, la soluzione positiva.
L’Europa come lotta politica, come mezzo per risolvere i problemi del nostro tempo, è materia praticamente sconosciuta, che non dà luogo a dibattiti, a critiche, a proposte di iniziative, a campagne giornalistiche. Questa è certamente una delle cause del ristagno, della scarsa credibilità dell’Europa, dello scarso impegno degli uomini politici, dello scarso interesse dell’opinione pubblica. Ma questo impegno e questo interesse potrebbero manifestarsi perché sono ben pochi gli uomini politici che non abbiano compreso che l’unità dell’Europa è necessaria, e perché i sondaggi d’opinione hanno sempre mostrato il costante favore della quasi totalità della popolazione. Non mancano nemmeno le persone che potrebbero promuovere il dibattito, l’informazione e l’interesse. Queste persone si trovano nei partiti, nelle istituzioni, nei giornali, nei movimenti europeistici. Ma le sedi del loro lavoro e del loro impegno impediscono la reciproca conoscenza, lo scambio di idee, la formazione di un comune punto di riferimento. E ciò scoraggia l’esperienza, la riflessione, la critica, le iniziative, la convergenza su comuni obiettivi. Priva di motore, la macchina non si muove.
Con questa Lettera europea il Movimento federalista vorrebbe dare il suo contributo per la formazione di un comune punto di riferimento. Forse per l’Europa è giunta l’ora della stretta finale, se è attendibile l’opinione (che riportiamo) di Luigi Einaudi, la sola persona che abbia deliberatamente affrontato il problema del tempo che abbiamo a disposizione per fare l’Europa. L’unità europea è una delle poste in gioco nella lotta sprigionata dai grandi problemi che travagliano il mondo. La maggiore, perché dall’unità o dalla divisione dell’Europa dipende il tipo di equilibrio mondiale, cioè di governo del mondo, con il quale, per il bene o per il male, usciremo dalla crisi. Per gli Europei si tratta della scelta tra partecipare al governo del mondo o subirlo. E con il mutamento di rotta della Francia un grande spiraglio si è aperto per l’unità europea.
Chi credeva che non si potesse agire per la mancanza di punti d’appoggio, né parlare per la mancanza di fatti capaci di interessare l’opinione pubblica, non ha più ragione di pensarlo. Com’è noto, la Francia ha proposto di stabilire «entro un termine ragionevole» la data dell’elezione diretta del Parlamento europeo. Nel contempo ha proposto un ragionevole piano di collaborazione politica globale che non intacca le prerogative della Comunità, e costituisce il massimo di unità europea possibile sino a che non esista un vero e proprio governo europeo costituzionale. Si potrebbe così sia fronteggiare la situazione europea com’è ora, sia metterla in moto verso il salto di qualità della elezione europea.
C’è il rifiuto della Gran Bretagna, dietro il quale si nascondono, ancora una volta, gli altri governi. Ma la partita è appena cominciata, e c’è una solida base in Francia per tenere a lungo questa posizione, nella quale si profila, con il superamento sempre più marcato del gollismo, anche il superamento della contraddizione che ha frenato in Francia lo sviluppo dell’azione europea: la non coincidenza tra la maggioranza, sempre esistita, per una Comunità europea democratica, e le maggioranze via via necessarie per sostenere il governo.
Su questa solida base, molto si può fare. L’alibi costituito dal veto francese è caduto. Bisogna far cadere il muro del silenzio, costringere i partiti a prendere posizione sulle proposte francesi. Bisogna chiedere ai governi di far conoscere all’opinione pubblica la posizione che intendono sostenere al prossimo vertice europeo. In Italia bisogna chiedere che la legge di iniziativa popolare per l’elezione diretta dei delegati italiani al Parlamento europeo venga portata in aula e approvata per far pesare un fatto, e non solo delle parole, sulla bilancia dell’elezione europea.
In ogni caso, ciò che conta è che c’è da fare un grande lavoro di approfondimento che, a parere dei federalisti, dovrebbe giungere sino alla recezione del «piano-Spinelli», e un grande lavoro di informazione: non solo i cittadini, ma anche i quadri dei partiti sanno poco o nulla dei fatti e dei problemi della integrazione europea. Si tratta di un lavoro indispensabile per sviluppare il germe contenuto nella posizione francese, che potrebbe rivelarsi ancora più fecondo del germe contenuto nel piano Marshall, il cui sviluppo condusse sino alla fondazione dell’impresa comunitaria.
 
 
L’OPINIONE DI LUIGI EINAUDI
SUL TEMPO PER FARE L’EUROPA**
 
Nella vita delle nazioni di solito l’errore non saper cogliere l’attimo fuggente è irreparabile. La necessità di unificare l’Europa è evidente. Gli stati esistenti sono polvere senza sostanza. Nessuno di essi è in grado di sopportare il costo di una difesa autonoma. Solo l’unione può farli durare. Il problema non è fra l’indipendenza e l’unione; è fra l’esistere uniti e lo scomparire. Le esitazioni e le discordie degli Stati italiani della fine del quattrocento costarono agli italiani la perdita della indipendenza lungo tre secoli; ed il tempo della decisione, allora, durò forse pochi mesi. Il tempo propizio per l’unione europea è ora soltanto quello durante il quale dureranno nell’Europa occidentale i medesimi ideali di libertà. Siamo sicuri che i fattori avversi agli ideali di libertà non acquistino inopinatamente forza sufficiente ad impedire l’unione, facendo cadere gli uni nell’orbita nord-americana e gli altri in quella russa? Esisterà ancora un territorio italiano; non più una nazione, destinata a vivere come unità spirituale e morale solo a patto di rinunciare ad una assurda indipendenza militare ed economica.
 
(1 marzo 1954).


* Si tratta della Lettera europea n. 1, diffusa dal presidente del M.F.E. il 30 ottobre 1974.
** Luigi Einaudi, Lo scrittoio del presidente, Torino, Einaudi, 1956, pago 89.

 

 

 

 

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