IL FEDERALISTA

rivista di politica

 

Anno LXV, 2023, Numero 2-3, Pagina 67

PERCHÉ ABBIAMO BISOGNO DI UNA CONVENZIONE
PER MODIFICARE I TRATTATI*

1. Introduzione

Le crisi degli ultimi anni, e in particolare l’aggressione della Russia all’Ucraina e l’attuale tentativo a livello mondiale di imporre un modello autocratico che svuota di contenuto le conquiste della democrazia, hanno posto con forza la questione di una profonda riforma dell’Unione, resa ancora più urgente dalla necessità ormai improrogabile di un allargamento a nuovi Stati membri. La consapevolezza della necessità di una riforma dell’Unione europea per renderla capace di affrontare efficacemente le sfide attuali, di diventare un elemento di equilibrio sulla scena internazionale e di garantire beni pubblici ai suoi cittadini è emersa anche dalla Conferenza sul Futuro dell’Europa.

La proposta di riforma dei Trattati[1] approvata dal Parlamento europeo lo scorso novembre ha ripreso le conclusioni della Conferenza e le ha tradotte in proposte di modifica delle disposizioni dei Trattati. Si tratta di una proposta di revisione complessiva e di ampia portata che mira ad aprire la procedura di revisione ordinaria prevista dall’articolo 48 del TUE e quindi a convocare una Convenzione a tale scopo.

L’obiettivo di questo documento è quello di evidenziare che le riforme di cui l’Unione europea ha bisogno per poter agire efficacemente nei settori in cui sono necessarie politiche comuni possono essere realizzate solo attraverso la convocazione di una Convenzione, come previsto dalla procedura di revisione ordinaria, e non attraverso altri strumenti previsti dai Trattati. Né le procedure di revisione semplificate di cui all’articolo 48, paragrafi 6 e 7, del TUE, né la possibilità (prevista dall’articolo 49 del TUE) di stabilire adattamenti dei Trattati in occasione dell’adesione di nuovi Stati membri sono in effetti strade percorribili per la riforma profonda e complessiva che è oggi necessaria.
 

2. Le riforme di cui l’Unione europea ha bisogno 

Per affrontare con successo le sfide della sicurezza, della competizione tecnologica ed economica globale, dei costi della transizione ecologica e digitale, delle conseguenze dell’invecchiamento della popolazione, dei flussi migratori, della salute e dell’istruzione, sono necessarie politiche europee efficaci che, per essere realizzate, richiedono alcuni cambiamenti nel funzionamento dell’UE. Questi cambiamenti riguardano i meccanismi decisionali dell’Unione, le competenze che devono essere condivise anche a livello europeo e gli strumenti per esercitarle. Inoltre, c’è il problema del rispetto dello Stato di diritto da parte degli Stati membri.
 

2.1 Il superamento dell’unanimità e il coinvolgimento del Parlamento europeo per rendere l’Unione europea più efficiente e democratica.

L’unanimità in Consiglio si applica ancora in molti settori chiave di competenza dell’Unione europea, soprattutto nel campo della politica estera e di sicurezza e della difesa, nonché della politica fiscale e del finanziamento dell’Unione.

Questa regola decisionale non è né efficiente né democratica, né ora né nella prospettiva di un prossimo allargamento. La necessità di raggiungere un accordo tra 27 — e potenzialmente più di 30 — rappresentanti di governi nazionali democraticamente legittimati, responsabili nei confronti di un elettorato nazionale, fa sì che le decisioni siano il risultato di un compromesso al ribasso tra interessi nazionali in conflitto e rischia di paralizzare la capacità decisionale dell’Unione. La natura intergovernativa del processo decisionale, dunque, non consente l’emergere di un interesse superiore dei cittadini europei incarnato dal Parlamento europeo. Inoltre, non permette una decisione rapida, poiché il compromesso unanime, per definizione, è il frutto di lunghi negoziati. Infine, un singolo Stato, che rappresenta anche una piccola minoranza di cittadini europei, può impedire qualsiasi decisione.

Per questi motivi, non solo l’unanimità dovrebbe essere superata in tutti i settori di competenza dell’Unione europea, ma il Parlamento europeo dovrebbe essere pienamente coinvolto nel processo decisionale.[2]
 

2.2. L’attribuzione all’Unione delle competenze e delle risorse necessarie per fornire beni pubblici.

Per far sì che l’Unione eserciti effettivamente le proprie competenze, investa e fornisca beni pubblici che gli Stati membri non sono più in grado di assicurare, è necessario rafforzare le sue competenze in settori quali l’ambiente, la fiscalità, la difesa, la sanità, la politica industriale, la politica sociale e l’energia; l’Unione ha inoltre bisogno di un bilancio di dimensioni adeguate e della capacità di decidere autonomamente e democraticamente sulle proprie risorse.

