Anno XVII, 1975, Numero 2, Pagina 118
IL RIENTRO DEL FRANCO
NEL ‘SERPENTE’ COMUNITARIO
Il 9 maggio scorso, in occasione della celebrazione del 25° anniversario della dichiarazione di Robert Schuman che segnò l’inizio del processo di integrazione europea, il presidente della Repubblica francese Giscard d’Estaing ha annunciato l’intenzione del governo francese di far rientrare il franco nel «serpente» comunitario, cioè di far fluttuare nuovamente il franco in parallelo con le altre monete europee nei confronti del dollaro. L’annuncio di questa decisione è stato accolto con un grandissimo interesse, ed anche con una certa sorpresa da chi dava ormai per affossato il progetto dell’unione economica e monetaria europea.
Il progetto dell’unione economica e monetaria ha rappresentato all’inizio degli anni ‘70 il problema cruciale su cui si sono scontrati quanti si battevano perché la C.E.E. progredisse lungo la via dell’integrazione, e quanti invece si ponevano dalla parte della difesa della sovranità degli Stati nazionali. In particolare, l’avvio della fluttuazione congiunta delle monete europee era stato salutato come il primo passo verso la creazione della moneta europea, e più in generale come la prima tappa di un processo destinato a portare entro il 1980 alla realizzazione dell’unione economica e monetaria. Queste speranze si erano tuttavia subito scontrate con il rifiuto dell’Italia e della Gran Bretagna di partecipare alla fluttuazione congiunta; l’uscita del franco dalla fluttuazione congiunta, avvenuta nel 1974 a seguito delle difficoltà di bilancia dei pagamenti imputabili alla crisi energetica, aveva avvalorato le previsioni più scettiche, ed era stata interpretata come la prova del fallimento del progetto dell’unione economica e monetaria.
Questi fatti hanno avuto conseguenze gravissime. La crisi del progetto dell’unione economica e monetaria dimostrava agli occhi della classe politica e dell’opinione pubblica l’impossibilità di far avanzare il processo di integrazione europea. In questo quadro, tutte le conquiste ottenute nel processo di integrazione, anche le realizzazioni che sembravano ormai consolidate, come la stessa unione doganale, erano destinate ad essere poste nuovamente in discussione. Una testimonianza esemplare di questo stato d’animo diffusosi in Europa a seguito delle gravi difficoltà incontrate nella realizzazione del progetto dell’unione economica e monetaria può essere ritrovata nel recente rapporto di Robert Marjolin, che giunge al punto di dare quasi per scontata la dissoluzione del Mercato comune.
Di qui l’importanza della decisione del governo francese di rientrare nel serpente comunitario, che rilancia il progetto della unione economica e monetaria e con essa riapre le prospettive di progresso dell’integrazione europea.
L’importanza della decisione di Giscard d’Estaing è politica molto più che economica. Nel momento in cui più grave appare la crisi dell’Europa, il Presidente francese ha compiuto un gesto coraggioso che ha dimostrato che è possibile avanzare lungo la strada dell’integrazione, purché lo si voglia. Con la scelta di rientrare nel serpente comunitario, Giscard d’Estaing ha inoltre dimostrato che la propria «scelta europea», affermata coerentemente nell’ultimo anno, non si limita alle affermazioni di principio ma è seguita dai fatti, anche quando questi comportano l’assunzione di oneri non indifferenti; con ciò egli ha dato maggior credibilità e quindi maggior peso alla propria politica europea.
Naturalmente, per comprendere la decisione del governo francese di rientrare nel serpente comunitario è necessario far riferimento anche a una serie di problemi di carattere economico.
È certo che la decisione di rilanciare l’unione economica e monetaria europea corrisponde alle preoccupazioni sempre più gravi che si stanno diffondendo in Europa circa la prevedibile evoluzione nel prossimo futuro dell’ordine monetario internazionale. La decisione del governo statunitense di rilanciare lo sviluppo economico interno attraverso una politica espansiva e l’incremento massiccio delle spese pubbliche farà raggiungere, secondo i programmi dello stesso governo di Washington, al deficit nel bilancio federale livelli record; questa scelta di politica economica rende prevedibile un elevato incremento del deficit nella bilancia dei pagamenti statunitense, e ciò significa che la scelta compiuta dal governo statunitense rischia di aggravare il disordine monetario e finanziario internazionale in modo drammatico. In questo senso il tentativo di Giscard d’Estaing di rilanciare l’unione economica e monetaria può essere considerato l’espressione più coerente del tentativo dell’Europa di organizzare le difese possibili nel quadro europeo esistente contro il «ciclone monetario» che già si intravvede all’orizzonte.
