Anno XXIII, 1981, Numero 3-4, Pagina 193
LA SITUAZIONE DELLA COMUNITÀ E LA DIFESA EUROPEA*
È necessario partire da due constatazioni: 1) la Comunità europea non ha voluto fare lo sforzo materiale e finanziario che le avrebbe consentito di assicurare una difesa autonoma; 2) una gran parte della popolazione europea oggi non si trova in una situazione morale e politica tale da indurla ad opporre una resistenza determinata ad una eventuale aggressione militare. Si capisce che, in queste condizioni, la scelta si sia ridotta all’accettazione di un’organizzazione dominata dagli Stati Uniti o alla tentazione della ritirata in un santuario nazionale protetto dall’arma atomica, tentazione che, peraltro, non concerne che la Francia.
Esistono dei fattori di cambiamento? Certamente. Infatti adesso si assiste ad una duplice assunzione di coscienza. L’Europa si è immessa in un ciclo di declino e non può uscirne che sviluppando politiche industriali comuni comprendenti anche il settore degli armamenti. L’Europa deve, d’altra parte, stabilire dei nuovi rapporti col Terzo mondo, aiutare i paesi che ne fanno parte non solo ad uscire dal sottosviluppo, ma ad assicurare la loro indipendenza nei confronti delle due grandi potenze imperiali. Questo ci conduce non a rompere l’alleanza che noi abbiamo concluso con gli Stati Uniti per metterci al sicuro da una eventuale aggressione sovietica in Europa, ma a limitare strettamente l’alleanza a questo obbiettivo. Infatti sul piano economico, come nelle nostre relazioni con il Terzo mondo, non possiamo evitare certe tensioni e contrasti con gli Stati Uniti e le loro multinazionali.
Come può tradursi sul piano militare questa posizione di maggiore indipendenza? L’ho già indicato: attraverso una stretta cooperazione nel settore delle industrie d’armamenti, ma anche, a mio giudizio, attraverso la costituzione di un comando esclusivamente europeo, che abbia a disposizione in determinate evenienze, unità di pronto intervento.
Se noi ci inoltriamo sulla strada aperta dai relatori di questo convegno e che io mi auguro di poter percorrere, ciò significa che noi dobbiamo sentirci responsabili della salvaguardia della democrazia in Europa occidentale come della pace e della sicurezza nel bacino mediterraneo. In altri termini, bisogna che noi siamo pronti a intervenire in determinate circostanze e pertanto che ci diamo i mezzi per questo intervento.
Prendiamo il caso della Spagna o quello del conflitto israelo-palestinese. Possiamo forse accettare l’idea che la democrazia spagnola possa essere nuovamente distrutta da un gesto di forza militare? Noi diamo prova di comprensione quando ci spiegano che la dittatura del partito comunista polacco, pur se detestata dalla immensa maggioranza della popolazione, deve essere mantenuta per evitare l’intervento sovietico. Invece esitiamo a dire che il regime democratico voluto dall’immensa maggioranza del popolo spagnolo non potrebbe essere rovesciato senza gravi conseguenze per gli autori del gesto di forza. E ciò quali che possano essere le dichiarazioni di obbedienza di questi personaggi al presidente Reagan.
Quanto al Medio Oriente, la nostra posizione a favore della salvaguardia e della sicurezza dello Stato di Israele, ma anche della creazione di uno Stato palestinese è moralmente inattaccabile. Ma che peso abbiamo noi in questa parte del mondo? Noi siamo degli acquirenti di petrolio e dei venditori di armi, ma non abbiamo né la capacità di intervento militare degli Stati Uniti né quella dell’Unione Sovietica. Ci si può servire di noi. Non si può far conto su di noi.
Quanto ho detto non mi induce al pessimismo. L’Europa dispone di considerevoli atouts. La resurrezione non è al di fuori della nostra portata. Bisogna guardare lontano e fissarsi obiettivi realistici. Ma tutto ciò presuppone una volontà politica che, per il momento, non esiste, o esiste solo debolmente.
G. Martinet
* Nei «Documenti» di questo numero compaiono alcuni testi e interventi e la risoluzione finale del Convegno «Il ruolo internazionale della Comunità europea e i problemi della difesa dell’Europa», organizzato dall’UEF il 5 aprile 1981 a Torino. Il pensiero della rivista sul problema della difesa è contenuto nell’editoriale. Ci è parso comunque opportuno offrire ai lettori l’espressione di autorevoli punti di vista che possono anche non coincidere col nostro.