Anno XVIII, 1976, Numero 2-3, Pagina 195
Andrej Dimitrievic Sacharov, Progresso, coesistenza e libertà intellettuale, Longanesi, 1975, p. 123.
L’idea corrente che si possiede della dissidenza sovietica è che essa sia composta prevalentemente da intellettuali illuminati e anticonformisti, da moralisti, utopisti o ribelli. Questa concezione è senza dubbio stata rafforzata nell’opinione pubblica dal comportamento tenuto da Solgenitsin, uno degli uomini più in vista della dissidenza sovietica, dopo la sua espulsione dall’URSS; nessuno può certamente dubitare del sincero impegno morale del grande scrittore russo, ma le iniziative e le prese di posizione che egli ha assunto hanno fatto sorgere serie perplessità sulla sua statura come uomo politico.
Questo breve saggio di Sacharov, premio Nobel per la pace per il 1975, mostra un volto meno conosciuto e importante della dissidenza sovietica; l’interesse dell’opera di Sacharov deriva dal fatto che essa esprime una linea politica coerente.
Sacharov, con questo scritto, si pone all’interno del regime vigente, sostenendo un’alternativa «di governo» alle forze di maggioranza. Così egli afferma che solo «gli alti ideali del socialismo e del lavoro… salveranno la civiltà» (p. 22) ed è in nome di questi ideali che si devono combattere quanti «insozzano la nostra bandiera» (p. 68).
Il fatto è che Sacharov tende costantemente a presentare i propri obiettivi politici come obiettivi del socialismo: rivendica la libertà di pensiero e questo obiettivo è presentato come «compito di tutta la popolazione, e soprattutto della sua parte più attiva e organizzata, la classe operaia» (p. 24); rivendica la liberazione dei dissidenti e l’abolizione dei campi di concentramento, e afferma che «il ristabilimento delle norme leniniste sul controllo pubblico dei luoghi di detenzione sarebbe senza dubbio un progresso estremamente salutare» (p. 82); rivendica i diritti delle nazionalità, e nuovamente fonda la propria posizione sulla citazione di Lenin: «il problema delle nazionalità continuerà ad essere motivo di inquietudine e di insoddisfazione sino a che tutte le deviazioni dai principi leninisti non verranno riconosciute e analizzate» (p. 85).
Il linguaggio estremamente rispettoso della «ortodossia» utilizzato da Sacharov va giudicato alla luce della linea politica adottata: l’obiettivo del fisico sovietico è approfondire le divisioni esistenti nell’ambito della classe dirigente, rafforzando la posizione dell’ala progressista del partito e del governo. Sacharov non si propone, almeno come obiettivo immediato, di rovesciare il potere, ma di farlo evolvere in senso liberale: le colpe del regime «sono ben lontane dalle mostruose proporzioni dei crimini di Stalin; dovendo cercare un’analogia, la troveremmo piuttosto nel maccartismo del periodo della guerra fredda» (p. 86).
In conseguenza, la polemica si muove esclusivamente in direzione dei gruppi che vengono definiti stalinisti, evitando accuratamente di coinvolgere tutto quanto il gruppo dirigente sovietico. Chi si batte contro gli obiettivi di liberalizzazione propugnati da Sacharov, viene chiamato nazista, razzista, fascista, maoista, sottolineando in tal modo che egli è un nemico del socialismo e del popolo sovietico. Il tentativo di ampliare la divisione fra progressisti e conservatori all’interno del partito e del governo giunge ad assumere la forma di attacchi portati a singoli dirigenti; ciò avviene per Trapeznikov: «il gruppo dirigente del nostro paese e del nostro popolo dovrebbe sapere che gli orientamenti di questo personaggio, indubbiamente intelligente, acuto e notevolmente coerente, sono fondamentalmente stalinisti» (p. 69). E Sacharov subito si affretta a sottolineare come la classe dirigente sia divisa: «un’indicazione della validità di questa opinione si è avuta recentemente alle ultime elezioni dell’Accademia delle Scienze, in cui Trapeznikov venne respinto da una larga maggioranza di voti» (p. 70).
In questa prospettiva, si comprende perché il saggio di Sacharov prenda in considerazione i principali problemi di politica interna e internazionale, anche se non direttamente connessi con le rivendicazioni della dissidenza: esso costituisce una bozza di programma per un governo più illuminato.
Un ultimo aspetto che deve essere preso in considerazione dell’opera di Sacharov è costituito dal modo in cui sono affrontati i problemi internazionali. Sacharov sostiene il processo di distensione e la collaborazione russo-americana, vedendo in essa l’alternativa in grado a breve termine di garantire un ordine internazionale più stabile e evolutivo, e a lungo termine in grado di far evolvere i rapporti internazionali verso la fondazione di un governo mondiale. Per quanto riguarda i problemi del Terzo mondo, secondo il fisico russo, U.R.S.S. e U.S.A. si accorderanno, se la distensione proseguirà, per destinare una quota ingente del reddito nazionale allo sviluppo di questi paesi.
La semplicistica e ingenua analisi dei rapporti internazionali fatta da Sacharov è in contrasto con l’importanza di questi ultimi per la vittoria della linea politica della dissidenza sovietica. In effetti, il fisico russo vede tale nesso, e formula la previsione che la distensione, determinando un avvicinamento fra i vari sistemi, permetterà un interscambio di esperienze, che si tradurrà in una avanzata del socialismo in occidente e in una liberalizzazione dei regimi comunisti in oriente.
I fatti più recenti dimostrano tuttavia quanto infondata si stia rivelando tale previsione; nella misura in cui la distensione russo-americana rafforza il gruppo dirigente oggi al potere in Unione Sovietica, essa rende vane le speranze di liberalizzazione del regime sovietico.
Il fatto è che lo stabilimento di un ordine internazionale multipolare è la condizione per un equilibrio internazionale più evolutivo, che renda possibile l’avanzata della democrazia in tutti i paesi, primi fra tutti le superpotenze su cui grava l’onere di dare un ordine al mondo. Il fatto che Sacharov non scorga questo aspetto della sua battaglia è grave ma non deve tuttavia stupire: ciò corrisponde al fatto che la modificazione dell’equilibrio internazionale non è responsabilità dell’opposizione russa, ma può derivare solo dalla nascita della Federazione Europea.
Dario Velo