Ciò implica che la decisione sulle entrate dell’UE sia presa con la piena partecipazione del Parlamento europeo attraverso una procedura legislativa ordinaria, senza la ratifica degli Stati membri.

Il rafforzamento delle competenze dell’Unione europea e la possibilità di raccogliere entrate in modo autonomo sono necessari non solo per la fornitura di beni pubblici interni, ma anche per la sicurezza esterna dell’Unione. Una difesa europea, come dimostrano i recenti eventi, è necessaria. Ma un esercito europeo e una politica di sicurezza comune richiedono risorse, una politica estera comune, lo sviluppo di una politica industriale europea e la creazione di un governo in grado di prendere decisioni in questo settore.[3]
 

2.3. Il rafforzamento dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali.

Se l’Unione Europea vuole svolgere un ruolo di difesa del valore della democrazia a livello globale, deve innanzitutto rappresentare un esempio di democrazia al suo interno. Pertanto, il rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali deve essere garantito in tutti gli Stati membri, introducendo procedure che sottraggano la procedura dell’articolo 7 del TUE ai meccanismi intergovernativi basati sull’unanimità e conferiscano poteri alla Corte di giustizia.
 

2.4. Osservazioni conclusive.

Le riforme sopra descritte fanno parte di un pacchetto coerente di ristrutturazione del funzionamento dell’Unione europea. Non devono quindi essere considerate in modo isolato[4] ma piuttosto nel contesto di una ridefinizione del modo di operare dell’Unione, volta a consentirle di assumere una forma politica e il potere di affrontare le sfide sempre più pressanti che minacciano lo stesso processo di integrazione.

Affrontare solo alcuni degli aspetti citati e rifiutare di considerare la necessità di una riforma globale dell’Unione significherebbe lasciare irrisolti problemi cruciali del nostro continente e rinunciare a creare un’Unione europea capace di dare voce e proteggere i diritti dei suoi cittadini.
  

3. Come rivedere i Trattati: la necessità di una Convenzione 

3.1 Perché il ricorso alle procedure di revisione semplificate non è praticabile.

Il dibattito sul margine di manovra lasciato agli Stati membri nella scelta delle modalità di revisione dei Trattati risale ai primi anni del processo di integrazione europea. Già negli anni Sessanta era stata presa in considerazione la possibilità per gli Stati membri di modificare i Trattati attraverso un accordo internazionale al di fuori del quadro dei Trattati istitutivi della CECA e della CEE.[5] Su questo punto la Corte di giustizia si è pronunciata nella causa Defrenne[6] nella quale, in merito alla possibilità che una risoluzione adottata dagli Stati membri potesse modificare il testo dell’articolo 119 del TCE sulla parità di retribuzione tra lavoratori e lavoratrici, ha chiaramente affermato che “la risoluzione degli Stati membri del 30 dicembre 1961 […] non poteva modificare il termine stabilito dal trattato. Il trattato non può infetti essere modificato — salvo restando le disposizioni specifiche — se non mediante una revisione da effettuarsi ai sensi dell’art. 236 [ora articolo 48 TUE]”.

Come è stato notato,[7] la regola stabilita nella sentenza Defrenne è stata tacitamente accettata dagli Stati membri, che hanno sempre seguito le procedure previste dai Trattati quando li hanno modificati.

Se, secondo la Corte, gli Stati membri, aderendo all’Unione, si sono privati della possibilità di modificare i Trattati istitutivi con strumenti propri del diritto internazionale, l’impossibilità di decidere a propria discrezione quale procedura utilizzare per modificare i Trattati vale a maggior ragione quando sono i Trattati stessi a mettere a disposizione degli Stati membri diverse procedure di revisione. È questo il caso dell’attuale testo dei Trattati, che prevede una procedura di revisione ordinaria e due procedure di revisione semplificate.[8] La ratio della previsione di diversi tipi di revisione risiede proprio nel fatto che essi hanno diversi ambiti di applicazione e seguono procedure modellate sul tipo di modifiche che possono essere apportate ai Trattati.[9] Altrimenti, i Trattati avrebbero previsto un’unica procedura di revisione.

