Anno XXIII, 1981, Numero 2, Pagina 103
IL PARLAMENTO EUROPEO
NELLA LOTTA POLITICA PER L’EUROPA
La Comunità è in crisi da quando deve affrontare problemi di grande rilievo politico, economico e sociale, che di norma sono affrontati solo da poteri di livello statuale (energia, occupazione, riequilibrio regionale) riconversione industriale, ecc.). Si tratta in effetti di problemi dai quali dipendono le posizioni di potere, l’equilibrio tra le forze politiche e sociali, lo stato dell’opinione pubblica, in una parola, la situazione di potere. Obiettivi di questa natura non si possono perseguire, anche quando si disponga di un potere statuale, senza grande impegno e scelte precise dei partiti, senza adeguate azioni di propaganda, senza un vivace dibattito politico e, in ultima istanza, senza la formazione di maggioranze e minoranze.
Tutto questo è ovvio. Ma deve essere richiamato, quando si tratta della Comunità e del suo rilancio, perché viene a torto trascurato. La verità è che la Comunità è in una posizione di stallo da quando, finito il periodo transitorio del Mercato comune, ha dovuto affrontare il problema della costruzione dell’Unione economica e monetaria. Ciò mostra che non ha capacità di azione a questo livello, quello delle grandi scelte economiche. Ed è proprio questa insufficiente capacità d’azione che spiega il fallimento di tutti i tentativi di rilancio della Comunità sulla via dell’Unione economica e monetaria e dell’Unione europea. Il problema sta dunque nell’attribuire alla Comunità questo potere.
Se questo è il problema, cioè se la Comunità non ha ancora questo potere, si tratta di tener conto di ciò anche nella concezione dell’azione, che è inevitabilmente destinata al fallimento se non è concepita in modo tale da generare, con il suo sviluppo, un mutamento del potere della Comunità.
Un ragionamento analogico può rivelarsi d’una certa utilità. Si tratta di tener presente il modo con il quale si possono ottenere mutamenti di rilievo nella vita degli Stati (dove esistono gli strumenti della sovranità) e di vedere se nell’ambito della Comunità sono possibili azioni in qualche modo simili. L’elemento comune che immediatamente emerge dal paragone è che, su entrambi i piani, esiste l’elezione. Non c’è dubbio che questa, sul piano nazionale, assolve, in quelle situazioni, a un compito decisivo: mobilitazione delle forze politiche, attivazione dei mezzi di informazione, promozione del dibattito, coinvolgimento dell’opinione pubblica e, finalmente, cambiamento dei rapporti di forza tra le parti. Si tratta dunque di vedere se è possibile assegnare all’elezione europea (sotto questo medesimo profilo — quello del conseguimento di grandi obiettivi politici) una funzione analoga a quella svolta dall’elezione nazionale. Il primo elemento da considerare è costituito dal fatto che i partiti, sul piano europeo, non appaiono in grado di formulare delle effettive alternative europee, e ciò non per difetto di volontà, ma perché sono ancora organizzati nel quadro nazionale e, sul piano europeo, non hanno organi capaci di elaborazioni politiche primarie (congressi democratici europei con la partecipazione di delegati eletti dalle sezioni e in grado pertanto di esprimere un vero e proprio punto di vista europeo). Sotto questo aspetto la Comunità, di cui pure si lamenta l’insufficiente capacità d’azione europea, ha tuttavia una struttura europea più avanzata di quella attuale dei partiti.
Di democratico sul piano europeo non c’è che il Parlamento europeo. Si tratta di vedere se è in grado di esercitare, nei confronti dell’elezione, una funzione che in qualche modo possa essere considerata analoga a quella che nelle elezioni nazionali svolgono i partiti nazionali. La cosa appare possibile per questi due ordini di considerazioni:
1. — Nel Parlamento europeo può prendere corpo un punto di vista europeo che non sia una semplice sommatoria o una mediazione di punti di vista nazionali, come avviene in tutte le strutture confederali della Comunità: dai partiti al Consiglio dei ministri e, in definitiva, alla stessa Commissione;
2. — Il Parlamento europeo può svolgere un ruolo analogo a quello dei partiti per quanto riguarda la preparazione elettorale perché nell’ambito della Comunità non si tratta di scegliere solo i grandi obiettivi da perseguire (programma di governo), ma anche di risolvere il problema della capacità di azione, cioè della riforma delle istituzioni. E questo tema, almeno in linea di principio, non divide ma unisce le grandi famiglie politiche europee, perché la creazione di istituzioni è un momento unitario e non di divisione. Ne segue che un progetto del Parlamento europeo, soprattutto per quanto riguarda la riforma delle istituzioni, può costituire un grande programma d’azione proposto dal Parlamento ai cittadini. Questa proposta d’altra parte può essere articolata in modo tale da promuovere una crescita organica del dibattito e del consenso.
Già nella fase preparatoria del progetto, il Parlamento potrà infatti organizzare hearings cui convocare saggi, esperti, studiosi, giornalisti, forze sindacali, rappresentanti dei parlamenti nazionali e dei governi, autorità locali, ecc. Da questi incontri comincerà a scaturire, nell’ambito della classe dirigente, la communis opinio su ciò che deve fare la Comunità e su ciò che deve essere per farlo. Non basta: comincerà anche a manifestarsi una prima saldatura tra la lotta politica europea e quella nazionale, perché i partiti saranno costretti dall’esistenza di questa communis opinio e dalla situazione pre-elettorale ad occuparsi davvero dell’aspetto europeo della vita politica, di cui si sono costantemente disinteressati. D’altra parte, con un vero impegno europeo dei partiti, si porranno anche le premesse di una maggiore attenzione europea dei mezzi di informazione, cui gli studiosi coinvolti nel processo di elaborazione della riforma delle istituzioni potranno offrire contributi meno sporadici e meno sprovveduti. In una parola, l’iniziativa per la rifondazione della Comunità comincerà a divenire un fatto pubblico.
Il secondo tempo dovrebbe avere carattere pre-elettorale ed elettorale. Il Parlamento europeo dovrebbe presentare il suo progetto qualche mese prima della seconda elezione europea. In questo modo sarebbe il progetto del Parlamento europeo a condizionare il dibattito elettorale. Va tenuto presente che i partiti, anche per aver partecipato alla prima fase dell’elaborazione del progetto — la fase degli hearings — non potrebbero non accogliere nel loro programma elettorale la communis opinio per quanto riguarda la riforma delle istituzioni pur differenziandosi per quanto riguarda gli altri obiettivi politici. Tutto ciò avrebbe anche una grande influenza sulla selezione dei candidati. D’altra parte i mezzi di informazione, che sarebbero finalmente posti di fronte alla possibilità di veri e propri cambiamenti politici europei (cioè di fronte a fatti europei che «fanno notizia»), darebbero finalmente largo spazio ai fatti dell’elezione europea e all’illustrazione delle alternative sul campo. Così l’opinione pubblica si potrebbe schierare non soltanto a favore di un assenso generico all’idea europea, che non è stato sufficiente a rendere vitale la prima elezione, ma anche a favore di un efficace programma d’azione che, proprio per aver trovato il consenso degli elettori, non potrà essere ignorato dai governi.
M. Albertini-L. V. Majocchi
(maggio 1981)