In secondo luogo, l’esperienza dell’ultimo anno, caratterizzata dalla fluttuazione delle monete europee una nei confronti dell’altra, ha dimostrato la gravità delle conseguenze portate dal disordine monetario per l’equilibrato sviluppo dell’economia europea. È noto che l’abbandono del sistema delle parità fisse da parte dei paesi europei ha posto in gravissima crisi il mercato comune agricolo e ha posto in discussione, più in generale, il mantenimento del libero scambio fra i paesi europei.
Va infine sottolineato che il rilancio dell’unione economica e monetaria, individuando un’area monetaria europea relativamente stabile, agevolerebbe il tentativo dei paesi europei di riciclare i petrodollari senza ricorrere all’intermediazione statunitense. Questo fattore risulta di particolare rilevanza per i paesi europei che ancora non sono riusciti a risolvere i problemi portati dalla crisi energetica, e fra questi va posto anche la Francia.
Gli elementi fin qui presi in considerazione non sono ancora sufficienti, tuttavia, per esprimere, in modo definitivo, un giudizio positivo sulla decisione presa da Giscard d’Estaing. In effetti, considerata in sé, la decisione di fare rientrare il franco nel serpente comunitario appare contraddittoria, in quanto l’esperimento della fluttuazione congiunta delle monete europee ha già dimostrato, alla prova dei fatti, la propria fragilità e si è rivelato un fattore di approfondimento degli squilibri e delle contraddizioni interni del processo di integrazione europea. Già una volta la Francia aveva partecipato alla fluttuazione congiunta, e da essa aveva dovuto uscire sotto la pressione dei problemi portati dalla crisi energetica.
I motivi che hanno portato la Francia ad uscire dal serpente comunitario pochi mesi dopo l’avvio dell’esperimento, possono essere sintetizzati in termini molto semplici. L’aumento del prezzo del petrolio ha colpito gli Stati europei in misura affatto diversa; è possibile affermare, a questo proposito, che i paesi europei si sono distribuiti lungo una scala continua, rappresentata dalla gravità dei problemi generati dalla crisi petrolifera, alle cui estremità stanno la Germania, in grado di produrre un surplus nella propria bilancia commerciale anche dopo l’incremento del prezzo del petrolio, e l’Italia, costretta a fronteggiare un deficit dei propri conti con l’estero di dimensione insostenibile per il proprio sistema economico. In questa scala, la Francia occupa una posizione intermedia, nella misura in cui essa ha dovuto fronteggiare un deficit relativamente grave nella propria bilancia dei pagamenti, ma di dimensioni non così gravi da imporre misure correttive drastiche. Ora, in una situazione di questo genere risultava perfettamente prevedibile la tendenza del marco tedesco ad essere rivalutato rispetto alle altre monete europee e della lira italiana ad essere svalutata. Per quanto riguarda la Francia, la sua permanenza nel serpente comunitario avrebbe determinato la necessità di intervenire sui mercati dei cambi per mantenere la parità del franco rispetto al marco entro i margini previsti dalla fluttuazione congiunta; in ultima analisi, la permanenza della Francia nel serpente comunitario avrebbe comportato la tendenza del franco a rivalutarsi, sulla scia del marco, rispetto alle altre monete ad esso non partecipanti. Conseguenza immediata di ciò sarebbe pertanto stata la perdita di riserve da parte della Banca di Francia e una minore competitività delle esportazioni francesi penalizzate dalla rivalutazione relativa del franco. Entrambi questi effetti risultano in contraddizione con la situazione di deficit della bilancia dei pagamenti francese, che essi avrebbero teso anzi ad aggravare. Il fatto è che la crisi petrolifera, portando gli andamenti dei sistemi economici nazionali a divergere uno rispetto all’altro in misura maggiore che in passato, ha messo in luce l’estrema fragilità della fluttuazione congiunta delle monete europee, che dipende per il proprio funzionamento da andamenti paralleli dei prezzi e della produttività nei sistemi economici dei differenti Stati europei partecipanti all’accordo.