In particolare, poiché il ricorso alle procedure di revisione semplificate è limitato alle ipotesi descritte esplicitamente nell’articolo 48, paragrafi 6 e 7, del TUE, che rappresentano quindi delle eccezioni alla procedura generale (quella ordinaria), le disposizioni relative alle procedure di revisione semplificate devono essere interpretate in modo restrittivo[10] e applicate solo nelle ipotesi ivi previste.
 

3.1.1. I limiti della procedura di revisione semplificata di cui all’art. 48, paragrafo 6.

Nell’unica occasione in cui la Corte ha potuto pronunciarsi sull’uso di una procedura di revisione semplificata, la sentenza Pringle,[11] questa rigida delimitazione tra l’ambito di applicazione delle diverse procedure di revisione è stata confermata. Infatti, la Corte ha valutato attentamente se la modifica dell’articolo 136 TFUE per consentire l’istituzione di un Meccanismo europeo di stabilità fosse validamente basata sull’articolo 48 paragrafo 6 TUE, il cui ambito di applicazione è limitato a “progetti intesi a modificare in tutto o in parte le disposizioni della parte terza del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea relative alle politiche e azioni interne dell’Unione”. E ha concluso che, poiché la modifica riguardava solo il settore della politica economica, che è disciplinato nella Parte terza del TFUE, la base giuridica utilizzata era corretta.

Andando più in profondità nell’esame dell’articolo 48, paragrafo 6, è necessario sottolineare che questa disposizione può essere utilizzata solo per la modifica degli articoli da 26 a 197 del TFUE e non può estendere le competenze conferite all’Unione nei Trattati. Per quanto riguarda la procedura da seguire, essa prevede una decisione unanime del Consiglio europeo, previa consultazione del Parlamento europeo e della Commissione, e della Banca centrale europea in caso di modifiche istituzionali nell’area monetaria. Tale decisione deve essere approvata dagli Stati membri in conformità alle rispettive norme costituzionali.

Per quanto riguarda il campo di applicazione di questo articolo, esso è limitato alle disposizioni della Parte Terza del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Non copre, quindi, né le disposizioni del Trattato sull’Unione europea (politica estera e di sicurezza, nomina della Commissione europea, violazione dello Stato di diritto), né il finanziamento dell’Unione (gli articoli 310-312 si trovano nella Parte Sesta del TFUE), né le disposizioni generali e finali, tra cui l’articolo 353 del TFUE, che esclude il passaggio al processo decisionale a maggioranza qualificata relativamente ad alcune questioni, come il finanziamento dell’Unione.

Questa procedura non è quindi applicabile nei settori in cui è più necessaria una profonda riforma dell’Unione: la politica estera e di sicurezza e la difesa per garantire la sicurezza esterna dell’Unione europea; il finanziamento dell’Unione (in particolare l’articolo 311 del TFUE), che è una condizione preliminare per l’esercizio di tutte le competenze dell’Unione europea; la nomina dei membri della Commissione europea; il rafforzamento dello Stato di diritto attraverso il superamento della procedura dell’articolo 7 del TUE.

Un’altra limitazione molto importante stabilita dall’articolo 48, paragrafo 6, è che questa disposizione “non aumenta le competenze conferite all’Unione nei Trattati”, quindi non può servire né a creare nuove competenze dell’Unione né a far passare una competenza da concorrente a esclusiva o da competenza di sostegno e coordinamento a concorrente.[12]

Le conseguenze di questa limitazione alla possibilità di utilizzare l’articolo 48, paragrafo 6, per le modifiche dei Trattati citate sono molto rilevanti. Lasciando da parte il finanziamento dell’Unione e la politica estera e di difesa, che non sono inclusi nella Parte Terza del TFUE, la possibilità di rafforzare le competenze dell’Unione europea in tutti i settori in cui sarebbe necessaria un’azione più efficace dell’Unione è totalmente vietata da questa disposizione, in quanto sarebbe impossibile passare da una competenza concorrente a una competenza esclusiva in settori come l’ambiente e l’energia, così come da una competenza di sostegno e coordinamento a una competenza concorrente in materia di sanità, industria, occupazione, politica sociale.
 

