Anno XX, 1978, Numero 1, Pagina 47
PRESA DI POSIZIONE DEL MOVIMENTO FEDERALISTA EUROPEO SULLA FORMAZIONE DEL NUOVO GOVERNO
Il M.F.E. fa osservare che il rischio maggiore che corre l’Italia è quello di accentuare la tendenza già in atto verso uno sviluppo dell’economia italiana in contrasto con l’evoluzione dell’economia mondiale ed in particolare con lo sviluppo economico dei paesi del Terzo mondo. Se ciò dovesse accadere l’Italia si verrebbe a trovare, tra non molti anni, in una crisi strutturale ancora più grave di quella nella quale si trova ora. E ciò accadrà senz’altro se si continuerà a non tenere abbastanza conto, nell’impostazione della politica italiana, dell’evoluzione della divisione internazionale del lavoro, cioè se prevarrà un orientamento provinciale, ottusamente italiano, circa la soluzione dei problemi dell’occupazione, della riconversione industriale, dell’agricoltura e dell’inflazione.
È evidente che solo un orientamento europeo consente di progettare uno sviluppo italiano delle forze produttive in regime di mercato aperto, e quindi di compatibilità con l’evoluzione dell’economia mondiale e di quella del Terzo mondo. Ma le forze politiche e sociali, come gli stessi esperti, che hanno accettato questo punto di vista in linea teorica, non sono ancora capaci di tradurlo in pratica, e di impostare con un orientamento europeo la soluzione dei maggiori problemi italiani. Lo mostra anche il fatto, indubbiamente grave, che i partiti, le forze sociali, e gli stessi esperti, hanno sinora evitato di prendere posizione sulle lucide e coraggiose proposte del Presidente Jenkins in materia di unione economico-monetaria dell’Europa.
II
Il M.F.E. ritiene che in Italia sia necessario un patto nazionale, come fondamento del patto sociale, per superare la crisi e portare a termine nel contempo l’opera incompiuta della Resistenza facendo della Repubblica la cosa di tutti, abbattendo le barriere storiche fra gli italiani e saldando definitivamente l’Italia all’Europa. Il M.F.E. si è formato durante la Resistenza sulla base della convinzione secondo la quale l’Italia non avrebbe solo compromesso la sua economia, ma addirittura il suo stesso sviluppo democratico, sociale, civile e legale senza l’unità dell’Europa. È grazie a questo punto di vista, non ancora ben affermato nei partiti tradizionali, che il M.F.E. ha potuto, sin dal 1968, rendersi conto della gravità della incombente crisi italiana; che ha potuto affermare, sin dal 27 maggio 1973, che «il dibattito sulle alternative politiche deve dunque affrontare questo problema: come realizzare per gradi, nel paese e nel Parlamento, senza escludere il governo, l’unità dei partiti costituzionali e antifascisti», e indicare nell’elezione europea, possibile già allora per i rappresentanti italiani se il Parlamento avesse approvato la legge di iniziativa popolare promossa dai federalisti a questo scopo, lo sbocco di questo processo di unificazione degli Italiani.
III
Per queste ragioni, in vista della formazione del nuovo governo e in relazione alle trattative tra i partiti per costituirlo, il M.F.E. ha il dovere di ribadire che mai come in questo momento è necessario tener presente che l’Italia si salva solo in Europa, e solo rendendo la Comunità capace di affrontare sul piano europeo i problemi dell’occupazione, dell’inflazione, della riconversione industriale e dell’agricoltura, che hanno dimensione europea e mondiale e non possono essere risolti in modo evolutivo nel quadro nazionale. L’Europa non è un obiettivo lontano. L’Europa com’è già, sulla base dell’unione doganale, del mercato agricolo, dell’imperativo dell’allargamento e del diritto di voto europeo finalmente assicurato, costituisce la sola e vera linea di divisione tra una soluzione positiva e una soluzione negativa della crisi italiana. Il M.F.E. ha perciò il dovere di ricordare che la scelta europea resta puramente verbale se non si definisce la politica di ripresa economica nel contesto del rilancio dell’unione economico-monetaria grazie ad un piano di «preunione» e ad una scadenza prefissata per la creazione della moneta europea, e se non si giunge ad una rapida approvazione della legge elettorale per l’elezione europea per non rimettere in questione il risultato ormai già acquisito nei paesi nei quali maggiori erano le difficoltà.
Milano, 16 gennaio 1978