Anno XLIX, 2007, Numero 3, Pagina 155
Sovranità e popolo europeo
Tra i problemi più complessi che si pongono quando si affronta il tema della creazione della Federazione europea, vi è quello che riguarda la questione del trasferimento della sovranità a livello sovranazionale e soprattutto la possibilità dell’esistenza di un popolo europeo che di tale nuova sovranità sia il detentore. Laddove si ritenga che possa effettivamente manifestarsi la presenza di un popolo europeo, diviene infatti pensabile la nascita di un vero e proprio Stato federale che da tale popolo tragga la sua legittimità, mentre nel caso contrario si può arrivare a ritenere che l’obiettivo statuale sia impossibile (o sbagliato se non addirittura pericoloso) proprio per il fatto che esso priverebbe della sovranità gli unici popoli legittimati a detenerla, cioè quelli nazionali, e darebbe vita ad un potere privo di una base legittima di consenso.
A questi temi, comunque molto complessi e controversi nella stessa dottrina classica dello Stato, è collegata anche la questione del ruolo della volontà popolare nel processo di unificazione europea. In questi ultimi anni si è sviluppato un ampio dibattito a questo proposito, che è stato ulteriormente stimolato dall’esito negativo delle consultazioni referendarie in Francia e in Olanda, da un lato, e, prima ancora, dalla convocazione della Convenzione incaricata di redigere il testo del nuovo Trattato. Molti hanno infatti visto in questa Convenzione un organo in grado di dar voce al potere costituente del popolo europeo, e quindi di portare al trasferimento di sovranità dagli Stati membri all’Unione anche contro la volontà degli Stati stessi. Per questa ragione hanno anche sostenuto che dovesse essere il popolo europeo nel suo complesso, e non i cittadini dei singoli Stati, a pronunciarsi sul testo del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa mediante referendum.
Per chi si pone nell’ottica della creazione di un’Europa federale, e quindi della trasformazione dell’Unione europea, organizzazione di carattere sostanzialmente confederale, in un’entità politica capace di agire e dotata di sovranità, una riflessione su questi temi è quindi essenziale. Essa diventa ancora più urgente alla luce delle difficoltà che incontra oggi l’Unione europea. Infatti, la possibilità di realizzare il progetto della federazione si basa proprio sull’esistenza di un atteggiamento favorevole nei confronti del processo di unificazione dell’Europa da parte dell’opinione pubblica, almeno in alcuni Stati. Questa fiducia da parte dei cittadini non può però prescindere dalla capacità dell’Europa di dare risposte concrete alle minacce cui i cittadini stessi si sentono esposti sia a livello economico che sociale. Se dunque la crisi che attraversa attualmente l’Unione non sarà superata in tempi rapidi attraverso la creazione di un potere politico europeo in grado di rispondere ai bisogni dei cittadini, il rischio è che di fronte a un’unione europea impegnata in difficili equilibrismi tra le posizioni dei vari Stati membri anziché nel tentativo di assumere un ruolo sulla scena internazionale, la fiducia dell’opinione pubblica svanisca e venga quindi a mancare il sostegno popolare indispensabile per il raggiungimento dell’obiettivo.
D’altro canto, è indispensabile sottolineare come sia proprio la definizione chiara dell’obiettivo da raggiungere — la Federazione europea — a consentire di spazzare il campo da fraintendimenti e da utilizzi ambigui di termini quali popolo, potere costituente, cittadinanza, spesso trasposti meccanicamente dal contesto nazionale, nel quale si sono sviluppati, a quello europeo.
In effetti, la natura ibrida dell’Unione europea, entità di carattere confederale e quindi fondata sull’esistenza di Stati membri sovrani, ma con una vocazione — benché sempre più debole e condivisa solo da alcuni Stati — federale, ha portato spesso, nell’intento di dare impulso al processo di unificazione, all’utilizzo di termini dalla grande valenza simbolica per definire fenomeni con caratteristiche non rispondenti al reale significato dei termini stessi.