Il ritorno della Francia nel serpente comunitario non vale a modificare il carattere contraddittorio della fluttuazione congiunta, che non dipende da cause accidentali ma è strutturalmente connesso alle caratteristiche dell’accordo. Se è vero che alla decisione di fare fluttuare congiuntamente le monete europee va riconosciuto il merito di stabilire una struttura di parità definite fra i paesi europei e quindi di individuare un’area monetaria europea, va altresì sottolineato che questa soluzione presenta tuttavia dei gravissimi limiti. Essa risulta estremamente gravosa per i paesi con struttura economica meno forte nel caso di andamenti divergenti della congiuntura delle economie nazionali. La fluttuazione congiunta delle monete, in ultima analisi, in presenza di una situazione economica che tende a generare uno squilibrio nella bilancia dei pagamenti ha come inevitabile conseguenza di porre in subordine gli obiettivi della stabilità e dello sviluppo del sistema economico nazionale rispetto all’obiettivo prioritario del mantenimento dell’equilibrio dei conti con l’estero. Una simile prospettiva non è accettabile per i paesi meno sviluppati economicamente, in quanto implica per essi la necessità di adeguare la propria politica economica alle condizioni prevalenti nei paesi più sviluppati. In questo senso è lecito affermare che qualsiasi accordo di fluttuazione congiunta di più monete raggiunto fra i paesi europei è destinato a fallire nella misura in cui, date le inevitabili divergenze dei tassi di sviluppo dei diversi paesi partecipanti all’accordo, è prevedibile, nel medio o lungo periodo, la necessità di riallineare le parità fra le monete congiuntamente fluttuanti, in funzione delle variazioni interne nei livelli dei costi e della produttività.
Il fatto è che la decisione del governo francese di rientrare nel serpente comunitario non si pone come una decisione isolata, ma rappresenta un momento di un disegno strategico molto più ampio. Per comprendere appieno l’importanza della decisione francese, è necessario fare riferimento a questo quadro più vasto, ed in particolare all’impegno assunto dalla Francia a favore della Unione europea e dell’elezione del Parlamento europeo a suffragio universale diretto. La prospettiva dell’Unione europea infatti è tale da far venire meno il carattere contraddittorio della fluttuazione congiunta, in quanto permette di progettare la nascita di un potere democratico in grado di realizzare completamente la unione economica e monetaria nel quadro dell’unione politica e quindi di rendere compatibili gli obiettivi dello sviluppo e dell’equilibrio.
In questo senso la decisione della Francia di rientrare nel serpente comunitario ha un significato profondamente diverso della decisione presa all’inizio degli anni ‘70 di avviare la realizzazione per tappe dell’unione economica e monetaria. Allora l’unione economica e monetaria si presentava ancora come un progetto funzionalista; oggi è ormai evidente che il funzionalismo è fallito definitivamente e che il problema cruciale è la necessità di compiere il salto qualitativo dall’unione doganale all’unione europea, tanto che questa constatazione ha potuto essere riconosciuta esplicitamente dallo stesso presidente della Commissione Ortoli, cioè dal presidente dell’istituto che simbolizza il tentativo funzionalista di fondare l’Europa.
Certo la decisione di Giscard d’Estaing è destinata ad alimentare nuove speranze in quanti credono ancora in un approccio funzionalista. L’accenno fatto dal Presidente francese alla necessità di migliorare alcune caratteristiche della fluttuazione congiunta, soprattutto per realizzare una più equa ripartizione degli oneri connessi alle difese delle parità monetarie, dà spazio alla elaborazione di nuovi progetti funzionalisti per «migliorare gradualmente» la fluttuazione congiunta fino a trasformarla in una vera unione monetaria.
Ciò tuttavia non ha rilevanza. Ciò che conta è che il rientro della Francia nel serpente comunitario rilancia le possibilità di progredire lungo la strada dell’integrazione europea e crea condizioni politiche generali più favorevoli alla realizzazione dell’Unione europea. Tocca ora agli altri governi, e ai federalisti in primo luogo, non lasciare cadere l’occasione storica offerta dal profondo mutamento intervenuto nella politica europea della Francia.
Dario Velo
(maggio 1975)