IL FEDERALISTA

rivista di politica

 

Anno LXV, 2023, Numero 2-3, Pagina 67

IL PARLAMENTO
APRE LA PROCEDURA DI RIFORMA DEI TRATTATI:
IL SIGNIFICATO DEL VOTO E LE PRIORITA' PER L’EUROPA

Lo scorso 22 novembre il Parlamento europeo ha approvato il Rapporto sulle proposte di modifica dei Trattati redatta dai membri del Gruppo Spinelli Guy Verhofstadt, Sven Simon, Gabriele Bischoff, Daniel Freund e Helmut Scholz. Il testo ha ricevuto 291 voti favorevoli, 274 contrari e 44 astensioni

È stata così attivata formalmente la procedura di revisione ex art. 48 TUE. Già nei prossimi giorni il Consiglio invierà al Consiglio europeo la richiesta di modifica con allegato il progetto dettagliato di emendamenti ai Trattati. Il Consiglio europeo dovrà dunque decidere a maggioranza semplice (14 governi su 27) se convocare una Convenzione che inizi a negoziare la riforma dell’Unione con i rappresentanti dei governi, dei parlamenti nazionali, della Commissione e del Parlamento europeo.

L’approvazione del rapporto crea un’importantissima opportunità per la battaglia federalista nonostante alcuni rilevanti modifiche che il testo ha ricevuto durante la fase di approvazione in plenaria.
 

Il progetto di riforma dei Trattati: il testo definitivo approvato dal Parlamento 

Il nuovo equilibrio istituzionale.

Il documento finale approvato dal Parlamento europeo conferma molti dei contenuti del testo elaborato inizialmente in Commissione AFCO.

Il progetto di riforma dei Trattati prevede innanzitutto la creazione di un nuovo equilibrio istituzionale attraverso un importante rafforzamento del Parlamento europeo, il quale acquisterà un ruolo di co-decisore in molte questioni chiave, dalla politica estera alla politica di difesa, dalla cooperazione penale al coordinamento delle politiche economiche e sociali degli Stati membri, dall’autorizzazione di negoziati internazionali all’adozione del quadro finanziario pluriennale. Parallelamente, il Consiglio non potrà (quasi) più prendere decisioni all’unanimità. Come regola generale, esso dovrà esprimersi a maggioranza qualificata (cosiddetta “doppia maggioranza”) e solo in alcuni casi a maggioranza semplice o a maggioranza qualificata rafforzata. Evidentemente queste proposte mirano ad avvicinare l'Unione europea ad un modello bicamerale, in cui i rappresentanti dei cittadini europei e quelli degli Stati membri decidono insieme sulle politiche dell’organizzazione.

In secondo luogo, viene confermata la riforma della procedura di elezione della Commissione (da rinomarsi “Esecutivo”), la quale vedrà inizialmente il Parlamento proporre un candidato al ruolo di Presidente (dell’Unione) e solo dopo il Consiglio europeo esprimere il suo consenso a maggioranza semplice. Si vuole in questo modo rafforzare la procedura degli Spitzenkandidaten ed escludere dei veti a priori da parte degli Stati membri sulla scelta del futuro Presidente. Quanto ai candidati Commissari (da rinominarsi “Segretari”), essi verranno scelti dal Presidente e quindi eletti dal Parlamento, senza un coinvolgimento a priori dei governi nazionali, come avviene attualmente. Il Consiglio europeo procederà a nominare la Commissione/Esecutivo in blocco solo alla fine attraverso un voto a maggioranza semplice. Queste modifiche intendono rafforzare l’adesione dell'Unione al modello di democrazia parlamentare. Ciò è confermato dall’abbassamento della maggioranza necessaria per il voto di censura (sfiducia) della Commissione/Esecutivo da parte del Parlamento che dai due terzi attuali passerà alla maggioranza assoluta. In questo modo verrà rafforzato il controllo politico del Parlamento sull’intera Commissione/Esecutivo e sui singoli Commissari/Segretari. A sua volta sarà il Presidente dell’Unione (cioè il Presidente della Commissione/Esecutivo) a guidare il Consiglio europeo onde ottenere, auspicabilmente, una migliore sintesi rispetto alle diverse priorità nazionali.