3.1.2. Le clausole passerella.

La seconda procedura di revisione semplificata è disciplinata dall’articolo 48, paragrafo 7, che prevede le cosiddette passerelle, una per passare dall’unanimità alla maggioranza qualificata in Consiglio e l’altra da una procedura legislativa speciale a una ordinaria. Per quanto riguarda la prima, ai sensi del primo comma della disposizione, “qualora il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea o il titolo V del presente Trattato [TUE] prevedano che il Consiglio deliberi all’unanimità in un determinato settore o in un caso determinato, il Consiglio europeo può adottare una decisione che consenta al Consiglio di deliberare a maggioranza qualificata in tale settore o caso. Il presente comma non si applica alle decisioni che hanno implicazioni militari o che rientrano nel settore della difesa”. Per quanto riguarda la seconda, l’articolo 48, paragrafo 7, secondo comma, stabilisce che “quando il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea prevede che il Consiglio adotti atti legislativi secondo una procedura legislativa speciale, il Consiglio europeo può adottare una decisione che consenta l’adozione di tali atti secondo la procedura legislativa ordinaria”. L’iniziativa può essere presa solo dal Consiglio europeo. Essa viene notificata ai Parlamenti nazionali, che possono manifestare la loro opposizione entro sei mesi dalla data di tale notifica. Il Consiglio europeo può adottare la decisione solo dopo l’approvazione del Parlamento europeo e in assenza di opposizione da parte dei Parlamenti nazionali.

Come l’articolo 48, paragrafo 6, anche l’articolo 48, paragrafo 7, ha un campo di applicazione limitato, con una differenza tra il primo e il secondo comma della disposizione. L’articolo 48, paragrafo 7, infatti, esclude le decisioni “con implicazioni militari o nel settore della difesa” solo dall’ambito di applicazione del primo comma (passaggio dall’unanimità alla maggioranza qualificata). Questa differenza, tuttavia, perde gran parte della sua importanza se si considera che nel campo della politica estera e di sicurezza, secondo l’articolo 24 TUE, “è esclusa l’adozione di atti legislativi”, e quindi in questo settore non si può applicare il passaggio da una procedura legislativa ordinaria a una procedura legislativa speciale previsto dal secondo comma dell’articolo 48, paragrafo 7.

Per quanto riguarda entrambi i commi dell’articolo 48, paragrafo 7, inoltre, ai sensi dell’articolo 353 TFUE, essi non si applicano agli articoli 311, terzo e quarto comma[13] (decisione sulle risorse proprie), 312, paragrafo 2, primo comma (quadro finanziario pluriennale), 352 (clausola di flessibilità) e 354 TFUE (calcolo della maggioranza in relazione alle decisioni di cui all’articolo 7 TUE).

Guardando alle riforme di cui l’Unione europea avrebbe bisogno, la procedura di revisione semplificata dell’articolo 48, paragrafo 7, non può applicarsi alle decisioni nei settori della difesa e del finanziamento dell’Unione e non avrebbe alcuna rilevanza per il rafforzamento del meccanismo di protezione dello Stato di diritto previsto dall’articolo 7 TUE. Uno degli emendamenti che renderebbe più efficace questa disposizione riguarda infatti in realtà il superamento dell’unanimità non nel Consiglio ma nel Consiglio europeo.

Quest’ultima osservazione sull’articolo 7 TUE ci porta a un’altra precisazione sulla portata dell’articolo 48, paragrafo 7. Nel prevedere la possibilità di passare dall’unanimità alla maggioranza qualificata, l’articolo 48, paragrafo 7, primo comma si riferisce al Consiglio e non al Consiglio europeo. Pertanto, l’attività del Consiglio europeo è fuori dall’ambito di applicazione di entrambi i commi dell’articolo 48, paragrafo 7: del primo a causa della limitazione di questa disposizione al processo decisionale del Consiglio; del secondo perché riguarda le procedure legislative e il Consiglio europeo “non esercita funzioni legislative”[14].

L’esclusione dell’attività del Consiglio europeo dal campo di applicazione dell’articolo 48, paragrafo 7, è rilevante anche per quanto riguarda la possibilità di utilizzare l’articolo 48, paragrafo 7 secondo comma, per la modifica delle disposizioni relative alla politica estera che non hanno implicazioni militari. In realtà, in questo settore sarebbe possibile applicare la seconda passerella per passare dall’unanimità alla maggioranza qualificata nelle decisioni del Consiglio. Tuttavia, anche nel campo della politica estera, il Consiglio europeo svolge un ruolo centrale e ogni decisione del Consiglio trova il suo fondamento in una presa di posizione del Consiglio europeo. Il passaggio dall’unanimità alla maggioranza qualificata nelle decisioni del Consiglio cambierebbe quindi in modo limitato il fatto che la politica estera e di sicurezza è un’area in cui è ancora richiesto il consenso unanime dei 27 Stati membri.

