IL FEDERALISTA

rivista di politica

 

Anno LXV, 2023, Numero 1, Pagina 46

L’EUROPA TENTA IL SALTO[*]

Tra i principi che gli Stati europei hanno sviluppato nel corso dei secoli, attuandoli con un ventaglio di forme assai differenziate nel tempo e nello spazio, si debbono menzionare il legame esistente tra il voto popolare e i poteri legislativo ed esecutivo, la pluralità delle funzioni e degli organi di governo, infine la procedura da seguire nelle deliberazioni collettive. Sovranità popolare, equilibrio dei poteri, procedura maggioritaria sono tre capisaldi delle moderne democrazie.

La Conferenza intergovernativa sull’unione politica costituirà una pietra miliare nel cammino verso l’Europa unita soltanto se sarà in grado di proporre un assetto costituzionale coerente con queste irrinunciabili conquiste della civiltà. Si tratta di ottenere sul terreno dell’economia coperto dai Trattati tre cose precise: 1. Rendere generale la codecisione del Parlamento europeo in materia legislativa; 2. Sottoporre la Commissione e il suo programma di governo al voto di fiducia del Parlamento europeo; 3. Rendere generale il principio delle decisioni a maggioranza (semplice o qualificata a seconda dei casi) in seno al Consiglio europeo e al Consiglio dei ministri. Sono risultati ad un tempo fondamentali e raggiungibili.

Queste tre riforme sono fondamentali perché con esse l’Europa avrà raggiunto sul terreno dell’economia un assetto fondato sulla sovranità popolare e dell’equilibrio dei poteri. Oggi un tale assetto non esiste perché il Parlamento europeo che è l’espressione del voto popolare non controlla in modo effettivo né la legislazione comunitaria né il governo comunitario. Solo con l’adozione delle tre riforme il circuito vitale che collega, attraverso il voto, il popolo al parlamento e al governo sarà finalmente attivato. Il deficit democratico sarà sanato. Il potere di veto, abolito. Si tratta, naturalmente, di un assetto di tipo federale perché basato sul criterio della sussidiarietà, che affida al livello superiore soltanto ciò che non può efficacemente venir compiuto a livello inferiore. Questo e non altro comporta l’attuazione dei due obbiettivi fissati dal vertice di Dublino, la democrazia e l’efficienza. Ogni proposta di riforma istituzionale che non includa i tre punti citati deve essere denunciata senza veli come un vero e proprio tradimento degli impegni assunti e come una violazione dei principi di democrazia.

L’obiettivo è raggiungibile perché, a ben vedere, si tratta semplicemente di proseguire con la necessaria coerenza lungo tre direttrici già ora presenti nella Comunità. La codecisione legislativa parziale introdotta con l’Atto unico deve diventare totale. Il controllo del Parlamento sulla Commissione, ora soltanto negativo con la mozione di censura, deve diventare positivo ed estendersi al programma di governo. La procedura delle decisioni a maggioranza, prevista dal Trattato di Roma ed ampliata dall’Atto unico, deve diventare la regola. In pari tempo occorrerà assicurare con procedure appropriate, garantite dalla Corte di Giustizia comunitaria, il rispetto dell’autonomia degli Stati membri in ossequio al principio di sussidiarietà. Può sembrare poco ed è invece moltissimo: è il tetto che corona l’edificio e lo preserva dalla distruzione.

Vi sono naturalmente anche altri grandi obbiettivi da perseguire: moneta, bilancio, sicurezza. La creazione della moneta europea è essenziale perché condiziona inevitabilmente l’attuazione del mercato unico. A questo punto la via è tracciata con grande precisione, dopo il Progetto Delors e il progetto di statuto messo a punto dai governatori, sicché non è vano sperare che la Conferenza sull’Unione monetaria raggiunga il pieno successo. L’ampliamento del bilancio comunitario e delle risorse proprie è certamente un obbiettivo di grande importanza – insieme con la messa a punto della fiscalità a livello europeo – per sviluppare nella misura dovuta le politiche sociali, regionali e ambientali della Comunità, oltre alle tecnologie d’avanguardia dalle quali dipende il nostro futuro. E così pure l’estensione delle competenze comunitarie ai settori della sicurezza e della difesa (oltre che alla politica estera). Sembra ormai probabile che la Conferenza le preveda, anche perché la procedura adottata in una prima fase sarà sicuramente di tipo confederale: saranno il Consiglio Europeo e il Consiglio dei ministri a gestire la sicurezza, la difesa e le relazioni esterne della Comunità, auspicabilmente avvalendosi del supporto tecnico della Commissione senza inutili (anzi dannose) duplicazioni di strutture: la coerenza istituzionale comunitaria è fondamentale. In questo senso, e nel quadro di una crescita globale della Comunità, è senz’altro da condividere la prospettiva di un ruolo accresciuto dei due Consigli, il cui raggio d’azione risulterà in effetti enormemente dilatato.

Deve peraltro venire affermato con assoluta chiarezza che il progresso sulla via dell’unione sarà veramente decisivo soltanto se verrà proseguito nella direzione della profondità e non solo in quella dell’estensione. Ciò è tanto più vero in questa fase storica nella quel vi è la concreta prospettiva dell’ingresso nella Comunità dei Paesi dell’Europa settentrionale e centro-orientale. I rischi di anarchia e di dissoluzione sarebbero forti in un’Europa allargata a venti e più Stati senza l’adozione di adeguate riforme. In un sistema istituzionale che abbia raggiunto il grado di integrazione reso possibile dalle tre riforme di cui sopra, al contrario, l’adesione di ogni nuovo Stato membro non farà che rafforzare ulteriormente la costruzione europea sino a livelli inimmaginabili sino a pochi anni orsono.

Se questo è vero, diviene essenziale individuare e utilizzare ogni mezzo mobilitazione e di pressione perché i tre punti citati vengano accolti dalla Conferenza intergovernativa. Una nuova sessione delle Assise congiunte di parlamentari europei e nazionali (che faccia seguito a quella tenutasi a Roma qualche mese fa con esito veramente costruttivo) potrebbe svolgere un ruolo molto importante. Occorrerà inoltre richiedere che i risultati della Conferenza siano sottoposti all’approvazione del Parlamento di Strasburgo prima di venir trasmessi ai Parlamenti nazionali per la ratifica.

Antonio Padoa Schioppa


[*] Articolo pubblicato su La Repubblica il 7/8 luglio 1991.

 

 

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