Infine, il Parlamento europeo verrà ulteriormente rafforzato acquistando delle funzioni che in precedenza erano esercitate principalmente dalla Commissione: è il caso dell’iniziativa legislativa e dell’attivazione della procedura di infrazione davanti alla Corte di giustizia nei confronti degli Stati membri che violano il diritto UE.
 

L’aumento delle competenze.

Il progetto approvato dal Parlamento chiede un’importante estensione delle competenze dell’Unione europea: formalmente la politica estera e di sicurezza comune diventeranno competenze concorrenti, a cui si aggiungono la salute, l’industria e l’educazione. Sarà inoltre possibile estendere più facilmente la giurisdizione della Procura europea su nuovi tipi di reato di rilevanza transnazionale. Per quanto riguarda la politica ambientale viene rafforzato il ruolo dell’Unione nella lotta ai cambiamenti climatici attraverso nuovi riferimenti specifici tra gli obbiettivi dell’organizzazione ex art. 3 TUE e l’introduzione di una competenza esclusiva a stipulare accordi su questo tema.
 

Una supervisione più efficace dell'Unione sulla violazione dei valori.

La procedura di infrazione ex art. 7 TUE per violazione dei valori dell'Unione, già attivata senza successo nei confronti della Polonia e dell’Ungheria a causa dell’inerzia di molti governi, verrà profondamente trasformata. Innanzitutto, la sua attivazione prevederà la maggioranza qualificata e non più l'unanimità. Cosa ancora più importante, il controllo non avrà più una natura politica, bensì giudiziaria, essendo la Corte di giustizia incaricata di decidere se esiste in effetti una violazione dei valori. Il Consiglio potrà quindi applicare sanzioni, inclusa la sospensione dei fondi europei, a maggioranza qualificata.
 

L’approvazione della riforma a maggioranza.

Uno dei punti più importanti per il successo del progetto è che il Trattato di riforma, nelle richieste del Parlamento, richiederà solo 4/5 delle ratifiche per entrare in vigore. Viene quindi chiesto con forza che la revisione dei Trattati venga adottata a maggioranza degli Stati membri, al fine di superare la “dittatura” della minoranza imposta dalla regola dell’unanimità che in passato ha paralizzato le ambizioni dei Paesi più aperti ad una maggiore integrazione. Vengono così poste le basi per una rottura del quadro “confederale” in cui si trova oggi bloccata l’Unione europea e la possibilità che gli Stati membri possano riorganizzarsi in diversi cerchi di integrazione con al centro, auspicabilmente, un nucleo federale.
 

L’indebolimento della proposta rispetto al progetto iniziale approvato dalla Commissione AFCO

La soddisfazione per l’attivazione della procedura di modifica dei Trattati non deve nascondere la frustrazione per alcuni importanti indebolimenti che il progetto ha subito durante la fase di approvazione in plenaria. A causa di veti e ricatti da parte di alcuni gruppi politici, il testo finale, così come emendato dal Parlamento, è stato privato di alcune importanti richieste di riforma inizialmente avanzate dalla Commissione AFCO.

L’indebolimento più importante riguarda la cancellazione dell’'emendamento che avrebbe dotato l'Unione di una propria capacità fiscale autonoma. L’art. 311 TFUE sulla modifica del quadro delle risorse proprie del bilancio UE mantiene infatti la regola dell’unanimità in Consiglio ed una successiva approvazione da parte di tutti gli Stati membri secondo le loro procedure interne. In questo modo non sarà possibile per l’Unione dotarsi facilmente di nuovo debito comune, né di nuove entrate stabili per il suo bilancio, potendo ogni governo (ed ogni parlamento nazionale) esercitare un veto. La gravità di questa rinuncia è dovuta all’importanza sistematica che lo sviluppo della capacità fiscale ha nella creazione degli Stati federali, dal momento che il potere di raccogliere risorse serve a finanziare le politiche dell’organizzazione in modo autonomo. In altre parole, la competenza fiscale è funzionale alla Kompetenz-Kompetenz e dunque alla capacità dell’Unione di auto-determinarsi, svincolandosi dal controllo degli Stati membri.

Un secondo grave indebolimento riguarda la cancellazione di ogni riferimento nella proposta al referendum pan-europeo. Sarebbe stato questo uno strumento importante non solo per permettere ai cittadini di prendere direttamente decisioni vincolanti per lo sviluppo delle politiche dell’Unione, ma anche per approvare una futura riforma dei Trattati a maggioranza attraverso una legittimazione popolare a livello europeo.
 