Per quanto riguarda gli altri settori del diritto dell’UE sui quali la procedura di revisione semplificata dell’articolo 48, paragrafo 7, potrebbe avere un impatto, anche in questi casi le procedure in questione non consentirebbero le modifiche necessarie. Infatti, nei settori della salute, dell’ambiente, dell’energia, dell’occupazione e della politica sociale, il Trattato prevede procedure legislative, e quindi la possibilità di passare dall’unanimità alla maggioranza qualificata non rientra nelle opzioni previste. Inoltre, le decisioni sono già adottate principalmente attraverso una procedura legislativa ordinaria[15] e, quando è prevista una procedura legislativa speciale, sono previste speciali clausole passerella,[16] sicché il secondo comma dell’articolo 48, paragrafo 7, non è necessario.

L’unica disposizione rilevante su cui questa procedura potrebbe avere un impatto è l’articolo 113 TFUE, relativo all’armonizzazione delle legislazioni in materia di imposte sulla cifra d’affari, accise e altre forme di imposizione indiretta. Vale tuttavia la pena notare che, nonostante la possibilità di passare a una procedura legislativa ordinaria in questo campo sia stata molto discussa, questa decisione non è mai stata presa.

La stessa considerazione vale per le clausole passerella speciali, come quelle citate, previste dai Trattati in alcune ipotesi specifiche.[17]

Ora, queste passerelle non sono mai state utilizzate, nonostante offrano un percorso più semplice di quello tracciato dall’articolo 48, paragrafo 7, (non c’è la possibilità per i Parlamenti nazionali di opporsi). Il motivo è che il loro utilizzo in singoli casi da parte del Consiglio europeo non può essere accettato dagli Stati membri che si considerano “perdenti”: il passaggio dall’unanimità alla maggioranza qualificata e dalla procedura legislativa speciale a quella ordinaria è concepibile solo nel quadro di una riforma complessiva che in qualche modo “compenserebbe” la perdita di potere di un singolo Stato.
  

3.2. L’impossibilità di rivedere i Trattati attraverso l’articolo 49 del TUE.

Per quanto riguarda la possibilità, prospettata da alcuni, di utilizzare l’articolo 49 TUE come strumento di revisione dei Trattati in occasione dell’adesione di nuovi Stati membri, la demarcazione tra i campi di applicazione dell’articolo 48, paragrafi 2-5, e 49 TUE è ancora più netta. Se la linea di demarcazione tra la procedura di revisione ordinaria e le procedure di revisione semplificate riguarda disposizioni del TUE che mirano allo stesso obiettivo (la modifica di disposizioni primarie del diritto dell’UE), il rapporto tra l’articolo 48 TUE e l’articolo 49 TUE riguarda disposizioni con finalità diverse. Come sottolineato, la prima è finalizzata alla revisione dei Trattati, mentre la seconda è finalizzata all’adesione di nuovi Stati membri all’Unione.

Questa differenza è decisiva. Sebbene vi siano analogie tra le procedure previste dalle due disposizioni sopra citate (articolo 48, paragrafi da 2 a 5, e articolo 49 TUE),[18] che si basano entrambe sul consenso unanime degli Stati membri e sulla ratifica da parte degli Stati membri in conformità alle rispettive norme costituzionali, il fatto che i redattori dei Trattati abbiano distinto tra la procedura di revisione e la procedura di adesione di nuovi Stati porta inevitabilmente alla conclusione che una revisione dei Trattati non può basarsi sull’articolo 49 TUE, così come l’adesione di nuovi Stati membri non può trovare la sua base giuridica nell’articolo 48 TUE;[19] e che la possibilità di adattare il testo dei Trattati prevista dall’articolo 49 TUE riguarda solo gli adattamenti direttamente derivanti dall’aumento del numero degli Stati membri.

L’impossibilità di utilizzare l’articolo 49 TUE come base giuridica per la revisione dei Trattati in occasione dell’allargamento a nuovi Stati membri è chiaramente confermata dal tenore letterale di questa disposizione. Come evidenziato in precedenza, secondo l’articolo 49, un accordo tra gli Stati membri e lo Stato richiedente stabilisce le condizioni di ammissione “e gli adattamenti dei Trattati sui quali è fondata l’Unione da essa determinati”.