Così, il termine Costituzione, che designa l’insieme delle norme fondamentali per la vita e il funzionamento di uno Stato, cioè di una comunità di tipo politico dotata di sovranità e della capacità di disporre essa stessa delle proprie regole fondamentali, è stato utilizzato in riferimento a un testo, il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, che si limita a regolamentare il funzionamento di un’organizzazione priva sia della sovranità che del carattere statuale. Lo stesso si può affermare a proposito dell’istituto della cittadinanza europea. Mentre dallo status di cittadino derivano tradizionalmente sia diritti che doveri (come quello di pagare i tributi o di difendere la patria), in quanto esiste tra i singoli individui un vincolo di solidarietà discendente dalla comune appartenenza a una comunità politica, la cittadinanza europea, mancando un potere politico a livello europeo ed essendo l’Unione europea priva delle competenze che costituiscono il nucleo essenziale della sovranità, è per definizione una cittadinanza imperfetta, dalla quale deriva unicamente un numero limitato di diritti definiti dal legislatore comunitario. Quanto infine alla definizione della Convenzione come manifestazione del potere costituente del popolo europeo, essa è in contraddizione con il fatto che l’esercizio di tale potere comporta una rottura rispetto alle regole preesistenti e che nessuna norma può regolamentarlo o prescrivere la forma del suo esercizio; la Convenzione, invece, mantenendosi nei limiti del mandato conferitole — che non metteva in discussione la struttura di potere esistente — e limitandosi quindi ad una riforma dei Trattati in vigore, non ha comportato alcuna rottura di questo tipo. D’altro canto, è la stessa nozione di popolo europeo ad essere priva di significato se non esiste — come non esiste nel quadro dell’Unione europea — un progetto politico nel quale il popolo possa identificarsi, e pertanto se non è stata presa la decisione (ed è quindi sul campo la prospettiva) di creare una vera comunità politica. Il fatto è che la nascita del popolo europeo può manifestarsi solo in concomitanza con quella dello Stato federale europeo. La crescente interdipendenza e la profonda integrazione sviluppatasi negli scorsi decenni ne costituiscono le pre-condizioni oggettive, ma è solo in presenza di una grave crisi (o della sua incombente minaccia) e della proposta effettiva della creazione di un potere federale europeo in risposta a tale situazione che i cittadini degli Stati membri possono prendere coscienza del fatto di costituire il popolo europeo e possono concretamente manifestare il proprio consenso a tale prospettiva.
Va da sé che se gli europei riuscissero davvero a dar vita ad uno Stato federale, questo rappresenterebbe il primo esempio di democrazia sovranazionale nella storia e consentirebbe non solo di superare le attuali ambiguità di cui si è parlato, ma permetterebbe anche di attribuire a termini quali popolo, cittadinanza, potere costituente un significato più pieno e rispondente al carattere universale dei valori democratici dei quali tali termini sono espressione.
A una Federazione europea fondata su Stati, quali quelli europei, di tradizione consolidata sarebbero infatti attribuite solo le competenze che costituiscono le manifestazioni tipiche della sovranità (quali la politica estera e di difesa) e che sono essenziali per rispondere a quei bisogni dei cittadini che non possono più trovare soddisfazione a livello nazionale. Si tratterebbe in altre parole di una federazione fondata su più livelli di governo, ad ognuno dei quali verrebbero attribuite le competenze che esso è in grado di esercitare. La cittadinanza non sarebbe pertanto più concepita come legame di appartenenza esclusiva allo Stato nazionale, ma come cittadinanza multipla, in grado di segnare l’appartenenza contemporanea a più comunità politiche, dal livello più basso al livello europeo. Parimenti, la coesistenza di più livelli di governo e quindi di molteplici identità e appartenenze dimostrerebbe che il concetto di popolo non si fonda su presunte omogeneità etniche o linguistiche, ma sulla condivisione di un progetto comune e sul senso di appartenenza ad una comunità politica capace di esprimere valori universali.
Alla discussione di questi temi è stato dedicato il secondo convegno internazionale «Building a European Federal State in an Enlarged European Union», tenutosi a Pavia il 26 febbraio 2007 e promosso dall’Università di Pavia e dalla Fondazione Mario e Valeria Albertini. Le relazioni che pubblichiamo in questo numero della rivista non pretendono di esaurire questioni così complesse, ma vogliono solo essere il punto di partenza per una riflessione che chiunque si ponga nell’ottica della creazione di un potere politico a livello europeo non può esimersi dall’affrontare.
Il Federalista