Perché il voto del Parlamento europeo apre comunque
una finestra di opportunità per la battaglia per un’Europa federale 

Con il voto del 22 novembre si è conclusa con successo una prima fase del processo di riforma dell'Unione. Il Parlamento europeo è riuscito a raccogliere il testimone della Conferenza sul futuro dell’Europa e ad avanzare un’ambiziosa proposta di riforma dei Trattati recependo gran parte delle proposte dei cittadini, incluse quelle dei federalisti europei. Certo, la svolta federale contenuta nel progetto dovrà essere meglio definita, soprattutto a causa della cancellazione in extremis della richiesta di una capacità fiscale dell’Unione. Tuttavia, la riforma avanzata dal Parlamento mira chiaramente a dotare l’Unione di una maggiore sovranità e democraticità.

Alla luce delle importanti trasformazioni che il progetto di riforma implicherebbe, è importante allora riflettere sulle ragioni per cui il testo ha ricevuto in plenaria il supporto di una maggioranza meno ampia di quella che si era manifestata in Commissione AFCO. In gran parte la ragione è dovuta al fatto che le forze politiche si sono divise a causa della volontà di inserire nel rapporto temi politici divisivi, dando così maggiore importanza al posizionamento ideologico rispetto alla costruzione degli strumenti istituzionali che sono condizione necessaria per poter condurre le politiche. La corretta valutazione delle priorità rispetto alla battaglia per costruire un’Europa capace di agire e più democratica dovrebbe essere recepita da tutte le forze pro-europee, che sono chiamate innanzitutto a comprendere la necessità di unirsi nel comune obiettivo del rafforzamento della casa comune, piuttosto che dividersi su temi identitari prima di aver creato gli strumenti per poter davvero condurre a livello europeo quelle battaglie in cui credono. Questo sforzo è reso ancor più necessario dal fatto che, essendo ormai palese la posta in gioco, cioè la possibilità di riformare i trattati in chiave federale da una maggioranza di Paesi, le forze euroscettiche e quelle sostanzialmente favorevoli allo status quo si sono mosse in modo unitario. Il loro timore è anche, allo stesso tempo, la speranza dei federalisti: l’apertura del cantiere sulla revisione dei Trattati europei potrebbe mettere in moto un processo in grado di far saltare gli attuali equilibri politici e giuridici che regolano l’Unione e polarizzare i governi e le forze politiche tra coloro favorevoli ad un salto federale e quelli contrari.

Anche l'indebolimento del testo non dovrebbe essere percepito come una sconfitta definitiva o un errore irreparabile in grado di inficiare il significato del voto del Parlamento europeo. Sono tre, infatti, le eredità più importanti del lavoro parlamentare conclusosi lo scorso 22 novembre:

– la procedura di revisione dei Trattati è stata formalmente attivata: gli Stati saranno pertanto costretti ad esprimersi in prima persona sulle proposte del Parlamento e sull’esigenza di far avanzare l'integrazione europea;

– il Parlamento europeo ha affermato con forza l’esigenza di una riforma dei Trattati a maggioranza e dunque di un superamento dell'attuale quadro giuridico fondato sull’unanimità;

– la proposta di revisione dei Trattati va nella direzione di una maggiore sovranità europea su temi decisivi; se la riforma porterà effettivamente alla creazione di una federazione europea dipenderà essenzialmente dall’esito dei negoziati e soprattutto dalla capacità degli Stati partecipanti di dotare la futura Unione di una sua capacità fiscale.

Le forze favorevoli alla riforma devono ora fare pressione sui governi affinché non soffochino sul nascere la possibilità di aprire la Convenzione. Il voto in Consiglio europeo sulla convocazione della Convenzione è in effetti l’ultimo passaggio regolato dalle regole “confederali” dei Trattati esistenti: una volta aperta la Convenzione sarà più facile arrivare ad un’auspicabile rottura del quadro giuridico esistente e a permettere agli Stati più ambiziosi di portare avanti il progetto di trasformazione dell'Unione disegnato dalla Commissione AFCO.

30 novembre 2023

Luca Lionello

 

 

 

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