La prima considerazione da fare è che, mentre l’articolo 48 TUE fa riferimento a “modifiche” dei Trattati, l’articolo 49 utilizza il termine molto più limitato di “adattamenti”.

Un’indicazione del significato da attribuire a questa espressione si ricava da alcune sentenze[20] della Corte di Giustizia, relative a disposizioni degli atti di adesione di nuovi Stati membri che consentono al Consiglio di adottare misure per apportare “adattamenti”[21] a tali atti che si rivelino necessari. Per quanto riguarda l’interpretazione dell’espressione “adattamenti”, la sentenza Polonia/Consiglio[22] afferma che “la Corte si è già pronunciata sul significato di ‘adattamenti necessari’ nel contesto degli atti di adesione, indicando che i provvedimenti di adattamento previsti da tali atti autorizzano in linea di principio solo gli adattamenti destinati a rendere gli atti comunitari anteriori applicabili nei nuovi Stati membri, escludendo qualsiasi altra modifica”.[23] Poiché le disposizioni degli atti di adesione e l’articolo 49 TUE utilizzano gli stessi termini per definire gli adattamenti consentiti in conseguenza dell’ammissione di nuovi Stati, il significato molto restrittivo dell’espressione “adattamenti” che emerge dalle sentenze relative agli atti di adesione dovrebbe applicarsi anche all’espressione “adeguamenti” dell’articolo 49 TUE.[24]

La necessità di interpretare in modo restrittivo la possibilità di modifiche al diritto primario derivanti dall’Atto di adesione di nuovi Stati emerge anche dalla giurisprudenza della Corte di giustizia in merito alla possibilità di concedere deroghe ai singoli Stati membri funzionali all’adesione. Infatti, come affermato nella sentenza Apostolides,[25] “le disposizioni contenute in un atto di adesione che consentono deroghe alle norme del Trattato CE devono essere interpretate restrittivamente alla luce delle disposizioni del Trattato interessate ed essere limitate a quanto assolutamente necessario per conseguire l’obiettivo che si prefiggono”.

Infine, proprio l’espressione adattamenti “determinati” dall’adesione indica un necessario nesso di causalità tra l’adesione e gli adattamenti del testo dei Trattati e chiarisce quindi che gli adattamenti ammessi sono solo quelli che derivano, in un certo senso, automaticamente dall’adesione, come l’aumento del numero dei membri di un’istituzione per garantire che anche i nuovi Stati siano rappresentati — e in assenza dei quali gli Stati aderenti non sarebbero parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione a tutti gli effetti.

La prassi degli accordi di adesione che si sono succeduti dal 1972 ad oggi non fa che confermare questa conclusione, dal momento che gli adattamenti ai Trattati che essi hanno apportato si sono sempre limitati ad introdurre solo gli adeguamenti tecnicamente necessari per l’adesione dei nuovi Stati, senza incidere sulle altre disposizioni del Trattato, che sono state invece modificate prima o dopo l’adesione[26] utilizzando la procedura di revisione ora prevista dall’articolo 48 (2-5) TUE.
  

4. Conclusioni: la necessità di una Convenzione per garantire una riforma profonda e democratica

Come sottolineato in precedenza, né le procedure semplificate di cui all’articolo 48, paragrafi 6 e 7, del TUE, né la procedura di adesione di cui all’articolo 49 del TUE consentirebbero di introdurre nei Trattati le modifiche necessarie per dotare l’Unione europea degli strumenti e dei poteri necessari.

C’è tuttavia un’altra ragione fondamentale per cui la procedura di revisione ordinaria dell’articolo 48, paragrafi 2-5, è l’unica strada percorribile: la necessità di garantire la partecipazione democratica.

Se guardiamo alla procedura di revisione ordinaria, dopo il Trattato di Lisbona, da un lato, il Parlamento europeo può presentare al Consiglio progetti di modifica dei Trattati; dall’altro, l’articolo 48, paragrafo 3, prevede la convocazione da parte del Presidente del Consiglio europeo di una Convenzione[27] composta da rappresentanti dei Parlamenti nazionali, dei Capi di Stato o di Governo degli Stati membri, del Parlamento europeo e della Commissione. Anche se la Convenzione ha solo il potere di adottare una raccomandazione da inviare alla Conferenza intergovernativa, i rappresentanti del Parlamento europeo (e dei Parlamenti nazionali) possono quindi intervenire sul contenuto della revisione, facendo sì che il testo risultante dalla Convenzione non sia il prodotto di un mero negoziato intergovernativo, ma di un processo in cui anche l’organo rappresentativo dei cittadini europei è in grado di esprimere il proprio parere.

