Anno LI, 2009, Numero 2, Pagina 125
AA. VV., Nei labirinti dell’Europa, a cura di Silvio Beretta e Jacques Ziller, Pavia, Il Politico – Temi e Problemi, n. 3, 2008, p. 230.
Questo numero monografico de Il Politico, nel solco della particolare attenzione ai problemi del processo di unificazione europea che contraddistingue la rivista fin dai tempi del suo fondatore, Bruno Leoni, e della collaborazione di Mario Albertini, analizza, da punti di vista e con approcci diversi, lo stato e le prospettive della costruzione europea come si delineano nell’ottica del trattato di Lisbona.
Il volume si apre con un ampio saggio, confortato da una ricca bibliografia, cui Arturo Colombo ha dato il suggestivo titolo, ripreso da Ortega y Gasset, di: «L’Europa è uno sciame: molte api e un unico volo», titolo che sintetizza efficacemente l’ampio panorama nel quale vengono presentate, confrontate e valutate le posizioni di intellettuali e politici italiani ed europei non solo sulle radici, sulle motivazioni profonde del processo di unificazione europea e sull’identità europea (problematiche rese ancor più attuali dal processo di allargamento, di cui non sono chiari i limiti), ma anche sul significato concreto — storico, politico e istituzionale — di tale processo, sul suo stato di avanzamento e soprattutto sulle sue prospettive.
I cinque saggi centrali si propongono di fare il punto, a livello specialistico, su diversi aspetti delle istituzioni europee, cercando di definirne gli specifici contenuti polico-istituzionali. Così, ad esempio, Michaël Tatham (Conceptualisazion, Operationalisation, Cumulation? Exploring the Federalism Variable in European Politics Research) propone una versione migliorata dell’approccio «istituzionalista» di Keman per una valutazione quantitativa, basata su fonti chiaramente identificate (come ad esempio la quantificazione della centralizzazione e del decentramento), del grado di federalismo riscontrabile nelle istituzioni europee e negli stati dell’UE in confronto con paesi come gli Stati Uniti, l’Australia, la Svizzera, il Canada.
Massimiliano Ferrara, d’altra parte, (Advances on Thermoeconomics: a Model for the Equilibrium of European Union’s Economy), nel quadro della crescente affermazione di approcci interdisciplinari all’analisi del «sistema Terra», nel quale fenomeni fisici, biologici e sociali interagiscono nel determinarne l’evoluzione, ed utilizzando un approccio basato sulla constatazione dell’isomorfismo tra gli strumenti concettuali di ricerca in termodinamica e quelli della ricerca in economia, studia con un approccio quantitativo «il caso Europa a 27 paesi» e individua le condizioni verificate le quali il sistema europeo potrebbe convergere ad un equilibrio.
Michele Ruta riunisce una lucida analisi politica e rigore scientifico nella discussione del problema dell’incapacità dell’Unione Europea di tenere il passo degli Stati Uniti nella crescita economica e del fallimento dell’«Agenda di Lisbona» (Perché fallisce Lisbona?). La tesi che egli sostiene (e che dimostra in modo inequivocabile con modelli matematici) è che il fallimento di Lisbona sia dovuto alla mancanza di istituzioni politiche europee capaci farsi carico delle riforme strutturali necessarie a passare a un’economia basata sull’innovazione, riforme che l’agenda di Lisbona, anche nella sua versione aggiornata («Lisbona 2») lascia invece all’azione dei singoli Stati, inevitabilmente vincolati nelle loro scelte dal fatto che i costi delle riforme si ripercuotono esclusivamente all’interno del singolo Stato, mentre i risultati positivi si disperdono sull’intera Unione.
Il saggio di Jacques Ziller porta il lettore verso tematiche più istituzionali, analizzando il sistema di divisione e bilanciamento dei poteri (se così si può chiamarlo) in seno alle istituzioni dell’Unione come previsto dal trattato di Lisbona (Separation of powers in the Union’s interwined system of government – A treaty based analysis for the use of political scientists and constitutional lawyers). Partendo dalla premessa che il trattato di Lisbona ha il merito di eliminare l’ambiguità insita nel nome del Trattato che istituisce la Costituzione elaborato dalla Convenzione, assumendo invece tutte le caratteristiche di trattato internazionale (quale effettivamente ne era la natura) e dopo aver chiarito che l’UE non è uno Stato, in quanto priva di almeno due delle sue caratteristiche essenziali (un popolo e un territorio), Ziller analizza le cinque funzioni di governo che, con maggior chiarezza rispetto ai trattati precedenti, sono conferite all’Unione (legislativa, esecutiva, di sorveglianza, di direzione e di sviluppo istituzionale) e ne discute la distribuzione tra i diversi organi dell’Unione (Consiglio Europeo, Parlamento, Commissione, Corte Europea di Giustizia, Banca Centrale Europea), concludendo con una acuta discussione della distribuzione di poteri tra Unione e Stati nazionali, che si traduce in quello che Ziller definisce un «sistema di governo intrecciato (intertwined)».
La complessità dell’apparato comunitario emerge con chiarezza ancor maggiore dal saggio di Alessandro Scopelliti sul meccanismo decisionale del Consiglio a maggioranza qualificata (The political decision-making process in the Council of the European Union under the new definition of a qualified majority). Dopo aver ricordato che finora il processo decisionale del Consiglio è stato caratterizzato dalla cultura del consenso, quasi sempre senza arrivare a voti formali, ma che questo approccio è destinato a scomparire nell’Unione allargata, Scopelliti analizza le conseguenze della nuova definizione di maggioranza qualificata prevista dal Trattato di Lisbona (almeno 15 Stati che rappresentino almeno il 55% dei membri e il 65% della popolazione dell’Unione, senza più voti ponderati assegnati a ciascuno Stato) e sottolinea come questa tenda a favorire i piccoli Stati a scapito dei grandi presi singolarmente, ma che dia a questi ultimi (Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia) la possibilità di costituire, se uniti, una minoranza di blocco e di poter ottenere l’approvazione di un provvedimento con il solo sostegno di 11 piccoli Stati che rappresentino l’11,33% della popolazione dell’Unione: una forte spinta verso una stretta collaborazione politica tra i grandi Stati.
Il saggio conclusivo, di Guido Guidi (Identità dell’Europa. I referendum di Francia, Olanda e Irlanda. Alcune raccomandazioni da parte di Alexis de Tocqueville) riporta il lettore ai temi dell’identità europea e attribuisce gli esiti negativi dei referendum francese, olandese ed irlandese ed in generale la diffusa e crescente diffidenza dell’opinione pubblica verso le istituzioni europee da un lato al fatto che i trattati di riforma non sono stati in grado di elevarsi fino ad indicare con chiarezza l’esito finale del processo di integrazione e dall’altro al fatto che nel processo di integrazione uno spazio insufficiente è dato all’autogoverno delle comunità locali, le sole, secondo l’autore, in grado di consentire ai cittadini di «sentirsi noi» di fronte alla crisi degli Stati nazionali e alla lontananza e scarsa democraticità delle istituzioni europee.
Massimo Malcovati