Né le due procedure di revisione semplificate né l’articolo 49 del TUE prevedono tale partecipazione democratica.

Secondo l’articolo 48, paragrafo 6, del TUE, il Parlamento europeo viene solo consultato e, quindi, non ha voce in capitolo sul contenuto della riforma e il suo parere non è vincolante.[28] Un maggiore coinvolgimento del Parlamento europeo (approvazione della decisione del Consiglio) e dei Parlamenti nazionali è invece previsto dall’articolo 48, paragrafo 7, ma il Parlamento europeo non ha alcun potere di iniziativa in questo caso. Infine, la procedura di adesione di cui all’articolo 49 TUE prevede che la decisione del Consiglio sull’ammissione di un nuovo Stato sia presa “previa approvazione del Parlamento europeo”, con la conseguenza che quest’ultimo non influisce sul contenuto dell’Atto di adesione e sugli “adattamenti” dei Trattati da esso previsti. La differenza rispetto alla procedura di revisione ordinaria, che comporta un elevato grado di partecipazione democratica, in quanto i membri del Parlamento europeo (e dei Parlamenti nazionali) partecipano alla Convenzione e hanno quindi la possibilità di plasmare il contenuto della revisione del Trattato, è evidente.

Seguire la strada della procedura di revisione semplificata o dell’articolo 49 del TUE avrebbe quindi il solo scopo di eludere la convocazione di una Convenzione (e quindi di pregiudicare la partecipazione del Parlamento europeo al processo) e di svuotare del loro contenuto le proposte di riforma emerse dalla Conferenza sul futuro dell’Europa e approvate dal Parlamento europeo, rendendo impossibile una riforma dell’Unione che la renda rispondente alle esigenze dei cittadini.


[*] Si tratta del memorandum inviato dall’Unione europea dei federalisti (UEF) alla Presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, al Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ai membri del Parlamento europeo e ai 27 governi nazionali.

[1] P9_TA(2023)0427, Proposte del Parlamento europeo per la modifica dei Trattati. Risoluzione del Parlamento europeo del 22 novembre 2023 sulle proposte del Parlamento europeo per la modifica dei Trattati (2022/2051(INL)).

[2] Si veda, tra gli altri, P. Bursens, Recalibration of Executive-Legislative Relations in the European Union. Strategie ispirate al trilemma della democrazia, della sovranità e dell’integrazione, in D. Fromage, A. Herranz-Surralies (a cura di), Executive and Legislative (Im)balance in the European Union, London, Hart Pub Ltd., 2020, pp. 19 ss.; G. Rossolillo, Abolishing the Power of Veto. Voting System Reform in the Council and European Council, Il Federalista, 43, n. 1 (2021), p. 63, https://www.thefederalist.eu/site/index.php/it/i-documenti/2518-abolire-il-diritto-di-veto-la-riforma-del-sistema-di-voto-nel-consiglio-e-nel-consiglio-europeo).

[3] Negli anni Cinquanta, l’impossibilità di creare un esercito senza una struttura politica e un governo che lo controllasse aveva portato al Trattato del 1953 che istituiva la Comunità politica europea, che si affiancava al Trattato che istituiva la Comunità europea di difesa.

[4] Cfr. T. Gierich, How to Reconcile the Forces of Enlargement and Consolidation in “an Ever Closer Union” (Come conciliare le forze dell’allargamento e del consolidamento in un’Unione sempre più stretta), in T. Gierich, D.C. Schmitt, Z. Zeitmann (eds.), Flexibility in the EU and Beyond. How Much Differentiation Can European Integration Bear?, Baden-Baden, Bloomsbury Publishing, 2017, pp. 17 ss., p. 24.

[5] Cfr. H.J. Lambers, Les clauses de révision des Traités instituant les Communautés Européennes, Annuaire français de droit international, 7 (1961), pp. 583 ss. e pp. 601 ss. e gli autori ivi citati.

[6] Causa 43/75, Defrenne, [1976].

[7] B. de Witte, T. Beukers, The Court of Justice approves the creation of the European Stability Mechanism outside the EU legal order, Common Market Law Review, 50 (2013), p. 826.

[8] Per una spiegazione dettagliata di queste procedure si veda S. Peers, The Future of EU Treaty Amendments, Yearbook of European Law, 2012, pp. 20 ss.

[9] Secondo S. Peers, The Future of EU Treaty Amendments, op. cit., p. 26, le procedure di revisione semplificate non sono lex specialis rispetto alla procedura di revisione ordinaria. Di conseguenza, la procedura ordinaria può essere applicata anche ai casi coperti dalla procedura semplificata.

[10] Cfr. S. Peers, The Future of EU Treaty Amendments, op. cit., p. 27; B. de Witte, T. Beukers, The Court of Justice, op. cit., pp. 826 ss.

[11] Causa C-370/12, Pringle, [2012].

[12] Cfr. S. Peers, The Future of EU Treaty Amendments, op. cit., p. 40.

[13] Art. 311 TFUE, terzo e quarto comma: "3. Il Consiglio, deliberando secondo una procedura legislativa speciale, all’unanimità e previa consultazione del Parlamento europeo, adotta una decisione che stabilisce le disposizioni relative al sistema delle risorse proprie dell’Unione. In tale contesto è possibile istituire nuove categorie di risorse proprie o sopprimere una categoria esistente. Tale decisione entra in vigore solo previa approvazione da parte degli Stati membri, conformemente alle rispettive norme costituzionali. 4. Il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo una procedura legislativa speciale, stabilisce le misure di esecuzione del sistema delle risorse proprie dell’Unione nella misura in cui ciò è previsto dalla decisione adottata sulla base del terzo comma. Il Consiglio delibera previa approvazione del Parlamento europeo".

[14] Art. 15 TUE.

[15] In questi settori il limite per un’azione dell’Unione europea è dovuto alla mancanza di competenze esclusive o condivise, e non alla procedura legislativa prevista.

[16] Si vedano gli artt. 153, paragrafo 2, comma 5, TFUE; 192, paragrafo 2, comma 2, TFUE.

[17] Articoli 31, paragrafo 3, TUE, 81, paragrafo 3, TFUE, 153, paragrafo 2, comma 5, TFUE; 192, paragrafo 2, comma 2, TFUE; 312, paragrafo 2, comma 2, TFUE, 333 TFUE.

[18] Cfr. S. Peers, The Future of EU Treaty Amendments, op. cit., p. 48.

[19] Si veda P. ó Broin, How to Change the EU Treaties. An Overview of Revision procedures under the Treaty of Lisbon, CEPS Policy Brief, ottobre 2010, p. 6.

[20] Causa C-413/04, Parlamento europeo contro Consiglio, [2006], par. 31-8; causa 414/04, Parlamento europeo contro Consiglio, [2006], par. 29-36; causa C-273/04, Polonia contro Consiglio, [2007], par. 46-49. Sul significato di queste sentenze si veda N. Idriz, Legal Constraints on EU Member States in Drafting Accession Agreements, Berlino, Springer Nature, 2022, p. 178 ss.

[21] Fa eccezione la versione inglese delle due disposizioni: mentre infatti nelle disposizioni degli atti di adesione si utilizza l’espressione “adaptations”, nell’articolo 49 TUE si utilizza l’espressione “adjustments”.

[22] Causa C-273/04, Polonia contro Consiglio, [2007].

[23] Ibid, par. 46.

[24] Si veda N. Idriz, Vincoli giuridici per gli Stati membri dell’UE, op. cit, pp. 175 ss.

[25] Causa C-420/07, Apostolides, [2009], par. 35.

[26] Si veda, tra gli altri, I. Goldner Lang, The Impact of Enlargement(s) on the EU Institutions and Decision-Making. Focus speciale: Croazia, Yearbook of European Law 31 (2012), pp. 473 ss.

[27] Il Consiglio europeo può decidere, a maggioranza semplice, di non tenere una Convenzione, “qualora l’entità delle modifiche non lo giustifichi”. A causa della riforma coerente e generale proposta dal Parlamento europeo, la possibilità di non convocare una Convenzione dovrebbe essere esclusa.

[28] Si veda S. Peers, The Future of EU Treaty Amendments, op. cit., p. 36, secondo cui non necessariamente la procedura di revisione semplificata dell’articolo 48 (6) è più rapida di quella ordinaria.

 

 

 

il federalista logo trasparente

The Federalist / Le Fédéraliste / Il Federalista
Via Villa Glori, 8
I-27100 Pavia